21/05/2013

Quella notte a Venezia…

Un ricordo di Ray Manzarek

Tra il 29 agosto e il 7 settembre 1996, durante la 53ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia ho avuto l’opportunità, insieme a Gegè Telesforo, di condurre otto puntate di un programma televisivo per Telepiù (oggi SKY) che si svolgeva in diretta dal Lido su un palco di fronte al Casino, poco distante dal Palazzo del Cinema. Lì, tutte le sere, aveva luogo un concerto seguito da una sorta di talk show con alcuni degli ospiti più prestigiosi del Festival (attori, registi, celebrità varie).

La prima sera (dopo l’esibizione di Rossana Casale) al posto del talk show era previsto una specie di tributo alla Beat Generation. Quell’anno, infatti, la Mostra ospitava una sezione speciale chiamata The Beat Goes On che intendeva celebrare l’ipotetico 50° compleanno di quell’irripetibile movimento culturale e letterario. Nell’ambito della rassegna, oltre alle proiezioni di diversi film inediti, si era pensato di invitare un paio di ‘testimonial’ eccellenti. Appositamente da Los Angeles sarebbero, ad esempio, dovuti arrivare Ray Manzarek (tastierista dei Doors) e il poeta Michael McClure. Insieme a loro un ospite specialissimo, il maestro Vittorio Gassman, avrebbe declamato in italiano alcuni versi delle più belle poesie di Corso, Ferlinghetti, Ginsberg. Al di là del fatto che, per motivi di salute, Michael McClure all’ultimo momento avesse dovuto declinare l’invitola serata si presentava davvero interessante.

Ricordo che intorno alle 17 (nel corso della riunione di scaletta con la regia, la produzione e gli autori) prima del soundcheck della band di Rossana Casale, Vittorio Gassman (che era al Festival per l’anteprima di Sleepers e soprattutto per ricevere il Leone d’Oro alla carriera) si presentò per una sorta di sopralluogo. Tutti noi, stupiti e nettamente in soggezione, appena lo vedemmo ci alzammo in piedi salutandolo con fantozziana riverenza. Lui, con quel suo sguardo severo che anche quando ordinava un ghiacciolo sembrava assumere le sembianze di Amleto, disse subito: “Comodi… sono venuto solo a dare un’occhiata. Non volevo disturbare”.

Quando io e Gegè andammo da lui per presentarci ricordo il suo buffo commento: “Sono troppo vecchio per il rock ma il jazz… beh, quello mi è sempre piaciuto”. Mi fermai per un po’ a chiacchierare con il Maestro (“Maestro lo dici a tua sorella”, diceva con quel suo fare da simpatico burbero). E così mi raccontò di aver conosciuto personalmente Ginsberg, Ferlinghetti e altri poeti beat. E mi snocciolò alcuni aneddoti piuttosto gustosi che però, subito dopo, mi pregò di non divulgare. “Non chiedermi di raccontarli al pubblico durante la trasmissione”, mi disse, “perché non vorrei fossero male interpretati. Sai, quello era un mondo particolare… San Francisco, la California, i primi anni 60… in ogni caso erano grandi uomini. E artisti formidabili.”

Ricordo anche che c’erano solo due camerini, uno riservato alla band e l’altro ai conduttori. E che, avendo io e Gegè cavallerescamente ceduto la nostra dressing room alla Casale, ci ritrovammo in mutande fianco a fianco con Gassman, pure lui in mutande. I camerini dei teatri, al pari degli spogliatoi dei campi di calcio, sono il luogo ideale per far sparire istantaneamente barriere culturali, sociali, economiche. Lì, siamo tutti fratelli.

E così, in mutande, abbiamo messo a punto (devo dire in modo piuttosto spiritoso) la parte che precedeva il suo reading. Io gli facevo qualche domanda, Gegè, tra il pubblico, raccoglieva quelle di qualche curioso.

È inutile dire come andò. A chi non ha visto la trasmissione ricordo che nella prima parte il Maestro… pardon, Gassman rispose con intelligenza e ironia alle domande per poi gettarsi in una mezz’oretta di strepitoso one man show tra testi beat e ricordi personali.

Ray Manzarek, dietro le quinte, lo guardava a bocca aperta. Il pubblico, totalmente rapito, era (pur pigiatissimo) in un silenzio sacrale salvo esplodere alla fine del tutto.

Già, Ray …  Manzarek sul palco raccontò che lui e Jim Morrison erano grandi ammiratori del cinema italiano dei Fellini, Mastroianni e Gassman e che lui era davvero onorato di essere lì.
Prima, mi aveva chiesto di presentargli Gassman, uno dei suoi idoli di gioventù.
Così andai dal grande attore e gli dissi che Ray Manzarek dei Doors voleva conoscerlo.
“Certo … andiamo”.
Poi, mentre ci stavamo avvicinando, Gassman mi ha preso da parte e in un orecchio mi ha confessato: “Non dirgli che a me la musica dei Doors mi ha sempre fatto cagare …”.

Ray sul palco, da solo, fu sensazionale. Ricordo anche alcuni momenti dell’intervista: io scherzavo sul fatto che lui venisse da Venice, California, e fosse qui nella “vera” Venice … Come sempre, elegantemente impeccabile, Manzarek raccontava le sue straordinarie avventure artistiche e i retroscena del suo rapporto con Jim Morrison.

Da allora, l’ho incontrato altre volte anche perchè (quando dirigevo la collana “Musica” di Editori Riuniti) gli avevo pubblicato l’edizione italiana del suo libro My Life with Jim Morrison. Una volta speciale fu nel backstage delle celebrazioni per il 40esimo anniversario della “Summer Of Love”, nel Golden Gate Park di San Francisco. Era il settembre 2007 e io facevo un réportage per la RSI, la Radio della Svizzera Italiana.
Ray si era esibito insieme a Michael McClure in un fenomenale set di beat poetry e jazz.

Due anni fa, avrei dovuto intervistarlo per la puntata su Jim Morrison dei miei “DELITTI ROCK”.
Ma prima lui e poi il suo manager mi hanno negato la possibilità.
“Ray è molto impegnato …”, mi disse allora il suo manager.
Vi confesso, in tutta onestà, che ci ero rimasto male. Infatti, la scorsa estate quando l’ho visto a Milano insieme a Robbie Krieger non sono andato a salutarlo.
Ora, ovviamente, me ne sto pentendo.Anche perchè, nonostante le apparenze, Ray era già ammalato …

Chissà se, in questo momento, nel Paradiso del Rock, sta già suonando la intro di Light My Fire aspettando che Jim inizi a cantarla …

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