The Dark Side Of The Wall. Non come i due capolavori dei Pink Floyd uniti in maniera inusuale, ma proprio come il lato oscuro dell’opera rock floydiana The Wall. Parte da tale “presupposto” il nuovo disco della R-Evolution Band.
I brani sono posti nello stesso ordine della celebre opera rock floydiana, sebbene i titoli talvolta siano parzialmente modificati. Ma non si tratta né di un concept, né di un tribute album.
The Dark Side Of The Wall è infatti più propriamente un anti-tributo. Pezzi maggiormente sfacciati rispetto alle versioni originali caratterizzano cioè un disco nato da un’idea di Vittorio Sabelli – leader della band, nonché fiatista di estrazione jazz amante del metal estremo – e sviluppatosi ovviamente anche grazie ad un gruppo che rilegge in maniera dissacrante The Wall.
Non è facile affrontare in un modo così inconsueto un’opera di questa portata. L’unica possibilità per riuscire nell’impresa è senza dubbio studiare approfonditamente l’originale, così come la R-Evolution Band dimostra di aver fatto. I brani infatti risultano senz’altro riconoscibili di per sé, ma sono abilmente destrutturati, come si può comprendere ad esempio ascoltando Another Brick In The Wall PT. 2: il pezzo qui si muove tra speed metal e il celebre assolo di chitarra, sostituito imprevedibilmente per l’occasione dal sax che segue la partitura originale solo all’inizio, catturandone l’essenza ma proseguendo per un suo percorso alternativo.
Risulta poi spiazzante l’elettronica di Hey You (Intermede) o quella di Run Like Bells e più in generale in certi momenti il gruppo eccede nella propria rivisitazione, anche se è inevitabile per un lavoro del genere.
A ogni passaggio si scopre sempre qualcosa di nuovo e si comprendono sempre in maniera diversa le operazioni di distruzione e di successiva ricostruzione della R-Evolution Band, ma sin dal primo ascolto The Dark Side Of The Wall non è per il credente che professa la fede floydiana.
Bisogna estraniarsi per comprendere il messaggio inevitabilmente legato a quello del muro del 1979, ma bisogna anche andare al di là di quello stesso muro, provando a scavalcarlo e soffermandosi ad osservarlo da quell’altro lato ricomposto con metal, jazz, elettronica, blues, reggae e altro “materiale differente”.
Perché The Dark Side Of The Wall segue una logica come nel concept originale. E perché il gruppo in questo suo nuovo disco è irriverente e divertito, ma anche rispettoso.
I brani sono posti nello stesso ordine della celebre opera rock floydiana, sebbene i titoli talvolta siano parzialmente modificati. Ma non si tratta né di un concept, né di un tribute album.
The Dark Side Of The Wall è infatti più propriamente un anti-tributo. Pezzi maggiormente sfacciati rispetto alle versioni originali caratterizzano cioè un disco nato da un’idea di Vittorio Sabelli – leader della band, nonché fiatista di estrazione jazz amante del metal estremo – e sviluppatosi ovviamente anche grazie ad un gruppo che rilegge in maniera dissacrante The Wall.
Non è facile affrontare in un modo così inconsueto un’opera di questa portata. L’unica possibilità per riuscire nell’impresa è senza dubbio studiare approfonditamente l’originale, così come la R-Evolution Band dimostra di aver fatto. I brani infatti risultano senz’altro riconoscibili di per sé, ma sono abilmente destrutturati, come si può comprendere ad esempio ascoltando Another Brick In The Wall PT. 2: il pezzo qui si muove tra speed metal e il celebre assolo di chitarra, sostituito imprevedibilmente per l’occasione dal sax che segue la partitura originale solo all’inizio, catturandone l’essenza ma proseguendo per un suo percorso alternativo.
Risulta poi spiazzante l’elettronica di Hey You (Intermede) o quella di Run Like Bells e più in generale in certi momenti il gruppo eccede nella propria rivisitazione, anche se è inevitabile per un lavoro del genere.
A ogni passaggio si scopre sempre qualcosa di nuovo e si comprendono sempre in maniera diversa le operazioni di distruzione e di successiva ricostruzione della R-Evolution Band, ma sin dal primo ascolto The Dark Side Of The Wall non è per il credente che professa la fede floydiana.
Bisogna estraniarsi per comprendere il messaggio inevitabilmente legato a quello del muro del 1979, ma bisogna anche andare al di là di quello stesso muro, provando a scavalcarlo e soffermandosi ad osservarlo da quell’altro lato ricomposto con metal, jazz, elettronica, blues, reggae e altro “materiale differente”.
Perché The Dark Side Of The Wall segue una logica come nel concept originale. E perché il gruppo in questo suo nuovo disco è irriverente e divertito, ma anche rispettoso.