27/03/2007

Siamo al verde

Intervista a Curt Kirkwood

Novembre 1993. In uno studio televisivo di New York adornato per l’occasione con fiori e candele, i Nirvana registrano un’esibizione acustica che entrerà nella storia del rock. Per rendere omaggio a un gruppo che l’ha profondamente ispirato, Kurt Cobain invita sul palco i fratelli Curt e Cris Kirkwood e con loro interpreta tre canzoni dei Meat Puppets. Offrendo grande visibilità a un gruppo underground, i Nirvana non solo fanno una dichiarazione d’appartenenza a un certo mondo, ma dimostrano che il rock indipendente può aspirare ai grandi palcoscenici mediatici.

Dieci anni dopo, Curt Kirkwood e Krist Novoselic dei Nirvana suonano nella stessa band, ma tante, troppe cose sono cambiate. Il mercato ha fagocitato e digerito l’ondata del rock alternativo e oggi Kirkwood e Novoselic riescono a fatica a pubblicare i propri dischi. Il sentimento d’ottimismo creato dall’ascesa dei Nirvana ha lasciato il posto alla consapevolezza che per gente come Curt e Krist non c’è posto nell’attuale scena rock: troppo vecchi per il pubblico dei Vines, troppo strampalati per appartenere a una qualsiasi corrente oggi di moda, troppo cocciuti per cercare di monetizzare il passato.

Curt mi parla dalla sua casa di Austin, Texas. È disincantato. Si guarda attorno e vede un panorama desolato. Ha 44 anni e ancora deve stringere i denti per fare la propria musica. “E un po’ mi odio per il mio cinismo”, dice riflettendo sulle sue (dis)avventure nel mondo della musica. E aggiunge ridendo, riferendosi a chi questo mondo lo gestisce: “Sono loro che mi hanno trasformato in quel che sono. I’m not sweet and young anymore.”.

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LE PRIME SESSION

Krist ti propose di suonare con lui mentre eri in tournée e ti esibivi da solo, voce e chitarra. Cosa ricordi di quell’esperienza?
Era la prima volta che facevo un tour da solo: era una sfida, ma si è rivelata un’esperienza gratificante e, da un certo punto di vista, rilassante. Era anche un duro lavoro: guidavo da una città all’altra, suonavo e ripartivo. Un giorno potrei pubblicare le registrazioni di quei concerti.

Quando tu e Krist avete cominciato a suonare col batterista dei Sublime Bud Gaugh non lo conoscevate nemmeno. Quando lo avete incontrato?
La prima volta che abbiamo suonato assieme, nel dicembre 2001. Dopo un paio di giorni avevamo già capito che ci piacevamo l’un l’altro, che c’era un potenziale. Subito dopo abbiamo cominciato a registrare. Il fatto che Krist e Bud conoscessero e amassero i Meat Puppets è stato d’aiuto.

È vero che tu e Krist avete suonato con Alfredo Hernandez dei Kyuss e dei Queens Of The Stone Age prima di incontrare Bud?
È vero, ma quando suonavamo con lui non avevamo ancora progettato di mettere in piedi una band, c’interessava solo suonare per il gusto di farlo.

Quindi gli Eyes Adrift sono nati solo quando è arrivato Bud?
Già, a quel punto il progetto sembrava più solido. Forse era il momento ad essere propizio: tutti e tre avevamo bisogno di una nuova band in cui suonare.

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LE CANZONI

Quando sono nate queste canzoni?
Alcune come Sleight Of Hand sul momento, mentre registravamo. Altre sono piuttosto vecchie. Alaska, di cui abbiamo girato un video qui a Austin, risale a cinque anni fa. Ma anche Blind Me e Untried sono vecchiotte.

Ecco, Untried: di che parla?
Di spontaneità, del fatto di avere fiducia in qualcuno o qualcosa che non ci è famigliare. Una volta che l’hai fatto, torni alla realtà in cui vivi e spesso la trovi patetica. Ciò di cui hai paura potrebbero essere migliore di ciò che conosci bene.

I tratti caratteristici di quest’album sono la rilassatezza e la semplicità. Sei d’accordo?
La semplicità è una meta difficile da raggiungere. Magari hai scritto una semplice canzone per voce e chitarra. Poi ci lavori su con la band e le idee si stratificano, l’arrangiamento diventa complesso e magari il fonico e il produttore dicono la loro, aggiungendo nuovi particolari. E ancor prima che tu te ne renda conto, la tua canzone semplice semplice s’è trasformata in un mezzo casino.

Coi Meat Puppets ti sei preso la libertà di mischiare punk e country. E Eyes Adrift contiene alcuni spunti country. Che cosa significa per te la country music? In Italia è associata a un pubblico conservatore, all’America profonda e bigotta della provincia.
Storicamente è una musica conservatrice diventata col tempo imitativa, ma è anche il mezzo d’espressione per artisti straordinari. Oramai ha una storia sufficientemente lunga da essere un medium utilizzato per replicare un gusto standardizzato e per opere espressive.

Blind Me è uno dei pezzi più country dell’album e.
Infatti l’ho scritto nel ’96 appositamente per Willie Nelson.

Ma lui lo sapeva?
Ho dato il pezzo a qualcuno che avrebbe dovuto darlo a Willie, ma non so nemmeno se l’ha mai ascoltato.

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AL VERDE (E FUORI MERCATO)

Non vi ha mai sfiorato l’idea di assoldare un produttore?
No. La verità? Non avevamo abbastanza soldi per farlo. Abbiamo pagato noi tutte le spese di registrazione e poi siamo partiti alla ricerca di un’etichetta discografica che lo pubblicasse.

In Usa il disco è uscito su SpinArt, in Europa su Cooking Vinyl, non esattamente grosse etichette.
Per un certo periodo abbiamo fatto ascoltare alcune nostre canzoni ai responsabili di grosse etichette. Si grattavano la testa, facevano un’espressione dubbiosa e dicevano: “Mmm. non so. siete bravi, ma questa roba non ha mercato”. Dopo due settimane mi sono detto: basta con ‘ste cazzate, abbiamo fatto un bel disco, non aspetteremo i comodi di qualche idiota in giacca e cravatta. Ci sono già passato attraverso grazie. Quella trafila l’ho fatta mille volte. A un certo punto non facevo più nemmeno dei demo perché era frustrante. Andavo dalle etichette, facevo sentire la mia musica e sai cosa mi dicevano? “Ehi, assomigliate a Gene Loves Jezabel.!” (gruppo new wave inglese anni 80, nda).

Oggi che cosa vorrebbero i discografici da te?
Dio solo lo sa. Forse vorrebbero che mi facessi i capelli biondi, che urlassi come un ossesso e suonassi come i Vines.

È duro sopravvivere per una band come gli Eyes Adrift?
Sì, lo è. Muovere una band costa un sacco di soldi e la gente non spende più tanto nella musica dal vivo. E con la musica che facciamo, ci troviamo fuori persino dal mercato alternativo, dove va roba come i Vines o i System Of A Down. Per gruppi rock orientati alla canzone come il nostro, non c’è più spazio. Krist è sconcertato. Bud è ottimista. Io mi sento bene: ho dovuto affrontare un sacco d’avversità, ho vissuto i cambiamenti di gusto del pubblico, ho avuto i miei periodi sfortunati.

Avete cancellato il tour primaverile europeo.
Non avevamo i soldi per farlo. Krist ha preferito aspettare e vedere se le vendite dell’album si muovono in Europa.

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NIRVANA

Quanti ragazzi con magliette dei Nirvana vengono ai concerti degli Eyes Adrift?
Oh, non tanti. Credo che oramai abbiano capito che non è roba che fa per loro, non si scomodano per vederci suonare.

Inquiring Minds di Krist punta il dito contro il comportamento dei mass media nel coprire l’assassinio della piccola JonBenet Ramsey: cinico e interessato. Forse lui ha una ragione in più per parlarne.
Per via della sua storia personale, certo. Se mi fermo a pensarci, colgo l’ironia del fatto che con questa canzone critichiamo il fatto che i mass media abbiano sfruttato l’omicidio di quella bambina, ma in un certo senso è quello che stiamo facendo anche noi. Per rispondere alla tua domanda, sì, credo ci sia un parallelo tra la vicenda di JonBenet e quella di Kurt Cobain. Krist sa quanto possono essere invasivi i mezzi d’informazione.

Forse è per questo che lui non rilascia interviste e tu sì.
Non ha voglia di parlare tutto il tempo dei Nirvana. Non ha problemi col passato, né con Dave Grohl. Puoi essere orgoglioso del tuo passato, ma devi guardare avanti.

Tu e Curt avete preso parte allo storico concerto Unplugged dei Nirvana, quando Kurt e i suoi suonarono con voi tre canzoni dei Meat Puppets. Che ricordo hai di quell’esperienza?
Fu una cosa intensa. Il periodo era intenso. Non saprei nemmeno come descriverti i sentimenti provati in quegli anni. Fu un’esperienza unica.

Mentre suonavi o assistevi alla performance ti rendevi conto che stava accadendo qualcosa di speciale?
Ogni volta che suono succede qualcosa di speciale. (Ride, nda) C’era una strana atmosfera. Da una parte sapevamo tutti perché eravamo su quel palco, condividevamo le stesse idee, la stessa musica, lo stesso background, eravamo concentrati e consapevoli. Dall’altra c’era questo atteggiamento molto punk-rock secondo cui dovevamo fregarcene di come veniva la serata. Ma al di là degli atteggiamenti, tutti sapevano che con quel concerto i Nirvana raggiungevano una nuova vetta. Ecco un gruppo di idioti punk-rocker che fanno l’Unplugged di Mtv.

Ai tempi dei Nirvana c’era un certo ottimismo circa la possibilità che la musica indipendente venisse apprezzata da un pubblico più vasto. Le cose sono cambiate: quella che sembrava una rivoluzione, si rivelò essere una moda passeggera.
È stata l’ennesima dimostrazione che ogni cosa ha un prezzo. Odio citare i proverbi, ma questo calza alla perfezione: hanno ucciso la gallina dalle uova d’oro (nel senso di sacrificare la fonte di un guadagno futuro, nda) lasciando in giro le interiora. È successo con Elvis, che grazie a quei cazzo di film hanno trasformato in un imbecille. Quando un miliardo di persone ti possono vedere grazie alla loro tv satellitare, be’, non sei più l’artista che eri.

È sbagliato avere successo, fare soldi?
No. Però devi starci molto attento. In certe condizioni, quando sei una celebrità, pochi riescono a gestire la situazione. E anche quando fai qualcosa, loro hanno la contromossa. Prendi i Pearl Jam che hanno lottato contro la Ticketmaster e sono spariti volontariamente da Mtv. I bravi ragazzi che gestiscono il business hanno detto: “Non abbiamo bisogno di quell’artista, abbiamo bisogno di un prodotto”.

.E hanno rimpiazzato i Pearl Jam con gruppi simili.
Esattamente. Me lo diceva sempre mio nonno: nessun uomo è indispensabile.

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