Sign O’ The Times, il film concerto diretto da Prince che tornerà in versione restaurata al cinema solo il 21 e 22 novembre (l’elenco delle sale qui), rappresenta una grande occasione di riunirsi per i fan ed è un importante documento della grandezza dei suoi spettacoli dal vivo.
Il film venne realizzato nel 1987 per aiutare le vendite del disco omonimo in America, mentre il tour europeo era stato un grande successo (con tanto di prime date in assoluto in Italia). L’idea originaria era di filmare i concerti di Rotterdam del giugno 1987, ma per alcuni problemi tecnici la maggior parte del materiale fu registrata da capo negli studi di Paisley Park.
Le performance, spesso inframmezzate a brevi spezzoni recitati, si concentrano soprattutto sul materiale del doppio album Sign O’ The Times, con le eccezioni di un breve accenno alla splendida Little Red Corvette e una cover di Now’s The Time di Charlie Parker.
La partenza è di altissimo livello, con il classico Sign O’ The Times ad aprire le danze, seguita dalla scatenata Play In The Sunshine e il funky di Housequake. Prince dal vivo si dimostra tra i più grandi entertainer di sempre: canta, balla, sfodera assoli di chitarra infiammati alla Hendrix, concede parentesi al pianoforte e alla batteria ed inscena diversi siparietti con il corpo di ballo.
Colpisce anche la straordinaria band scelta per questo tour, dopo l’addio ai Revolution, tra cui spicca il sax di Eric Leeds, le tastiere di Dr. Fink, l’energica batteria di Sheila E. e soprattutto la ballerina/cantante Cat Glover, che è di fatto la coprotagonista del film-concerto.
Prince e la band propongono alcune delle migliori tracce del doppio LP, alternandole a infuocate improvvisazioni e omaggi (ad esempio al jazzista Charlie Parker). Il groove elettronico di Hot Thing è uno dei momenti migliori, così come la versione estesa in una lunga jam session di I Could Never Take The Place Of Your Man.
Nella seconda parte il film perde un po’ il ritmo, per esempio nella scelta di inserire il videoclip di U Got The Look al posto di una versione dal vivo o nella lunga It’s Gonna Be a Beautiful Night che forse poteva lasciare spazio ad alcuni classici come Purple Rain, 1999 o When Doves Cry (che venivano eseguiti nel tour).
Il concerto resta comunque una splendida testimonianza della potenza degli show di Prince, capace di trasformare una piccola gemma acustica come Forever In My Life in un inno trionfale e chiudendo con il grande rock di The Cross.
Sign O’ The Times è in definitiva un film per riflettere su quanto ci manca un artista e un performer del calibro di Prince.
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