22/03/2007

Simple Minds 1979 – 2004

Il “Silver Box” spiegato da Jim Kerr

È la storia di quattro ragazzi di Glasgow che sognano l’Europa e finiscono per conquistare l’America. È la storia di un gruppo di musicisti che supera con l’immaginazione e la passione i propri limiti. È la storia di pop star che mettono la propria popolarità al servizio di cause sociali e politiche. È anche la storia, questa per niente consolatoria, di un gruppo costretto a lottare per riuscire a pubblicare i propri dischi.

È una storia riassunta da Silver Box (vedi spazio recensioni), cofanetto di cinque cd composto quasi interamente da brani rari dei Simple Minds. Si tratta per lo più di demo e pezzi dal vivo scovati negli archivi del gruppo da Martin Hanlin, amico e musicista dei Silencers. Con una chicca: l’album fantasma Our Secrets Are The Same, che cinque anni fa la Emi si rifiutò di pubblicare e che vede la luce per la prima volta. Il cantante Jim Kerr si è prestato a commentare per JAM alcuni brani del box set.

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Changeling (1979)

Kerr: “Se i Simple Minds di quei primi anni erano così, è perché provenivano da Glasgow (vedi box nella pagina a fianco, ndr). Avevamo voglia d’Europa, ma non condividevamo l’atteggiamento snob dei londinesi. Eravamo più idealisti. Cerebrali ma con radici operaie”.

Jim ha ancora una casa in città: “Ci passo tre o quattro mesi l’anno. La città è cambiata negli ultimi cinque anni. C’è stata una sorta di rigenerazione. Adesso ci sono più musei, gallerie, ristoranti. Ma soprattutto ci sono fiducia, sicurezza e possibilità di fare arte”.

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Life In Oils (1981)

È uno dei pochi veri inediti contenuti nel Silver Box. “Non siamo una di quelle band che incide venti brani per poi pubblicarne dieci. Il motivo? Passavamo gran parte del tempo in tournée. Ecco perché, ironicamente, abbiamo molto più materiale inedito relativo agli ultimi tre album.”

Life In Oils è un demo registrato nel periodo tra Empire And Dances (uscito nel 1980 per la Arista) e Sons And Fascination (del 1981, Virgin). “Incidemmo un demo con cinque canzoni per ottenere un nuovo contratto discografico.” Lo firmarono con la Virgin, alla presenza di Richard Branson in persona. “I nostri album avevano successo tra la critica, suonavamo tutte le sere. Insomma, cominciavamo a credere in noi stessi, stavamo diventando forti.” Si narra che, durante le session del doppio Sons And Fascination / Sister Feelings Call, il produttore Steve Hillage sia finito in ospedale, vittima d’un esaurimento. “È tutto vero. Eravamo terribili, eravamo… cattivi (in italiano, nda). Non volevamo scendere ad alcun compromesso. Avevamo così tante idee che ci eravamo messi in testa l’idea di fare due album in uno. Ma non avevamo né il budget, né il tempo per farlo così dovemmo… sbrigarci.”

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The Kick Inside Of Me (1983)

Risale a una session radiofonica del settembre 1983: “Eravamo eccitati, sai, finalmente suonavamo negli studi della BBC!”. La versione è molto più spenta di quella pubblicata cinque mesi dopo su Sparkle In The Rain. “È l’effetto Lillywhite. Fu Steve a dare all’album quel suono rock tagliente e aggressivo. Non lo scegliemmo perché aveva prodotto gli U2, ma perché a quell’epoca, se volevi avere un certo sound rock, non avevi scelta: non potevi che scegliere lui. Sa come trasporre su un disco l’energia di una performance.”

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New Gold Dream (1985)

La versione dal vivo contenuta in Silver Box non è granché, ma ha un valore storico e affettivo: è stata a registrata al Barrowlands di Glasgow e ospita Bono degli U2, che prima del concerto fu ospitato dalla madre di Kerr. Simple Minds e U2 erano allora entrambi sulla vetta del mondo. “Eravamo accomunati dallo stesso spirito, dalla medesima energia, dagli stessi valori. Creavamo le stesse sensazioni. Vedevo sul viso degli U2 la stessa espressione rapita dalla musica che avevamo noi.” Invidioso del successo duraturo degli U2? “La loro storia è incredibile e unica, ma di che mi potrei lamentare? Ho venduto più di 22 milioni di dischi e posso ammirare tutti i giorni l’Etna. Sono un uomo fortunato. Non ho alcun diritto di essere invidioso.”

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Ghost Dancing (1985)

La svolta americana. “Ho sempre pensato fosse possibile amare sia i Kraftwerk, sia Bruce Springsteen. Ci piaceva il suono del disco di Patti Smith prodotto da Jimmy Iovine e di quello di David Bowie fatto da Bob Clearmountain. Decidemmo perciò di provare a sfondare in America, dove i nostri primi cinque album non erano stati nemmeno pubblicati. Dimostrammo di essere capaci di fare american heartland music, anche a costo di confondere chi ci seguiva.”

Le performance, tra cui Ghost Dancing, tratte dal concerto di dicembre all’Ahoy di Rotterdam, in Olanda, sembrano scariche se confrontate con le canzoni contenute nel live dello stesso tour In The City Of Light. “Perché queste ultime furono registrate qualche mese più tardi, nel 1986. Eravamo più rodati.” A quanto pare, le tracce di In The City Of Light furono manipolate in studio, quelle del Silver Box no.

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Mandela Day (1988)

Vede la luce la versione suonata sul palco di Wembley, Londra, durante il concerto per la liberazione del leader sudafricano Nelson Mandela (11 giugno). “Capimmo, probabilmente male, che ogni band avrebbe dovuto scrivere una canzone appositamente per l’evento. Fummo gli unici a farlo. Ci dicemmo: se questi problemi ci stanno veramente a cuore, dovremmo essere in grado di scriverci su qualcosa”. Quando i Minds fecero il “grande patto col diavolo” (parole di Kerr) per diventare famosi, giurarono che avrebbero usato la loro popolarità per combattere le battaglie giuste. “Così ti ritrovi in America a partecipare a uno schifoso show televisivo mattutino, che però è visto da milioni di persone, e il presentatore ti chiede: quali interessi hai oltre alla musica? E tu: mi interessa una cosa chiamata Amnesty International.”

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Sleeping (1999)

“Contiene uno dei miei versi migliori: alcuni ladri riescono a rubare il tempo perduto. Quando l’ho scritto, avevo il blues di fine millennio. Era il momento di guardarsi indietro. Ma non mi sento nostalgico: mi sono goduto ogni minuto della carriera dei Simple Minds. Ho un unico rimpianto: ho vissuto certi momenti in modo incoscio.”

Sleeping chiude Our Secrets Are The Same: non è ironico che l’album venga pubblicato dalla Emi, che a suo tempo si rifiutò di stamparlo? “Fu una catena di eventi. A metà degli anni 90 andava di moda il brit pop e alla Emi si grattavano la testa cercando di capire che fare dei Simple Minds. Finché erano Don’t You (Forget About Me) e Alive And Kicking andava bene, ma il resto? Che farne? Ci dissero: album bellissimo, ma non ci sono singoli rock, dobbiamo elaborare un piano marketing speciale. Poi il tentativo di fusione della Emi con la Warner Brothers rese tutto difficile. Cominciarono a rimandare a più riprese la pubblicazione finché i rapporti tra noi e loro s’incrinarono.” Ovvero: Jim andò in Emi e fece una scenata. “Lo ammetto, fui… esagerato (in italiano, nda). Le relazioni s’interruppero.” E poi? “Cercammo di comprare dalla Emi i diritti del disco per pubblicarlo con un’altra etichetta: non ce lo vendettero. Qualche anno dopo, i discografici della Emi erano cambiati e noi c’eravamo dati una calmata. Ci dissero: vogliamo fare un box set di brani rari. E noi: qui abbiamo un intero album raro!”

I Simple Minds incisero Our Secrets Are The Same in un’atmosfera d’incertezza. “Good News From The Next World (del 1995, nda) aveva venduto oltre un milione di copie, che non è male in assoluto, ma è poco in confronto agli altri nostri album. Non ricordo quanto vendette Neapolis (del 1998, nda), ma fu un flop come è normale che sia per qualsiasi artista con una lunga carriera. Entrammo in studio per Our Secrets con uno stato d’animo riflessivo. Non eravamo più certi della nostra posizione nel mondo della musica, ma una cosa la sapevamo: non volevamo fare una parodia dei Simple Minds. In un paio di mesi venne fuori un disco lento, intimo, sognante. Il futuro? Stiamo lavorando a un nuovo album, che speriamo di pubblicare nel 2005. La strada è ancora aperta.”

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