28/03/2013

Son Volt

Jay Farrar impara a suonare la pedal steel, si immerge nel sound di Bakersfield e rivitalizza la tradizione della honky tonk music

Il nuovo album è un omaggio, un’incursione nel classico honky tonk sound di Bakersfield, «un proseguimento del lavoro fatto nel precedente American Central Dust», spiega Jay Farrar. Continua quindi l’esplorazione dell’estetica della tradizione country, non solo dal punto di vista musicale ma anche dei testi: «In American Central Dust ho iniziato a inserire parole che prima ho sempre cercato di evitare, termini come “cuore” e “amore”. Ho fatto lo stesso nel nuovo lavoro, ormai i cancelli si sono aperti…».

Una cosa inevitabile, visto che «la musica honky tonk parla di cuori infranti, strada e… cuori infranti». Tuttavia, l’intenzione di Farrar e compagni non era certo quella di realizzare un falso d’autore, «nessuno di noi voleva fare un’operazione nostalgia». Alla base di Honky Tonk c’è piuttosto una nuova passione di Jay: «Nel periodo di tempo trascorso tra un album e l’altro dei Son Volt ho deciso di imparare a suonare la pedal steel guitar, strumento che suono di tanto in tanto in un gruppo di St. Louis chiamato Colonel Ford. Mi sono completamente immerso nella honky tonk music e in particolare nel sound di Bakersfield, così quando ho iniziato a scrivere i pezzi per il nuovo disco mi è venuto naturale comporre in quello stile».

A Jay Farrar piace rievocare lo spirito di un’America che non esiste più, catturarne l’essenza, immortalarla nelle sue canzoni, e non solo: lo ha fatto negli Uncle Tupelo insieme a Jeff Tweedy, nel sopraccitato American Central Dust, nel bellissimo progetto One Fast Move Or I’m Gone – Kerouac’s Big Sur realizzato in coppia con Ben Gibbard, ma anche nel libro di prossima uscita Falling Cars And Junkyard Dogs (Counterpoint Press). Ora ci invita a riscoprire l’antico fascino della musica honky tonk, e lo fa con undici nuove canzoni scritte di getto nell’arco di due settimane e registrate nel suo studio di St. Louis, Missouri, in collaborazione con il fonico e polistrumentista Mark Spencer e il batterista Dave Bryson, tra gli altri.

Il suo timbro vocale, intriso di una profonda malinconia, veicola alla perfezione i lamenti di un cuore infranto o i repentini mutamenti dell’animo umano alle prese con quel mistero chiamato amore. E a sostenerlo c’è un equilibrato mix elettroacustico di chitarre, pedal steel, fiddle, fisarmonica e poco altro, in perfetto stile Farrar.
Honky Tonk è una sorta di piccolo concept, un omaggio a un suono, a un linguaggio musicale, con l’augurio che i suoi insegnamenti non cadano nel dimenticatoio, ma possano essere rivitalizzati e riutilizzati dalle nuove generazioni per cantare il proprio tempo e i propri amori.

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!