27/03/2007

Southern Comfort

Intervista a Gregg Allman

28 luglio 1973, Watkins Glen, Stato di New York.

Nonostante quello che la gente ha sempre pensato, non è Woodstock il concerto rock con il maggior numero di spettatori. Secondo il Guinness Book Of World Records è la Summer Jam, il concerto che sta per iniziare a Watkins Glen con i suoi 600mila spettatori paganti accreditati (nessuno è mai stato in grado di calcolare l’esatto numero di partecipanti a Woodstock, visto che i tre quarti entrarono da ‘portoghesi’) a detenere il record, almeno fino alla fine di quel decennio.

Quel giorno si esibiscono i Grateful Dead (per cinque ore), The Band (tre ore) e infine la Allman Brothers Band (altre tre ore), i tre gruppi americani simbolo del rock di quel momento storico. Alle due del mattino, per un’altra ora e mezza, i tre gruppi si esibiscono poi tutti insieme. Dirà al proposito Butch Trucks, uno dei due batteristi della ABB, fotografando perfettamente il mood di quell’avvenimento e di come, allora, si viveva la musica: “È una delle pochissime volte di cui mi ricordo che la jam non funzionò. Il problema fu che i diversi tipi di droga non si mescolavano bene insieme: quelli di The Band erano ubriachi, i Dead erano in trip di acidi e noi eravamo pieni di coca. Provammo a fare una jam, ma non c’era una base comune”.

Già, perché quelli erano i Seventies, gli anni del rock (vero), della droga e delle groupie, gli anni in cui alcuni giganti calcavano la terra, facendo una musica che sembrava dire che la promised land era diventata realtà, giganti le cui orme hanno lasciato una traccia così profonda che ancora oggi si guarda a loro come testimonianza stessa di cosa sia la musica rock. Basti pensare al fenomeno, che tutt’oggi raduna decine di migliaia di giovani americani, delle jam band, alcune delle quali assolutamente debitrici del sound ABB. Era un momento in cui la musica sembrava non avere barriera alcuna: jazz, rock, country. chissenefrega delle etichette. Era musica ‘totale.

Quei giganti, oggi, sono tornati a quel cielo a cui sembra siano sempre appartenuti, dopo aver visitato brevemente questo pianeta: Jerry Garcia dei Dead, Rick Danko e Richard Manuel di The Band, per parlare solo di alcuni dei protagonisti di quella Summer Jam. La Allman Brothers Band aveva già pagato il suo tributo con la morte di Duane, ma altri, terribili, ne avrebbe pagati. Eppure, citando il titolo di un loro disco antologico di quel decennio, avrebbero saputo dimostrare che, a volte, “the road goes on forever”.

La ABB è stata, nei 70, il gruppo americano-simbolo. La risposta stelle e strisce allo strapotere dei Led Zeppelin, allora la rock band più popolare in asssoluto. Non solo perché artefici di quello che, a ragione, è da molti considerato il disco dal vivo più bello di tutti i tempi (il Live At Fillmore East, con ancora Duane in formazione), ma per il successo di massa raggiunto grazie proprio alle loro torrenziali esibizioni dal vivo. Basti citare il tormentone Whipping Post, la canzone più richiesta in concerto del decennio. Famoso è l’episodio in cui a un concerto di Springsteen, ancora in attesa dei suoi glory days, gli spettatori, inclementi, continuarono a urlare per tutto il tempo: “Suona Whipping Post, ragazzo!”.

Come ha detto lo scrittore Don DeLillo, la ABB è nella vita degli americani come lo è l’aria condizionata (nessuno, in America, saprebbe rinunciare al suo bell’impianto di condizionamento così come nessuno, sembra, è disposto ancor oggi a rinunciare a un concerto di questo gruppo, come dimostrano le recenti quattordici serate consecutive tenute a New York)

Lutti a catena a dir poco inquietanti (il bassista Berry Oakley morì nel medesimo modo – un incidente di moto – a un anno di distanza esatto, a poche centinaia di metri dall’incrocio dove si era schiantato, anche lui in motocicletta, Duane Allman) e sordide storie di droga (i pusher di Gregg Allman erano alcuni mafiosi su cui indagava l’Fbi; per scagionarsi, durante un celebre processo, il musicista non esitò a incolpare il road manager del gruppo, causando il disprezzo dei suoi compagni che decisero di abbandonare Allman) non hanno impedito a questa sorta di araba fenice del rock di risollevarsi dalle cenere più volte: una prima nel ’79 e una seconda dieci anni dopo. Fino a produrre, oggi, il loro disco in studio più bello (Hittin’ The Note) dai tempi di Brothers And Sisters (1973), nonostante la clamorosa cacciata di Dickey Betts, membro fondatore ed erede naturale di Duane.

Come una sorta di Cameron Crowe in ritardo di trent’anni (Gregg Allman è la figura ispiratrice dello splendido cult movie Almost Famous; in una recente intervista, saputo che l’ex ragazzino giornalista è ormai diventato un famoso regista, ha commentato: “Però, gliene abbiamo veramente combinate di tutti i colori, a quel ragazzino.”) ho atteso, con un certo nervosismo, la telefonata del musicista. La sua fama di outlaw del rock lo precede (per evitare di andare in Vietnam si sparò a un piede), il suo carattere non facile (come testimonia la recente cacciata dal gruppo di Dickey Betts), i tanti argomenti scottanti (uno su tutti, l’ex moglie Cher.) in cui ci si potrebbe imbattere non rendono l’attesa delle più tranquille. Ma il Gregg Allman di oggi è un tranquillo e divertente signore del Sud (con un impossibile accento dixie) che ti chiama “brother” e che se la ride alla grande, in continuazione.

“Sono Gregg Allman.”

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Ehi, come stai?
Non potrei star meglio. a parte che sta piovendo un casino, da queste parti.
Vorrei proprio ringraziarti per questa intervista, so che non ne fai molte.
Wow, man. Non credevo nemmeno che la nostra musica fosse conosciuta, in Italia.

Be’, stiamo aspettando di vedervi dal vivo da un bel po’ di tempo.
Probabilmente da 33 anni, cioè da quando è nata la ABB (ride, nda).

L’anno scorso era stato annunciato un vostro concerto, a dire la verità.
Dovremmo venire a suonare al più presto. La nostra nuova casa discografica, la Sanctuary, è inglese, e quei ragazzi sono molto in gamba. Stanno cercando di farci una buona promozione in Europa per cui, ovviamente, verremo anche a suonare. Sai, dal vivo siamo piuttosto bravi.

Eh, direi di sì. Quando è stata l’ultima volta che avete suonato in Europa?
Credo sia stato nel ’90. Forse nel ’93. Vediamo, siamo stati in Giappone nel ’91 e ci siamo rimessi insieme nell’89. Sì credo fosse nel ’90. Suonammo a Copenaghen, a Londra, a Parigi e a Berlino.

Parliamo del nuovo disco. È davvero sorprendente. Ho letto da qualche parte che hai detto essere il vostro miglior disco in studio dai tempi di Eat A Peach.
Be’, volevo dire che è il disco migliore che abbiamo registrato dopo che mio fratello è morto, che era appunto ai tempi di Eat A Peach. Credo che sia perché in questo disco ci sono le persone giuste. Sai, non avrei mai pensato che mio fratello se ne sarebbe andato, un giorno, e la decisione, allora, fu se smettere anche noi o andare avanti senza di lui. Ma io non volevo smettere. Il groove di questo nuovo disco è talmente buono. è pregnante! Ci ho messo dieci giorni a registrarlo.

Dieci giorni?
Dieci giorni, esatto. C’è voluto un altro po’ per mixarlo ma abbiamo fatto tutto davvero in pochi giorni.

Chi è il produttore? Al momento ho solo un promo senza indicazioni.
Warren Haynes e Michael Barbiero sono i produttori. Warren sa come produrre un buon disco e credo che tu sappia che Tommy Dowd è morto, vero (storico produttore della ABB negli anni 70, nda)?

Sì.
È stata una grave perdita, ma ce ne siamo fatti una ragione e il prodotto finale non sarebbe potuto venire meglio. Le vibrazioni. ogni cosa era al posto giusto, in quei giorni. Avevamo provato già alcuni dei nuovi brani in concerto, noi lo chiamiamo road tested. Quando suoni davanti alla gente, a volte. la mia teoria è che la paura ti costringe a fare le cose bene, ma a volte, se in una canzone c’è qualcosa che non va bene, te ne accorgerai come un dito in un occhio e quindi capirai che devi eliminare qualcosa. Di queste cose te ne accorgi dal vivo, sul palco, non in studio, perché è lì che ognuno ascolta veramente gli altri suonare.

Dove l’avete registrato?
Nella città natale di Frank Sinatra, Hoboken, nel New Jersey. Dalla finestra dello studio puoi vedere la Statua della Libertà e il punto dove sorgevano le Torri Gemelle e tutta l’acqua del fiume. Una splendida panoramica di New York.

Un po’ bizzarro, per la ABB, registrare un disco nel New Jersey.
È vero (scoppia a ridere, nda).

Ma il risultato è ottimo.
Eravamo già stati là. Ero stato lì a fare delle prove per un nostro precedente disco. Lo studio è proprio nella parte industriale di Hoboken, ma devi farti accompagnare da qualcuno, la prima volta, altrimenti non lo troverai mai. La cosa bella è che è così nascosto che nessuno può venire a romperti le scatole mentre stai lavorando. Non ci sono cartelli, fuori, tipo “Gli Studi Tal dei Tali” oppure “Questa sera abbiamo qui”, come succede in molti studi, specialmente a Los Angeles.

A parte le due cover, Heart Of Stone e Woman Across The River, le canzoni sono state scritte tutte da te con Warren?
Sì, eccetto Old Friend che è di Warren e Instrumental Illness che è accreditata a tutta la band.

In Heart Of Stone canti in maniera strepitosa. Come mai hai deciso di incidere un brano dei Rolling Stones?
Mi sono sempre piaciuti gli Stones ma sai, nessuno può fare un loro brano come lo fanno gli Stones. Heart Of Stone, in particolare, non è neanche uno dei miei brani preferiti ma proprio per questo ho voluto in un certo modo riscriverla. Io e Warren ne abbiamo fatto un nuovo arrangiamento e adesso sembra proprio una canzone della ABB (ride, nda).

La tua voce, in questo disco, è davvero eccezionale.
Grazie. Sai, sono sette anni adesso che ho smesso di bere e di fumare.

Anche di fumare? Vorrei riuscirci anch’io.
È la cosa peggiore. fumare. Il fumo e l’alcol, buon Dio. Non ti servono, amico. La vita è molto meglio senza.

Old Before My Time è uno dei brani che preferisco. Di cosa parla?
Grazie, l’ho scritta quasi tutta da solo. Parla di. Sai, tanto tempo fa, a proposito di scrivere canzoni. Stavo terminando la scuola. Avevo frequentato una scuola militare per quattro anni. Volevo studiare per diventare dentista, avevo finito il liceo, era il ’65, e pensavo: “Farò un anno in giro nei club a suonare più che posso e poi andrò all’università”. Fu allora che cominciai a scrivere canzoni perché mi ero stufato di cantare quelle degli altri. Fu allora che scrissi Melissa, la mia prima canzone in assoluto, e non la feci ascoltare a nessuno per quasi un anno, perché tutte le altre canzoni che scrivevo in quel periodo erano spazzatura. Non credo che la gente nasca col talento naturale di saper scrivere, è un cosa che sviluppi con il tempo. Be’, comunque, avevo questa canzone, Old Before My Time, e Warren venne a casa mia, a Savannah, in Georgia, un posto meraviglioso circondato da vecchie querce e dove senti gli uccellini cantare invece del traffico delle automobili. Con Warren scrivemmo dapprima Desdemona. Per Old Before My Time avevo solo la prima strofa. La mattina dopo mi svegliai e Warren venne da me, dicendo: “Amico, guarda un po’ cos’ho qua”. L’aveva terminata, eccetto il bridge, così ci sedemmo e facemmo anche il maledetto bridge. In quattro giorni scrivemmo praticamente tutte le canzoni per il disco.

Di soliti scrivi le tue canzoni al pianoforte?
Sì, oppure alla chitarra acustica. Ho scritto una sola canzone all’Hammond.

La cosa che emerge chiaramente ascoltando Hittin’ The Note è la vostra anima blues. Cosa significa per te, oggi, il blues?
È come i biscotti. Devi conoscere il blues, quando cominci a fare musica, e dopo potrai suonare qualunque cosa. È la base, la base del rock’n’roll. Dal blues è venuta ogni cosa, anche il reggae. Il blues e la musica bluegrass sono la gloria d’America. Anche la country music.

Ma cosa fu, per due ragazzini bianchi, che fece scattare questa passione per il blues?
Credo che avevo 9 anni. D’estate andavamo a trovare mia nonna e c’era un tale che viveva di fronte a casa sua, una specie di ritardato mentale. Se ne stava in cortile a dipingere la sua macchina con un pennello e mi avvicinai. Aveva una chitarra Sears And Roebuck, una Belltone, appoggiata a una sedia sotto il portico. “Che cos’hai lì?”, gli chiesi. “Quella è la mia gee-tar”, mi rispose. “E a cosa serve?”, chiesi ancora. Appoggiò il pennello e mi disse: “Adesso te lo mostro”. Prese la chitarra e mi suonò She’ll Be Coming Around The Mountain. Allora pensai: “Ragazzi, se questo povero deficiente può fare questo. allora posso farlo anch’io”. Mi fece vedere gli accordi e la imparai immediatamente (ride, nda). Tornai a casa e feci ogni genere di lavoretti fino a che non guadagnai 21 dollari e 95 centesimi da potermi comprare una chitarra Silvertone. Ci misi otto settimane. Mio fratello invece aveva una motocicletta, una Honda, e un giorno tornò a casa con la moto mezza rotta. La lasciò lì, con i pezzi che cadevano, in mezzo alla strada. Era depresso e vide la mia chitarra. “Cos’hai lì?”, chiese. Risposi: “No amico, va fuori e metti a posto la tua moto. Tieni giù le mani da questa chitarra”. Ma la moto non gli sembrava più così interessante dopo aver visto una chitarra, così nostra madre dovette comprargliene una. Allora io ne pretesi un’altra e fu così che ebbi la mia prima chitarra elettrica (ride, nda). Non facemmo in tempo a terminare la scuola che era diventato un chitarrista cento volte migliore di me. Così, per non rimanere fuori dal gruppo che intanto avevamo messo insieme, dovetti diventare il cantante.

Instrumental Illness: come nascono brani come questo? Jammando in studio o dal vivo?
Di solito provando in studio e suonando dal vivo. Noi non siamo una jam band, siamo una band che fa jam (scoppia a ridere, nda). Abbiamo degli arrangiamenti base, ma da lì partiamo a improvvisare. Un po’ come succede nel jazz migliore: ognuno ha le sue parti, nel corso della canzone, e quando ha finito la sua parte attacca il musicista successivo e così via.

Nel corso della tua carriera hai avuto modo di suonare con chitarristi eccezionali, da tuo fratello a Dickey Betts, e adesso Warren Haynes e Derek Trucks. Come è diverso, oggi, l’approccio?
Ah, con Warren e Derek è molto, molto meglio. Questi ragazzi sono tipi aperti, mentalmente. Non è gente che, quando sei in studio e proponi qualcosa, cominciano a lamentarsi, a dire che non potrà funzionare. Stronzate! Proviamolo, vediamo prima se funziona o no. Questa è stata una delle ragioni per cui abbiamo detto a Betts di andarsene. Questi ragazzi sono proprio l’opposto, sono come me. Gente dalla mente aperta, pronta a tentare ogni strada.

Come farà Warren a conciliare i suoi tanti impegni con i prossimi tour della ABB?
I Gov’t Mule sono ancora il suo progetto principale, dove ha il maggior successo. Ma Warren è una persona che ama ogni progetto musicale in cui è coinvolto. Con la ABB lui può suonare anche le sue canzoni, non gli diciamo: “Ehi, devi suonare solo le cose della ABB!”. Stronzate. Betts non voleva suonare nulla che non fosse stato scritto da qualcuno della band. Stronzate (ride, nda).

Dopo tanti anni, la ABB è ancora uno dei più formidabili spettacoli dal vivo d’America. Qual è il vostro segreto?
Prima di tutto la musica. Poi il senso di cameratismo fra di noi, e anche il pubblico è importante e poi noi non suoniamo mai le stesse cose due volte di seguito. Abbiamo una base, ma quasi tutte le canzoni possono diventare jam. Abbiamo appena fatto una serie di concerti della durata di due settimane, a New York: amico, i nostri migliori concerti di sempre! Due settimane di jam continue. È stato bellissimo. E adesso siamo qui, in classifica con questo maledetto disco nuovo. Fratello, nella vita non sai mai quello che ti può accadere. Ogni cosa può cambiare in a New York minute, giusto?

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