01/06/2011

STAFF BENDA BILILI – IL BUENA VISTA AFRICANO

Lo zoo di Kinshasa è uno dei luoghi preferiti dai bimbi congolesi.
In questa piccola oasi possono imparare a conoscere tutto di flora e fauna africana, come se vivessero a New York e non nel cuore del continente nero… Già, perché questa megalopoli di disperati (quasi 8 milioni di abitanti) è una giungla, ma urbana. Di fatto, è la più grande comunità francofona al mondo dopo Parigi, una sorta di incredibile girone dantesco, dove tra edifici diroccati, automobili scassate e ogni genere di attività illecite, la gente tenta di sopravvivere.
Casa di simpatiche scimmiette e gruppi di inquietanti marabù (uccellaci giganti che mangiano di tutto), lo zoo di Kinshasa si anima al tramonto. Qui, tutte le sere, si raduna infatti una band sgangherata, una piccola Armata Brancaleone, formata da alcuni anziani paraplegici (che si muovono a bordo di tricicli motorizzati) e da un gruppetto di ragazzini di strada. Si fanno chiamare Benda Bilili che, nel dialetto locale, significa «andate oltre le apparenze», e fanno una musica ancora più squinternata del loro aspetto ma incredibilmente briosa, ritmata, allegra e coinvolgente.
Il leader del gruppo, un certo Ricky, cova da tempo un sogno: far diventare Benda Bilili la band più famosa d’Africa e (chissà) magari un giorno riuscire a sbancare l’Europa. La fiducia di Ricky e degli altri membri di Benda Bilili è commovente: va oltre ogni ragionevole speranza, supera il più scriteriato degli ottimismi. Ma è anche capace di alimentare quotidianamente il sogno.
Ogni sessione di prove si conclude con il motto del gruppo: «Très très fort» (molto, molto forti). Sì, Ricky e i suoi amici sono davvero convinti di essere fortissimi. Pur con intonazione approssimativa, arrangiamenti primitivi e strumenti disastrati (chitarre mezze rotte, con meno corde del dovuto, e percussioni rudimentali), Benda Bilili cantano le loro durissime condizioni di vita con leggerezza e speranza. E anche con un’originale vena poetica. Qualcuno ha definito la loro musica «una specie di funk urbano acustico, fatto di melodie inusuali e poliritmie, alimentato da un’energia vitale irrefrenabile».
Vivono tutti in un centro d’assistenza per handicappati, una baraccopoli disastrata, che ospita anche le loro famiglie. I marciapiedi del ghetto di Kinshasa sono il loro palcoscenico: lì, per pochi denari si esibiscono per un pubblico di curiosi che li conosce, li apprezza e condivide il loro ottimismo irrazionale. Lì, nel 2006, vengono notati da due cineasti francesi, Renaud Barret e Florént De La Tullaye. I due documentaristi (che sono in Congo per un altro lavoro) si innamorano immediatamente di quella sbarellatissima orchestra da strada.
«È stato un colpo di fulmine», racconta Barret, «abbiamo deciso che avremmo finanziato un album del gruppo e realizzato un documentario su di loro».
«Siamo diventati parte della loro famiglia», spiega De La Tullaye, «abbiamo vissuto con loro, imparato a parlare la loro lingua, condiviso gioie e dolori, aspettative e delusioni».
«Ci hanno sempre trasmesso ottimismo», conclude Barret, «anche quando abbiamo dovuto superare insieme momenti difficili».
Nel documentario (presentato al Film Festival di Cannes 2011) si può rivivere questa grande avventura. Dagli inizi (con le crude scene nel ghetto cittadino) sino all’incontro chiave con Roger Landu, un ragazzino di 12 anni che vive in un quartiere poverissimo ma ha un talento speciale per la musica. Si è inventato uno strumento curiosissimo: a una lattina di birra (che funge da cassa armonica) ha attaccato un fil di ferro che può essere teso attraverso un manico movibile. Il risultato? Una specie di frullato tra i suoni di una sega musicale, una pedal steel guitar dal timbro acutissimo, un theremin delle caverne.
È lui la novità musicale del gruppo, fa gli assoli e danza in modo acrobatico insieme a Junana, il più colpito dalla poliomielite dei componenti originali di Benda Bilili ma capace di stupire il pubblico con piroette da navigato break dancer. Nonostante un incendio che rade al suolo il loro centro d’assistenza, costringendoli a tornare a vivere sui marciapiedi e a dormire sui cartoni, nonostante il budget per le incisioni finisca a fine 2006, nessuno perde le speranze.
«Faremo un disco e andremo in Europa», continua a ripetere Ricky.
Barret e De La Tullaye nel 2007 tornano con altri soldi e finiscono il lavoro.
Nel 2009 viene pubblicato il cd Très, très fort dello Staff Benda Bilili.
«Visto? Con questo conquisteremo il mondo», dice Ricky.
E non ci va lontano.
Benda Bilili parte per l’Europa invitata nei principali festival di world music.
Loro, Ricky, Roger, Junana e tutti gli altri sono tenerissimi: imbacuccati nelle loro giacche a vento (tutte uguali, come fossero una squadra di calcio), con in testa cappellini di lana, vedono la loro prima neve, dormono in albergo, viaggiano su bus e van modernissimi.
Il pubblico li accoglie in maniera entusiasta e, alla fine, Ricky strappa una promessa a Roger (che nel frattempo è cresciuto e somiglia in modo imbarazzante a Mario Balotelli): sarà lui a raccogliere l’eredità artistica e a garantire un grande futuro a Benda Bilili.
Sorta di Buena Vista Social Club ambientato in Africa, Benda Bilili! è un documentario bello e coinvolgente che presenta una realtà fuori dallo spazio e dal tempo e una musica tutta da scoprire.
Ricky, Roger, Junana e gli altri Benda Bilili saranno a Milano (sul palco di Villa Arconati) il prossimo 23 giugno.
Da non perdere.

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