03/05/2013

Steve Earle & The Dukes (& Duchesses)

Appunti di viaggio narrativi e sonori tra ribellione civile e ipotesi di speranza, folk urbano e country bastardo

Racconta Earle nelle note introduttive a questo suo quindicesimo lavoro della felicità che si rinnova ogni prima notte di un tour in Nord America («Mi fa sentire come alla vigilia di Natale di tanto tempo fa, quando ancora credevo in Babbo Natale»). E racconta dello stare insieme alla band e al personale, sul tour bus e nei diner lungo la strada. The Low Highway, dunque, suggerisce Earle, va ascoltato e letto come un album di viaggio. E dai finestrini di un bus che corre nella notte, a 3 mila miglia dalla Baia di San Francisco, scorrono infatti alcune istantanee scattate dalla penna di Earle.

Sono strade senza uscita, case buie e abbandonate, fabbriche dismesse dalle finestre sfondate, che sfilano nella sommessa e mestamente elegiaca traccia d’apertura. Sono luoghi senza speranza come Calico County, dove i maestri di vita salgono sul sedile posteriore del cellulare della polizia, la cui descrizione è affidata al riff abrasivo delle chitarre elettriche e a una narrazione che richiama il Dylan di Subterranean Homesick Blues, o qualsiasi anytown stravolta per sempre da un Walmart. «Thinkin’ ‘bout burnin’ the Wal-Mart down», canta Earle nei toni di una ballata senza redenzione, dando voce al disorientamento di chi vede la propria città cambiare sotto i propri occhi, l’economia locale e il piccolo commercio soccombere alle luci dei centri commerciali. Ma anche città dove sono ancora possibili ipotesi di speranza, come New Orleans protagonista di tre brani (scritti per la serie Treme) che ne celebrano la rinascita, due dei quali, Love’s Gonna Blow My Way e After Mardi Gras, musicati con diligenza dalla violinista e attrice Lucia Micarelli e il primo, That All You Got?, country roll dall’inflessione cajun, con Alison Moorer a guidare il canto, doppiato da Earle in una danza di violino, accordion e chitarre elettriche.

E sono città, tutte, abitate da ombre che ti passano accanto e nemmeno te ne accorgi, una folla di donne e uomini senza un luogo dove andare che rincorrono fantasmi nascosti nel buio delle strade. Donne e uomini come l’Invisible cui Earle dà voce in quella che è tra le due ballate più ispirate dell’album. L’altra si intitola Remember Me, e qui il tema del viaggio si espande all’intera, umana, esperienza terrena nell’accorato invito di un uomo, un padre o un testimone generazionale, rivolto a chi ne proseguirà il cammino, a guardarsi indietro, a non dimenticare.

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!