Durante la settimana dal 5 al 9 febbraio si sono svolti cinque eccezionali concerti benefici in favore dei teenager affetti dal male del secolo. La seconda edizione della rassegna, organizzata dal cantante degli Who, Roger Daltrey, ha visto avvicendarsi sul palco le seguenti nuove e ‘vecchie’ glorie: Marti Pellow, Oasis, The Who, Paul Weller, Jimmy Page e Robert Plant con rispettive band al seguito. Se un giovane pubblico ha riempito di cori le arcate del soffitto nella seconda serata degli Oasis in versione famiglia riunita, con Paul Weller al pianoforte, circondato da un alone quasi romantico nell’interpretazione di Don’t Look Back In Anger, una folla di varia età e provenienza ha tenuto freneticamente il tempo coi tacchi sui soppalchi di legno durante le performance degli Who. Il gruppo ha risfoderato le migliori canzoni del proprio repertorio inserendo – scusate se è poco – il lungo percorso, non completo ma logico, dell’opera rock Tommy, con una straordinaria potenza espressiva. Rispetto ad alcuni concerti tenuti recentemente dal gruppo, gli Who hanno evidenziato una maggiore sensibilità interpretativa, tratteggiando qua e là e sul finale la consueta carica trascinante. Proporre brani come Sparks significa tradurre, nell’attualità, le note di un linguaggio riveduto e raffinato per ribadire una nota narrazione, con l’alone un po’ leggendario di quando la stessa storia viene recitata da un attore che frequenta il palcoscenico da quasi quarant’anni. Il rock degli Who non è vecchio, mi sia concessa questa sottolineatura a ragion veduta: lo si capisce proprio dal vivo quando Pete, Roger e John, insieme a un bravissimo Zak Starkey, non si accontentano di reincarnarsi testimoni di brani indiscutibilmente senza tempo, ma inventano e improvvisano cadenze lunghissime come quella di Won’t Get Fooled Again che, a un certo punto, ha strappato a Townshend alcune espressioni di stupore in quanto “forse, prima o poi, bisognerà pur chiuderlo questo ponte e finire la canzone!”. A prescindere da ciò, per qualcuno il momento migliore dei concerti degli Who resta quello in cui Pete imbraccia l’acustica e partono le note di Drowned, proposta in mix con I’m One, che anticipa il rientro degli altri musicisti nella solitudine di chi “supplica per poter affogare nell’amore”. E come se non bastasse, allora bisogna risentirli nei blues Summertime e Young Man questi Who, che la stampa britannica, a onor del vero, si è divertita a punzecchiare con sarcasmo per questa ennesima reunion. Per smentire i dubbi e la tiepida accoglienza, bastava esserci ed ascoltare. Siete ancora in tempo: gli Who inizieranno un tour negli Stati Uniti durante l’estate e sono previsti alcuni rientri nella loro. I concerti della RAH hanno concluso con la gradevole performance di Robert Plant che purtroppo ha deluso le aspettative finendo col non esibirsi insieme a Jimmy Page come previsto, pare a causa di un diverbio tra i due – miracolo! Peccato. Perché Page ha suonato come non lo si sentiva da un pezzo. E pensare che qualcuno va dicendo che il rock è morto.
16/05/2007
Teenage Cancer Trust
Londra, Royal Albert Hall, 5-9 febbraio 2002