30/06/2011

Un Americano a Parigi

Jim Morrison, il cantante del gruppo rock americano The Doors, è morto a Parigi all’età di 27 anni. È stato trovato nella sua vasca da bagno nel suo appartamento al 17 di Rue Beautreillis dalla fidanzata Pamela Courson. La diagnosi del dottore afferma che la causa della morte è stato un attacco di cuore aggravato dall’eccessivo bere. Il resto del gruppo – il tastierista Ray Manzarek, il chitarrista Robby Krieger e il batterista John Densmore – si trova al momento negli Stati Uniti”.
Il comunicato della Bbc prosegue con gli usuali dettagli biografici, soffermandosi sui diversi arresti subiti da Morrison per atti osceni in luogo pubblico e spiegando che il cantante si trovava a Parigi perché intenzionato a dedicarsi alla carriera letteraria. È il 5 luglio e “il resto del gruppo” ancora non ha avuto alcuna comunicazione ufficiale riguardo la morte del suo cantante. Non l’avrà per diversi giorni, a testimonianza del caos che avrebbe circondato la scomparsa di Jim Morrison.
Oltre a Pamela le uniche persone ad aver visto il cadavere sono i due dottori che si recano a fare l’autopsia, un paio di pompieri, qualche poliziotto e Agnès Varda, l’amica regista di Jim. Alain Ronay – amico di Jim Morrison sin dai tempi dell’università – è il primo a recarsi sul posto con Agnès, ma non ha il coraggio di guardare il corpo dell’amico morto. Lo fa invece lei, che descrive il volto di Jim come “tranquillo e sereno” immerso nell’acqua macchiata di sangue. Ma i dottori, i pompieri e i poliziotti non avevano nessuna idea di chi fosse il tipo nella vasca da bagno, e per quanto ne sappiamo potrebbero aver visto il corpo di chiunque. Nessuna autopsia è mai stata effettuata sul cadavere. È da queste circostanze che negli anni si sono sviluppate le tante leggende, paritarie a quelle che circondano la morte di Elvis Presley – con la differenza che il cadavere del re del rock’n’roll fu visto da centinaia di persone, ed è anche stato fotografato – che vogliono la morte del cantante dei Doors tutta una messa in scena per sfuggire l’ormai odiato mondo del rock e rifarsi una vita altrove. In Africa, come vuole la leggenda di Mr. Mojo Risin’ inventata dallo stesso Morrison quando era ancora in vita (qualche mese prima di trasferirsi a Parigi Jim aveva parlato lungamente con alcuni amici del desiderio di andare a vivere in Africa, fingere una falsa morte e inserirsi in qualche comunità di indigeni; avrebbe mandato un messaggio firmandolo appunto Mr. Mojo Risin’, un anagramma di Jim Morrison, che lui cita nel brano L.A. Woman), o sulle Ande, dove lo avrebbe incontrato qualche hippie flippato più del dovuto.
Avendo Morrison firmato il suo testamento il 12 febbraio 1969, in cui lasciava ogni suo avere a Pamela, è stato anche facile porre strampalate tesi su un possibile omicidio, qualcosa che ricorda un po’ le illazioni sul caso Courtney Love-Kurt Cobain. I due non si erano mai sposati secondo le normali consuetudini, ma Pamela ha sempre fatto appello all’episodio avvenuto ad Aspen, nel Colorado. Secondo una bizzarra legge dello Stato americano, infatti, è sufficiente che due persone si dichiarino amore eterno perché risultino legalmente sposate. Naturalmente nessuno tranne lei è stato in grado di provare che l’episodio sia realmente avvenuto.
Se Jimi Hendrix, Brian Jones e Janis Joplin furono vittime di una scarsa conoscenza degli effettivi pericoli dell’uso delle sostanze stupefacenti, tipico del periodo storico in cui vissero, il cantante dei Doors aveva espresso chiaramente nel corso della vita il desiderio di andare là oltre le porte della percezione, in numerose occasioni. “Diciamo che ho voluto testare i confini della realtà. Ero curioso di vedere cosa sarebbe successo. Tutto qua: ero solo curioso” avrebbe detto Jim Morrison poco tempo prima di morire. Perseguitato dal male di vivere (“Credo che la morte sia un’amica dell’uomo perché mette fine a quel grande dolore che è la vita”) che aveva le sue radici in varie motivazioni, Morrison aveva dedicato il suo tempo alla sfida con la vecchia signora.
Per decenni le fonti più attendibili sulle ultime settimane di vita e sulla morte del cantante dei Doors (ma anche sulla sua vita in generale) sono pervenute dai due bei libri scritti da Jerry Hopkins, Nessuno uscirà vivo di qui (in collaborazione con il giovane amico di Jim, Daniel Sugerman, la prima biografia in assoluto dedicata al poeta/cantante) e il successivo Jim Morrison: vita e parole del re lucertola. Se nel primo volume, come dirà lui stesso, Hopkins lascia volutamente avvolto nel mistero il decesso, per ignoranza di come si svolsero effettivamente i fatti – il libro uscì “solo” nove anni dopo la morte di Morrison – e anche per il gusto di alimentare qualche leggenda, nel secondo ha modo di esporre un po’ più concretamente quanto avvenne. È però grazie a Internet e alla enorme mole di informazioni disponibili sulla Rete che in anni recenti si sono potute finalmente avere testimonianze ed effettuare controlli incrociati su quanto avvenne la notte tra il 2 e il 3 luglio 1971, ad esempio grazie al lungo racconto che Alain Ronay ha concesso solo nei primi anni 90 dopo più di vent’anni di silenzio. Ed è quello che abbiamo cercato di ricostruire in queste pagine, riunendo le storie più interessanti e veritiere.

Era da tempo che Pamela insisteva affinché lei e Jim si recassero a Parigi. Sembra che la ragazza avesse più che una love story con un conte francese, un certo Jaime de Bretaille (o Jean De Bretiuiel, nessuno ha mai scritto il suo nome due volte nello stesso modo) che frequentava ormai da circa un anno. Ancor più dell’amore, Pam era attratta dal fatto che il conte era un eroinomane e uno spacciatore a tempo pieno. Marianne Faithfull, che aveva una relazione con il personaggio, lo ricorda come “una persona disgustosa. Ma aveva un sacco di droga. Si considerava il pusher delle star. Era questo che attirava me e Pamela verso di lui”. Naturalmente anche Jim, come ogni buon americano dai tempi dei cosiddetti espatriati, quei poeti e scrittori americani che negli anni 20 e 30 si trasferirono in gran numero nella città francese, e poi anche per i suoi vecchi amori letterali come Baudelaire, Rimbaud – anche lui morto in una vasca da bagno – e Verlaine, era attratto dalla capitale francese. Di più il grande amico Alain Ronay francese di nascita ma naturalizzato americano, gli parlava sempre della Francia e lui stesso vi si recava almeno una volta all’anno. In Francia Jim era già stato, un anno prima, in compagnia dell’amica e regista Agnès Varda, che viveva anch’essa parte dell’anno a Parigi. La giornalista Salli Stevenson, che vide Morrison poco prima che partisse, racconta: “C’era una cosa assolutamente incredibile nella sua passione per Parigi. Credeva sarebbe stato il luogo in cui avrebbe potuto essere se stesso, senza avere la gente che lo perseguitava e che lo costringeva a spettacolarizzare la sua vita, trasformandola in qualcosa che non era”.
Pamela parte per Parigi il 14 febbraio, giorno di San Valentino, accompagnata all’aeroporto da Jim. Deve cercare un appartamento dove i due, di nuovo in sintonia dopo un periodo estremamente critico (anche se in realtà una volta nella città francese avrebbero fatto spesso vita separata) sarebbero andati a vivere. Il nuovo disco dei Doors è quasi pronto, manca solo il missaggio e quando Jim comincia a dire che vuole raggiungere la donna, nessuno dei Doors si oppone. “Vai Jim” gli dice Ray Manzarek “stai pure a Parigi quanto vuoi. Ci occuperemo noi del missaggio di L.A. Woman”. Era dai tempi di Soft Parade che Morrison non si interessava più ai missaggi degli album.
Anche a proposito della partenza esistono supposizioni contraddittorie: si trattava di una semplice vacanza, un periodo di riposo? O era piuttosto un addio definitivo alla scena rock di Los Angeles, alla droga e agli eccessi? Robby Krieger ricorda che “parlava di Parigi da un bel po’ di tempo ormai. Dopo aver registrato L.A. Woman e adempiuto i suoi obblighi contrattuali, non c’era più nulla che potesse fermarlo. Se ne andò senza neanche dire un vero arrivederci. Disse solo che sarebbe volato a Parigi il giorno dopo e che sarebbe rimasto lì per un po’ di tempo”. John Densmore: “Disse ciao ciao e basta. Sono sicuro che intendesse tornare”. Nessuno dei Doors pensava che il gruppo fosse finito. Anzi. Cominciarono subito a provare nuove canzoni scritte da Krieger che avrebbero dovuto incidere al ritorno di Jim. Frank Lisciandro invece sostiene di aver avuto numerose conversazioni con Jim a proposito del fatto che per il cantante dei Doors i suoi giorni a Los Angeles erano finiti: “I suoi impegni discografici erano terminati con l’ultimo disco appena inciso. I problemi legati al processo di Miami sembravano finiti. Avevamo anche chiuso gli uffici della HWY Productions, la nostra casa di produzione cinematografica. Se ne stava andando per sempre. Quella particolare fase della sua vita e della sua carriera era finita”.

Jim arriva a Parigi l’11 marzo, sistemandosi con Pamela in una suite dell’elegante Hotel Georges V. Una settimana dopo si trasferiscono nell’appartamento della modella Elisabeth Lavriere, conosciuta da Pamela attraverso il suo giro parigino, al 17 di Rue Beautreilles. Nessuno è al corrente del suo arrivo: anche la sede francese della sua casa discografica, l’Elektra, scopre il fatto solo dopo la sua morte.
Dai racconti di Pamela il loro esilio parigino è idilliaco. Non è così. Sebbene per certi periodi Jim si sia impegnato veramente nella scrittura, riuscito a perdere qualche chilo (negli ultimi mesi Morrison era diventato, fisicamente, il classico ritratto dell’alcolista: ventre smisuratamente gonfio e aspetto trasandato), smesso di bere e si vestisse in modo ordinato, quasi da studentello universitario con le camicie dal colletto abbottonato e i maglioni a V, avrebbe ben presto scoperto qual era la particolare magia parigina, e cioè i suoi caffè e bistrot aperti giorno e notte dove era bello sedersi ai tavolini all’aperto. E bere, naturalmente. Pamela, peraltro, conduceva una sorta di vita parallela, lasciandolo solo anche per lunghi periodi per concedersi alla sua “brillante” vita fatta di amanti e di eroina. Morrison era anche un accanito fumatore e soffriva di forti attacchi di tosse asmatica, cosa che spesso gli faceva sputare sangue. Allarmata a questo proposito, agli inizi di aprile Pam lo porta da un dottore americano, ma Morrison continua imperterrito a fumare.
A Parigi Jim fa lunghe passeggiate per le strade della capitale francese: per i mercati all’aperto; all’Isle St. Louis, dove una volta c’era il cosiddetto Hashish Club, il ritrovo di Baudelaire e dei suoi amici; anche al Louvre. Secondo Pam torna a casa contento di quello che ha visto. Ama sostare in Place des Vosges, una piazza estremamente elegante dove visse Victor Hugo, e lì scrive molte delle sue poesie parigine.
I due fanno anche lunghe gite per il Paese. Agli inizi di aprile prendono a nolo un’automobile e, attraversando le città di Orléans, Tours e Tolosa, giungono fino in Spagna. Si fermano a Madrid, dove visitano il museo del Prado, poi vanno a Granada. Fino a giungere in Marocco, Casablanca e Marrakech. In tutto stanno via tre settimane e quanto questa specie di luna di miele sia stata serena o piena dei classici litigi che avevano caratterizzato la loro vita di coppia in California, non è dato sapere.
Tornati a casa, trovano che ZoZo, così si faceva chiamare la modella che aveva loro affittato l’appartamento, è tornata con diversi amici per qualche giorno. Prendono una camera all’hotel Beaux Arts, al 13 di Rue des Beaux Arts. Per pura coincidenza finiscono nella camera dove era morto il poeta Oscar Wilde. In quei giorni Jim è praticamente sempre ubriaco. La sera del 7 maggio sale sul balcone della camera e perde l’equilibrio: si schianta su una macchina parcheggiata lì sotto. Pamela, terrorizzata, corre di fuori per trovare Jim in piedi che, come se nulla fosse, si pulisce la polvere dalla giacca e se ne va altrove a bere nuovamente.
A maggio vanno anche in Corsica. Prendono un aereo fino a Marsiglia e qui Jim, evidentemente ubriaco, perde la patente, il passaporto e il portafogli. Sono costretti a tornare a Parigi per fare dei duplicati per giungere infine ad Ajaccio, in Corsica. Vi rimangono per dieci giorni ma in seguito Morrison si lamenta del fatto che ha piovuto sempre, tranne un giorno.
Intanto è uscito L.A. Woman, l’ultimo disco dei Doors in cui Jim Morrison è presente ancora in vita. Il disco riceve ottime recensioni e va dritto nei posti alti delle classifiche. Un giorno Jim telefona a John Densmore per chiedergli del disco e saputo dell’ottima accoglienza risponde: “Se alla stampa piace questo disco, che cosa penseranno del prossimo album che ho in mente.”. Sembra infatti che Jim avesse chiamato Bill Siddons proprio in quei giorni per dirgli che aveva voglia di tornare a fare musica. Che disco Jim Morrison avesse in mente nessuno lo saprà mai.
Tornati dalla Corsica, Morrison si immerge nella scrittura. È in questi giorni che prendono corpo le poesie che poi verranno pubblicate nei volumi Wilderness e The American Night. Jim decide anche di assumere una segretaria, una canadese alta e bionda, Robin Wertle.
Dopo circa un paio di mesi, nonostante qualche serataccia come quella che lo vede protagonista al Rock’n’Roll Circus – un tempo locale di punta della scena notturna parigina dove si recavano tutte le rock star di passaggio nella capitale francese, adesso solo il ritrovo di sfigati e spacciatori – in cui si ubriaca smodatamente, viene coinvolto in una rissa e minaccia di mettersi a nuotare nella Senna, sembra veramente stia tornando in pace con se stesso. Si dimostra interessato a scrivere (per questo aveva preso una segretaria, che lo aiutasse a tenere ordine nella sua confusa produzione) e vuole anche dedicarsi nuovamente al cinema. Mentre Pamela continua a frequentare le sue compagnie di vip e snob eroinomani, che Jim odia, lui si concede qualche serata ad esempio con Rory Flynn, la bellissima figlia dell’attore Errol che aveva già conosciuto a Los Angeles ai tempi delle prime esibizioni al Whisky A Go Go e che adesso fa la modella a Parigi.
Una sera di giugno Pamela invita un amico a casa. I tre cenano insieme e Jim gli racconta che gli è stata offerta una parte nella versione cinematografica di Afferra la mia anima, un musical ispirato all’Otello che era andato in scena con Jerry Lewis a Los Angeles. Nel cast del film c’è, fra gli altri, Tina Turner. Dice che gli è stata offerta una parte anche in un film con Robert Mitchum, in Perché siamo in Vietnam?, scritto dal noto scrittore anti establishment Norman Mailer. Dice di avere intenzione di rifiutarle entrambe perché preferisce dedicarsi alla scrittura. L’amico di Pamela collabora con la rivista rock Crawdaddy e scrive un pezzo: “Jim sta bene come non lo vedevamo da tempo e sicuramente sta meglio che nel periodo del processo di Miami. Dice di aver smesso di bere, è considerevolmente dimagrito ma il cibo francese ha imposto il suo pedaggio e lui non ha ancora riguadagnato il look della scarna ombra dal passo svelto fasciata di pelle del colore della liquirizia che si aggirava in caccia per Los Angeles sotto le sembianze del Re Lucertola”.
La forte tosse accompagnata da fiotti di sangue continua: a metà giugno Jim si reca nuovamente da un dottore. Gli viene ordinato di abbandonare immediatamente fumo e alcol, e in effetti sembra che nelle restanti due settimane Jim smetta quasi del tutto di bere.

Primo luglio. Parigi è colpita dal tipico caldo afoso metropolitano già da qualche giorno. Cercare di disintossicarsi dalle droghe o dall’alcol da soli senza l’appropriato sostegno medico e psicologico non è mai una buona idea. Oltre a eventuali problemi fisici collaterali che spesso si manifestano in situazioni non adeguatamente sorvegliate, anche l’umore può subire grossi sbalzi, inducendo i soggetti a forti crisi depressive. Il caldo appiccicoso non aiuta certamente.
È una crisi depressiva quella che comincia ad attanagliare Jim Morrison proprio quel giorno. Cerca di scrivere per rompere il cerchio che lo stringe sempre più, ma si rende conto che quel che produce non è alla sua altezza. Sia Pamela che l’amico – quasi sempre presente – Alain sono evidentemente preoccupati perché la forte tosse accompagnata da occasionali fiotti di sangue non cessa. Cercano di distrarlo.
Quella sera lui e Pamela vanno a cena al ristorante Le Beautreillis. Hanno un forte litigio e due studenti tedeschi, seduti allo stesso tavolo, capiscono chi sono i loro commensali. Jim si alza e se ne va, Pam paga sbottando con un “Fanculo, Jim Morrison”.
A proposito del 2 luglio le versioni cominciano a differenziarsi. Pamela sostiene di essere stata a cena con Jim e Alain, questi dice di aver passato tutta la giornata da solo con lui, cena inclusa. Nel racconto di Alain, che si decide a narrare gli eventi per la prima volta solo vent’anni dopo la morte di Morrison, Jim è in condizioni tragiche. Tossisce continuamente, è pallido e del tutto taciturno. Alain racconta che a un certo punto Jim chiude gli occhi per qualche secondo: osservandolo attentamente, l’amico rimane di gelo notando come il volto del cantante assomigli tremendamente a una maschera mortuaria. Jim, aperti gli occhi e notando lo sguardo angosciato di Alain, gli avrebbe chiesto: “Che cosa hai visto?”. “Nulla, Jim” risponde questi.
Dopo cena, preda della depressione sempre più incalzante, Jim insiste nel voler mandare un telegramma al suo editore, a proposito della copertina della nuova edizione economica di The Lords And The New Creatures. Non vuole che venga usata ancora la foto giovanile del sex symbol, quella che aveva scattato anni prima Joel Brodsky. Vuole che venga usata quella fatta da Edmund Teske, in cui appare con la lunga barba di qualche mese prima. Per uno sciopero però gli uffici postali sono chiusi.
Sempre secondo il racconto fatto da Alain, dopo cena Jim lo implora più volte in modo apertamente apprensivo di non lasciarlo solo. Alain ha un appuntamento con Agnès Varga e cerca in tutti i modi di liberarsi. È sempre più angosciato: in tanti anni di amicizia con Jim, non lo ha mai visto implorare in quel modo. Alain riesce a liberarsi solo verso le 6 e mezza del pomeriggio, Jim lo ha seguito fino all’ingresso della metropolitana, poi si è seduto in un caffè lì vicino. Mentre Alain comincia a scendere le scale, si volta per guardare l’amico. Jim è voltato di profilo ma improvvisamente, come avesse avvertito lo sguardo su di lui, si volta e gli sguardi si incrociano. Alain infila le scale. Non avrebbe più rivisto Jim da vivo.

Quello che succede in seguito è ancora materia di speculazione. Secondo Pamela e la sua teoria a proposito dell’essere stata presente alla cena, lei e Jim vanno insieme al cinema a vedere Death Valley. Secondo Alain, Jim va al cinema da solo a vedere il film Notte senza fine con Robert Mitchum. Altri, i tossici del Circus, dicono che si reca nel locale, si inietta una dose di Cina bianca, l’eroina purissima che gira quell’estate a Parigi e che ha già causato diversi morti, e muore di overdose nel bagno del locale. Alain Ronay racconta di essersi svegliato di soprassalto la mattina del 3 luglio alle 6 circa – l’ora in cui Pamela trova il corpo senza vita di Jim nella vasca da bagno -, convinto che il telefono stia squillando. Si rimette a dormire quando alle 8 una vera telefonata lo costringe a rispondere. È Monique Godard, un’insegnante di yoga che lui ha presentato a Jim. Gli dice che sta partendo da Parigi e che non può recarsi all’appuntamento previsto con Morrison per cominciare la terapia di yoga che il cantante sembra avesse richiesto. Gli dice anche di portare al più presto  Jim da un dottore: dalle condizioni in cui l’ha trovato quando si sono conosciuti, quell’uomo deve essere seriamente malato. Pochi minuti e il telefono suona di nuovo. È Pamela: “Jim è senza sensi e perde sangue. Chiama un’ambulanza, io non conosco il francese. Presto”. La ragazza sta singhiozzando: “Credo che stia morendo”.
Alain corre da Agnès, con cui vive. Chiamano un’ambulanza e si recano a casa di Jim e Pam. Quando arrivano, c’è già la polizia e un dottore. Pamela è sconvolta e in lacrime. Alain non ha il coraggio di entrare in bagno, non vuole vedere l’amico morto. Nota in camera da letto gli stivali di Jim, il destro vistosamente avanti rispetto al sinistro, come se qualcuno avesse fatto dei passi. Era uno scherzo che ai tempi dell’università Jim amava fare spesso.
Alain dice a Pamela di non rivelare la vera identità di Jim, o si sarebbe scatenato l’inferno della stampa. Dichiarano alla polizia trattarsi di Douglas James Morrison, un poeta americano. Il commissario li guarda perplesso. “Strano che un poeta potesse permettersi un appartamento del genere”. Pamela comincia a raccontare la sua versione dei fatti.
Secondo quanto raccontato da Pam sin dal primo momento, quella sera, dopo aver cenato, essere stati al cinema e guardato un po’ di televisione, Jim si era messo ad ascoltare tutti i dischi dei Doors, dal primo all’ultimo. Quindi raggiunge la fidanzata che è già a letto e, una volta addormentato, ha serie difficoltà respiratorie. Lei lo sveglia per paura che possa soffocare nel sonno ma lui, come suo solito, chiede di non chiamare nessun dottore. Dice che si sarebbe fatto un bagno caldo ma una volta nella vasca chiama la ragazza in preda al vomito. Pamela riempie ben tre secchi di vomito, gli ultimi due contenenti sangue. Dopo un po’  Jim sembra essersi ripreso e, secondo Pamela, ha anche riacquistato colorito, la tranquillizza dicendole che sarebbe rimasto ancora un po’ nella vasca per riprendersi del tutto. Secondo varie teorie mediche una persona in quello stato non sarebbe mai dovuta rimanere in una vasca di acqua calda, dal momento che avrebbe solo peggiorato la condizione. Pamela si riaddormenta per svegliarsi di soprassalto verso le 6 del mattino. Accortasi che Jim non è al suo fianco, si sarebbe diretta subito in bagno dove lo avrebbe trovato ancora nella vasca, il capo gentilmente reclinato da una parte e il braccio destro a penzoloni fuori della vasca. Inizialmente, quando lui non risponde alle sue richieste di svegliarsi, crede che Jim le stia facendo uno dei suoi soliti scherzi – non sarebbe stata la prima volta che si finge morto – anche perché l’espressione sul viso è quasi quella di un sorriso e si è anche rasato di fresco. Poi nota del sangue che gli cola da una narice mentre l’altra è bloccata da un grumo anch’esso di sangue. Avrebbe provato a tirarlo fuori, ma il massiccio fisico dell’uomo glielo avrebbe impedito. Allora sarebbe corsa al telefono a chiamare Alain prima e dopo il conte, chiedendo aiuto.
“Morire dissanguati è indolore. Non si deve neanche essere accorto di ciò che stava succedendo” le avrebbe detto Agnès Varda cercando di consolarla.

Secondo la versione di Alain, a questo punto arrivano sul posto anche il conte Jean e un amico, che lui scaccia, temendo che la presenza sul posto di due noti spacciatori possa invischiare Pamela con la polizia. Secondo quanto avrebbe dichiarato il conte qualche anno dopo, prima di morire per overdose lui stesso, Pamela lo avrebbe chiamato prima di chiunque altro.
Il conte era comunque in partenza alla volta del Marocco proprio quella mattina con la sua compagna Marianne Faithfull: secondo quanto lei avrebbe dichiarato anni dopo, le avrebbe confidato che Morrison era morto per overdose di eroina. Come faceva a saperlo?
Il primo dottore giunto sul posto – sembra un personaggio che Pamela conosceva di persona – esamina Jim per pochi minuti, dandole il permesso di recarsi in comune a ritirare il certificato di morte “per arresto cardiaco”. Nel pomeriggio giunge un secondo dottore, chiamato dalla polizia, il corpo di Jim intanto è stato posto sul letto della coppia. Anche il suo esame è estremamente rapido, arrivando a meravigliarsi come un giovane con un fisico così muscoloso e in buona forma sia potuto morire in una vasca da bagno. Non vede segni di punture di siringhe e dichiara che la morte è dovuta ad arresto cardiaco. La polizia però non intende chiudere le indagini e ordina che il corpo rimanga nell’appartamento.
Il caldo afoso non è un buon amico in tali condizioni. Verso sera un impiegato delle pompe funebri si presenta con una scorta di ghiaccio per cercare di fermare la decomposizione fino a che le indagini siano finite. Nei due giorni seguenti tornerà numerose volte con nuovo ghiaccio, ma il suo consiglio è che nessuno rimanga nell’appartamento: il caldo ben presto renderà tutto molto penoso. Nonostante questo, sembra che Pamela abbia dormito nelle tre notti seguenti a fianco del suo Jim.
Solo la mattina del 5 luglio Pamela si decide a chiamare il manager dei Doors, Bill Siddons, più che altro perché ha bisogno di soldi. Siddons chiama Ray Manzarek che appare perplesso: le voci della morte del suo cantante nel corso degli anni sono state talmente tante che ordina al manager di prendere subito un aereo per Parigi per andare a verificare i fatti. Siddons riceve una telefonata anche dal presidente della Elektra inglese a proposito delle voci che stanno cominciando a circolare, certamente messe in giro dal conte e dalla Faithfull ma, sembra, anche da uno dei dj del Circus che avrebbe annunciato la morte di Jim al pubblico presente in sala la notte stessa tra il 2 e il 3 luglio.
Quando, la mattina del 6 luglio, Siddons entra nell’appartamento trova che la bara è già stata chiusa e sigillata: la polizia ha deciso che non vale la pena sprecare altro tempo per proseguire le indagini. Quantomeno bizzarro. Siddons aspetterà il 9 luglio prima di fare un comunicato stampa ufficiale per annunciare la morte di Jim Morrison. Perché?
Manzarek, che per quasi tutti gli anni 70 avrebbe continuato a sostenere che Jim Morrison non era morto e che sarebbe tornato da un momento all’altro, al ritorno di Siddons lo investirà come una furia: in quella cassa avrebbe potuto esserci qualunque cosa, dice. Gli altri due Doors si mettono invece subito l’animo in pace. Bye bye Jim. Sembra che quel pomeriggio i tre se ne siano andati in studio a registrare nuova musica.

Jim Morrison sarebbe sopravvissuto se non fosse andato a Parigi? Probabilmente no. La sua morte, anche se nessuna autopsia fu mai eseguita, è certamente dovuta al crollo di un fisico debilitato da anni di abusi, ma è anche vero che le grandi aspettative di Jim per l’avvio di una brillante carriera di scrittore in terra di Francia e gli scarsi risultati che stava ottenendo in tal senso potrebbero averlo condotto a una crisi depressiva che altrimenti non si sarebbe scatenata. Il fatto che lui abbia sempre rifiutato di seguire qualunque consiglio medico potrebbe essere l’indicazione che Morrison avesse deciso di compiere un lento suicidio – nonostante gli sbalzi umorali di entusiasmo che abbiamo visto lo avevano colto spesso durante il soggiorno francese – lasciandosi andare finché il corpo non avrebbe più retto. Il vomito a base essenzialmente di sangue che lo colpì nelle prime ore del 3 luglio potrebbe indicare che la ferita nei suoi polmoni, causata anni prima da una caduta da un balcone del Chateau Marmont di Los Angeles, si fosse riaperta per via della forte tosse che lo perseguitava. Un altro motivo del forte rigetto di sangue potrebbe essere un’ulcera allo stomaco, caso classico in ogni buon alcolista. Il bagno caldo avrebbe fatto il resto. Un’altra teoria potrebbe prevedere che il cantante avesse mischiato le pillole che prendeva contro la tosse asmatica con abbondanti dosi di alcol. Secondo teorie scientifiche anche una piccola dose di queste pillole unita all’uso di alcolici, specialmente in un fisco debilitato come il suo, causa la morte.
Ci sono due teorie invece sulla possibile morte per overdose di eroina, avvalorate dal fatto che il suo corpo è stato trovato in una vasca da bagno, rimedio spesso usato per rianimare chi sta collassando per overdose. La prima è la meno veritiera, perché contiene alcuni punti deboli. Dopo la cena del 2 luglio, il cantante si sarebbe recato al Circus, avrebbe acquistato una dose di Cina bianca, se la sarebbe iniettata e quindi sarebbe morto di overdose nel bagno. I tossici che erano con lui lo avrebbero dunque portato in gran fretta nel suo appartamento per evitare grane e qui immerso nella vasca da bagno nel tentativo di rianimarlo. Non si capisce perché Pamela non avrebbe sostenuto tale tesi che peraltro l’avrebbe sgravata completamente dai sospetti che le sarebbero caduti addosso, quantomeno quello di non aver fatto abbastanza per evitarne la morte tornando a dormire mentre lui aveva problemi di respirazione e continuava a vomitare sangue. Inoltre, sebbene consumatore accanito di quasi qualunque droga fosse stata scoperta, Morrison era sempre stato contrario all’eroina, che peraltro aveva provato alcune volte. Manzarek sostiene poi che Morrison aveva anche terrore delle siringhe. Sugerman dice che Morrison “conosceva i tossicodipendenti e non gli piacevano affatto”. Spesso aveva litigato con Pamela per il suo forte uso di eroina, cosa che lei cercava sempre di nascondere.
La seconda teoria a proposito dell’overdose è invece più plausibile, e Pamela stessa l’ha in un certo modo ammessa. Jim era un forte consumatore di cocaina, ed essendo tornato a casa quella sera mentre la ragazza si stava preparando una dose di eroina, lei, per evitare un nuovo litigio, gli avrebbe detto trattarsi di cocaina. Che lui avrebbe sniffato con piacere. Ma in quanto consumatore di cocaina abituale e grande esperto di droghe, il cantante si sarebbe dovuto subito accorgere della differenza, a meno che non l’avesse vista come il modo tanto cercato per completare il suo disegno di suicidio. Secondo Sugerman, ex tossicodipendente lui stesso, invece “è molto facile che il compagno di un’eroinomane finisca prima o poi per indulgere anche lui negli stessi abusi. La Cina bianca che circolava a Parigi in quei giorni, poi, aveva già fatto dozzine di morti. E se un tossico abituale non la reggeva che possibilità poteva avere di sopravvivere un completo novizio?”.
Ci sono poi le favolette, più o meno divertenti. Qualche ben informato ha sostenuto a lungo che Morrison sia stato ucciso dalla Cia (o dalla Fbi, fate voi) per via della sua personalità sovversiva. Se è vero che molte rock star (vedi John Lennon) in quel periodo storico erano sotto il controllo di Fbi e Cia – lo stesso Morrison dopo i fatti di Miami era ovviamente nei loro fascicoli -, non risulta a tutt’oggi che nessuna di esse sia mai stata uccisa da parte del governo americano. Riuscivano molto meglio ad eliminarsi da sole. Si dice addirittura che Pam sia stata pagata dalle agenzie governative per uccidere Jim e che poi, affranta dal rimorso, sia stata sul punto di rivelare tutta la verità quando, naturalmente, i men in black hanno prontamente provveduto a eliminare fisicamente anche lei con l’overdose che la uccise il 25 aprile 1974.
Si passa quindi al delirio puro: quando il suo cadavere è stato ritrovato, la pelle, a livello del cuore, era completamente sfigurata da una grossa contusione color porpora, come se fosse stato preso a pugni più volte; i suoi occhi erano stati strappati affinché la sua anima potesse volare via libera dai tormenti esistenziali; una famosa cantante inglese, la cui bellezza era ormai stata rovinata da una tossicodipendenza esagerata (Marianne Faithfull?), sarebbe entrata nell’appartamento e avrebbe iniettato una dose di purissima Cina bianca nel suo braccio; il pene di Jim Morrison era tutto scorticato a causa di una violenta masturbazione che gli avrebbe causato un infarto; una delle sue tante amanti, dall’America, avrebbe operato un rito voodoo transoceanico per ucciderlo per vendetta; lo spirito dello sciamano indiano che Jim aveva visto morente nell’incidente in New Mexico (vedi capitolo 1) che era entrato allora nel suo corpo, lo aveva abbandonato da pochi giorni, lasciandolo privo di qualunque forza fisica e mentale. E altre amenità del genere. Una cosa è certa: qualcuno, alcuni giorni dopo la morte di Jim Morrison, andò nella banca di Los Angeles dove era accreditato il suo conto, a ritirare una grossa somma di denaro. L’impiegato della banca ha sempre detto trattarsi dell’intestatario del conto, il signor Jim Morrison, che peraltro lui non conosceva di persona.

Il funerale si tiene la mattina del 7 luglio alle 8 e 30. Alain è riuscito a comprare uno spazio al Père-Lachaise, che Morrison aveva visitato solo pochi giorni prima della morte con l’amico. Quando era uscito dal cimitero aveva commentato: “Tornerò presto”. Tutta la cerimonia è in gran segreto e si svolge in fretta e furia. Sul certificato di morte del musicista, Pam appare come la cugina, mentre nel rapporto dell’ambasciata americana si dichiara la fidanzata. Viene sepolto nella sesta Divisione, lotto numero 2, tomba numero 5. Sono presenti Bill Siddons, Agnès Varda, Alain Ronay e Robin Wertle. Pamela pronuncia alcuni versi a voce bassa che nessuno capisce, dicendo che Jim aveva chiesto in passato che al suo funerale fosse recitata della poesia. Presente per caso è un’altra persona, la signora Colinette.
Anni dopo intervistata da una televisione tedesca per uno speciale su Morrison, avrebbe detto: “Fu una cerimonia miserabile. Tutto venne fatto in fretta, in pochi minuti. Non c’era neanche un prete, e tutti se ne andarono immediatamente”. Bill e Pam volano il giorno stesso a Los Angeles.
Un anno circa dopo la morte di Jim Morrison, Ray Manzarek ha finalmente l’occasione di incontrare Pamela. Succede in un locale di Sausalito. “Era il momento che avevo tanto atteso per sapere da lei cosa veramente accadde quella notte del 3 luglio dell’anno prima” racconta il tastierista. “Ma lei mi scoppiò a piangere tra le braccia. Conoscevo quella ragazza sin dal 1966, l’ultima cosa che potevo fare era un interrogatorio. Scoppiai a piangere anch’io”. Manzarek non avrebbe mai più avuto la possibilità di incontrarla.
Ci sono teorie contrastanti anche sulla morte della ragazza, avvenuta il 25 aprile di tre anni dopo a Hollywood, comunque per overdose di eroina. Due settimane dopo, per ironia della sorte, avrebbe ottenuto la tanta desiderata eredità completa di Jim Morrison dopo anni di dure battaglie legali con i Doors sopravvissuti.
Jim Morrison al momento della morte aveva 27 anni. Proprio come Brian Jones (e Jimi Hendrix, Janis Joplin e più avanti anche Gram Parsons e Kurt Cobain) quando morì: il 3 luglio 1971 era il secondo anniversario della sua morte.
Forse quegli stivali abbandonati in camera da letto nell’appartamento di Jim e Pam, come se qualcuno stesse ancora camminando, li aveva lasciati l’ex membro dei Rolling Stones, dopo essere venuto a chiamare Jim. Ricordate quel verso di The End? “L’assassino si è svegliato prima dell’alba / Ha messo i suoi stivali / Ha preso un volto dalla vecchia galleria / E si è messo a camminare nell’androne”. In fondo per lui Morrison aveva scritto la bella Ode To L.A., While Thinking Of Brian Jones, Deceased. E tutti e due erano morti nell’acqua: uno in una piscina, l’altro nella vasca da bagno. Coincidenze? Forse Brian Jones, in un moto di riconoscenza, era venuto dall’al di là a prenderlo per portarselo via con sé.
Paradiso o inferno, scegliete voi.

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