15/05/2007

Un americano a Roma

Sentite questa: uno dei film più costosi e tribolati della recente storia di Hollywood, che ha come tema gli scontri tra due gang nella New York di metà Ottocento, è diretto da un regista leggendario (celebre, oltre che per la sua arte, anche per una ‘cultura rock’ davvero ragguardevole) che decide di ingaggiare come consulente musicale un italiano. Che vive a Roma, che non è famoso, che non gode di protezioni politiche né ha particolari santi in Paradiso.

Sembra una favola. Ma non è così.

Gangs Of New York, la pellicola di Martin Scorsese (con Leonardo Di Caprio, Daniel Day Lewis e Cameron Diaz) di cui da tempo si parla e che dovrebbe uscire nei nostri cinema alla fine di questo mese, ha avuto tra i suoi consulenti artistici Mariano De Simone, un giovanotto romano ultracinquantenne, da sempre innamorato dei suoni della tradizione americana.

“Capisco bene la meraviglia”, dice Mariano, “io stesso, al momento, mi sono stupito. Proviamo però a pensare ai problemi operativi: il film, per buona parte, è stato girato a Cinecittà. La produzione necessitava di qualcuno che avesse sottomano tutti i materiali per poter di volta in volta adattare le musiche. Un consulente statunitense avrebbe dovuto portarsi con sé tutto il proprio archivio. Forse, era più facile e funzionale trovare qualcuno in loco.”

De Simone sembra avere il profilo ideale. Musicista e musicologo, Mariano è dalla fine degli anni 60 che si occupa in modo serio e scrupoloso di country music e dintorni. “Nel 1967, quasi per caso”, ricorda, “ho scoperto la musica folk di Woody Guthrie e Pete Seeger. Prima suonavo il basso in un complesso beat. Sono rimasto subito affascinato da quei suoni di banjo, mandolino e chitarra acustica. E da allora, non li ho più abbandonati”.

Dopo essersi impossessato (altro colpo di fortuna) di un banjo Gibson degli anni Trenta che giaceva impolverato in un retrobottega, De Simone si dedica alla scoperta del nuovo universo sonoro. Dopo aver studiato tecnica e stile, riesce a mettere in piedi un repertorio solista. Si esibisce in un locale romano e lì conosce Stefan Grossman (allora residente in Italia), autentico maestro di fingerpicking. “Subito dopo”, ricorda, “è iniziata la mia frequentazione del Folkstudio di Giancarlo Cesaroni dove, tra gli altri, ho incontrato Andrea Carpi e Luigi Grechi con cui ho formato un trio nel 1972 che sembrava la risposta italiana a Crosby, Stills & Nash. Poi è nata la Hillbilly Stringband con Stefano Ciacci e Pierpaolo Guardigli, forse il primo gruppo che, in Italia, ha suonato in modo corretto e continuativo old time & bluegrass. Verso la fine degli anni 70, è partita la straordinaria esperienza con gli Old Banjo Brothers.”

Insieme a loro Mariano incide uno dei migliori album di bluegrass made in Italy e partecipa a rassegne e festival. Per cinque anni si esibisce un po’ ovunque consolidando il suo profilo di ‘americanologo doc’. “Chiusa l’avventura con Stefano Tavernese e gli Old Banjo Brothers, mi sono rimesso a suonare da solo. Nei cinque/sei anni successivi mi sono rituffato nel patrimonio popolare nordamericano con qualche divagazione nel territorio celtico. Dal 1998 ho un duo insieme a Edoardo Palermo: suoniamo old time & bluegrass.”

Insomma, De Simone è uno che, come si diceva una volta, affianca la pratica alla grammatica. Ecco perché (attraverso Marcello De Dominicis del Folk Club di Latina), la produzione di Gangs Of New York si mette in contatto con lui. Siamo nella primavera del 2000. “Nel corso del primo incontro, uno degli assistenti di Scorsese è rimasto letteralmente sbalordito dal materiale che gli ho portato: non riusciva a credere che in Italia ci potesse essere qualcuno che aveva dedicato la vita allo studio di musiche e culture radicate nell’altra parte del mondo.” La collaborazione parte subito. E si concretizza nell’autunno-inverno 2000/2001. “La maggior parte del lavoro si è svolta a casa mia, dove ho tutto il materiale: libri, registrazioni, strumenti. La produzione mi ha fornito il copione del film più il dettaglio di una serie di scene nelle quali era prevista musica dal vivo. Questo è stato il mio compito principale: non un commento sonoro, dunque, ma un’azione musicale vera e propria che si doveva svolgere in tre locali ambientati nei pressi della Bowery.”

Le ricerche di De Simone sono intense e approfondite. “Le mie proposte dovevano soddisfare due condizioni: la pertinenza storica – il periodo del film va dal 1848 al 1865 – e lo spirito delle scene. Una volta identificate le musiche giuste, le registravo insieme ad altri musicisti e portavo i nastri alla produzione. Ovviamente, il tutto era corredato da note storiche e tecniche.” Il rapporto è sempre stato con gli assistenti alla regia. “Con Martin non ho mai potuto parlare. Lo vedevo sul set, lui mi ha sempre salutato in modo caloroso. Ma poi quando si cominciava a parlare di lavoro subentrava uno dei suoi tre assistenti. Nel mio caso, l’italiano Inti Carboni.”

“Scorsese ha sempre analizzato con cura il materiale che gli ho proposto”, continua De Simone. “A lui era particolarmente piaciuto un pezzo in cui suonavo l’hammer dulcimer. Ed era rimasto colpito dal mio look: lo trovava perfettamente in linea con il periodo storico del film. E quindi ho anche girato un paio di scene. In una compaio per cinque secondi in primo piano. Bene, per questo primo piano hanno perso tre giorni, dalla mattina alla sera, con un’intera troupe che doveva girare solo questa scena. Questo per dire a che livello di maniacalità Scorsese ha realizzato il progetto.” Per girare il film ci sono voluti sette mesi; in più, un anno e tre mesi per il montaggio. “Non ho visto ancora nulla. Top secret. Addirittura, mentre venivano girate alcune scene il set era off limits.”

Intanto, le esperienze di Mariano (ma soprattutto le lunghe ricerche fatte su quel periodo della musica nordamericana) sono diventate un libro: si chiama Doo-dah! Doo-dah! (Arcana Musica). La pubblicazione è prevista per fine gennaio, in coincidenza con l’uscita italiana di Gangs Of New York. Già perché De Simone, sin dalla fine degli anni 70, è uno che non solo scrive articoli, recensioni e approfondimenti su riviste specializzate, ma è anche autore di libri importanti: come quello sulla country music (ristampato pochi anni fa da Castelvecchi), a tutt’oggi la miglior pubblicazione in italiano sull’argomento. Intanto, per non perdere l’allenamento, Mariano pubblica in questi giorni un suo nuovo cd, Celtic Lands, terre celtiche, in cui, come dicono le note di copertina, “seguendo un percorso inverso rispetto a quelli dei flussi migratori che portarono dall’area anglo-scoto-irlandese verso l’America, si è spostato dal proprio interesse principale, la country music, per dedicarsi alla composizione di brani centrati su sonorità ed atmosfere celtiche”.

Complimenti.

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