21/06/2007

UN LETTORE ‘CRITICO’

 Questa rubrica raramente si apre a contributi esterni. È successo, se ricordo bene, solo due o tre volte. Mai, prima d’ora, ha ospitato i commenti di un lettore, anche perché, avendo uno spazio dedicato a ciò (Jam Anch’io), generalmente è lì che indirizziamo proteste, suggerimenti, indicazioni o quant’altro giunga dalla vostra corrispondenza.

Questa volta, però, si è voluta fare un’eccezione. Primo, perché la lettera di Massimo Bianchi da San Donato Milanese espone in modo equilibrato e lucido la posizione di un lettore ‘critico’ nei confronti di una rivista specializzata. Secondo, perché i contenuti di questa stessa lettera penso possano rappresentare lo spunto ideale per aprire un contraddittorio con tutti gli interessati.

 

Egregio Direttore,

non ho mai scritto ad alcuna redazione prima d’ora, ma quando si tratta di ringraziare mi sembra giusto farlo. La sua è una bella rivista sia dal punto di vista grafico che per contenuti, scritta con quella giusta enfasi da appassionati che non vi fa perdere però la capacità di essere critici.

Una grossa difficoltà nel panorama delle riviste musicali è trovare chi, senza espliciti interessi di bottega (intesi anche come negozio…), sappia argomentare in buon italiano dando informazioni utili all’approfondimento sia del musicista che dei brani musicali.

A 45 anni suonati, cerco da tempo la possibilità di leggere un pezzo di informazione musicale per intero con il piacere di accrescere le mie conoscenze e non dovermi limitare al titolo e alla parte finale dell’articolo (che di solito riassume i concetti) saltando la solita sparata di giudizi che hanno il valore di quelli del mio panettiere (con tutto il rispetto per la categoria), scritti da un fan che prova a fare il critico imitando lo stile iperbolico e visionario che solo il primo Bertoncelli degli anni 70 (Guccini docet) poteva fare, perché il primo e poi capace.

Mi permetta però alcune considerazioni.

Ascolto e compro tanta musica, sono cresciuto seguendo le indicazioni di voi critici, ma ad un certo punto all’ansia giovanile di avere subentra un più spiccato desiderio di conoscenza. Non mi interessa più sapere tutto quello che viene pubblicato o il giudizio emotivo del critico, ma piuttosto quanto sta attorno al nuovo lavoro di un musicista e mi aspetto che la critica sia ancorata ai fatti esposti.

Fare questo è ovviamente molto più difficile che riportare solo le proprie emozioni, ma penso che una testata debba porsi l’obiettivo di che target vuole raggiungere e nel panorama qualunquista che c’è in giro, voi siete, secondo me, sulla strada giusta.

Perché, però, non aumentate e approfondite gli articoli retrospettivi che permettono di rileggere il percorso di un musicista? (Anche uno al mese sarebbe sufficiente.) Questo sarebbe più rispettoso nei confronti di chi viene criticato, aiuterebbe i giovincelli a capire da cosa deriva la nuova musica che ascoltano e sicuramente sarebbe interessante anche per quelli come me.

Gli approfondimenti potrebbero non necessariamente essere legati ad un solo genere musicale, visto come tra essi ora si compenetrano.

Leroi Jones con il libro Il popolo del blues ha reso possibile, anche ad un profano quale sono, di incunearsi nel mare magnum del jazz, che grazie a lui sono riuscito a capire meglio; mi ha presentato le scuole, gli stili, i periodi storici. E lui è un sociologo, non un critico musicale.

Perché non invogliare, senza fare troppa accademia, anche chi ascolta solo rock alla conoscenza di altre forme di espressione musicale? O meglio, perché non fargli capire come ciò che ascolta abbia avuto determinate influenze?

Sicuramente riviste straniere come Mojo possono essere interessanti, ma chi ha voglia di leggersi un pacco del genere ogni mese? Essere critici e informativi non significa essere lunghi, anzi. La caratteristica di un buon comunicatore è dire poco, di sostanza e con chiarezza.

Riviste come Il Buscadero, Rockerilla, Musica Jazz peccano tutte di qualunquismo, non ti permettono di capire se quello che il critico sostiene ha qualche fondamento o no. E in questo marasma in cui i generi musicali si mischiano continuamente, chi se non il critico ha il dovere di darti gli strumenti per conoscere e capire, ma con la tua testa?

Ritengo che esista un pubblico a cui non interessi più solo una semplice fotografia di ciò che ora è (ecco la nuova uscita, cià che te la presento raccontandoti le mie… vibrazioni), ritengo che un’espressione musicale sia anche il risultato non solo di emozioni da ritrasmettere con gergo più o meno poetico, ma anche frutto di scelte da parte dell’autore (dei testi, ad esempio, si dice sempre molto poco).

Ora rispetto a vent’anni fa siamo subissati di informazioni di cui alla fine hai il rigetto se qualcuno non ti aiuta a legarle e dare a tutto quanto un corpo. Fare i critici vuol dire prendere posizione altrimenti non si è tali, si è solo dei parolai.

Conosco personalmente Fabio Treves e lo ritengo, per professionalità e umanità, proprio una brava persona, ma i suoi spazi sulla rivista mi fanno sentire tanto Venerdì che ascolta il suo Robinson Crosue raccontare dei bei tempi che furono. Un musicista attivo e partecipe alla scena blues (non solo italiana) potrebbe dire di più, per esempio introdurti all’ascolto dell’armonica, parlarti degli stili, delle tecniche dei vari strumentisti, ecc.

Per avere una rivista meno di consumo e più di consultazione perché non fate un indice (tipo Record Collector) di chi e dove avete scritto? Ora, con i sistemi di impaginazione elettronica non penso sia molto difficile ottenerlo automaticamente.

Ritengo doveroso terminare facendo i complimenti a chi scrive: trovo che le vostre critiche siano veritiere ed è bello poter seguire i vostri consigli sugli acquisti a scatola chiusa senza beccarsi delle fregature. Chiudo anch’io come lei (su Jam 26): peccato che fra la varie testate non vi sia la minima collaborazione… ma forse, aggiungo io, perché si fa tutto per vendere e troppo poco per crescere.

Massimo Bianchi

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