John Lennon è da sempre noto come l’anima più radicale dei Beatles, la componente più inquieta e insoddisfatta, l’unico membro del gruppo che abbia fatto autocritiche spietate sulle sue canzoni e abbia palesemente affermato che solo con l’album Rubber Soul (1965) i Beatles avevano iniziato ad uscire dal loro stadio tribale-infantile. Ciò nonostante la figura di Lennon quale artista impegnato fatica parecchio ad emergere, ci vogliono anni prima che abbandoni i panni del personaggio in controtendenza che ama scandalizzare i benpensanti solo per il gusto un po’ perverso di farlo e anche quando si farà carico del repertorio più impegnato della band si limiterà a riciclare l’immagine un po’ sbiadita del ragazzo ribelle che non ci sta ad abbracciare le convenzioni del tempo, dell’artista bizzarro a cui sta stretto lo spazio che la società borghese gli concede.
Quando nel 1968, in pieno periodo di contestazione studentesca e coscienza di classe, Lennon scrive una canzone come Revolution, in cui dichiara chiaramente che vuole cambiare il mondo, manifesta una concezione molto particolare della rivoluzione. A chi voleva da lui una presa di posizione politica, John risponde che la vera rivoluzione passa attraverso il cambiamento interiore della gente e non attraverso la lotta. Forse gli insegnamenti legati alla meditazione trascendentale del Maharishi Mahesh Yogi avevano fatto breccia nel suo pensiero, trovato qualche varco nella confusione generale del passato. In realtà, anche in questo caso sembra più trattarsi di una frase ad effetto, detta per stupire, piuttosto che la maturazione di una nuova verità, in sostanza nulla sembra essere cambiato nella complessa identità del personaggio.
Sempre in quell’anno succedono molte cose nella vita personale di John Lennon: nel mese di novembre divorzia dalla moglie Cynthia e si lega definitivamente a Yoko Ono, l’artista giapponese di famiglia benestante e dalla personalità controversa, amica di illustri rappresentanti dell’avanguardia come John Cage e LaMonte Young. La sua vicinanza sembra dare più sicurezza a John, sembra quasi confermargli il suo grande sogno, che è possibile combattere tutti i mali del mondo con un’esistenza snob. Il 20 marzo del 1969, Lennon e Ono si sposano a Gibilterra e per la luna di miele decidono di esibirsi in una serie di eccentriche performance pacifiste. Nascono così i Bed-In For Peace, le singolari interviste collettive concesse ai giornalisti mentre si scambiano baci e tenerezze dai loro letti di lussuosi hotel europei e americani. Il primo ha luogo nella camera 902 dell’Hilton di Amsterdam dal 25 al 31 marzo, un’intera settimana passata sotto le lenzuola ignorando completamente quella larga fascia di opinione pubblica che li deride e mostra loro ostilità. “Avevamo il denaro, la celebrità” dice John “ma ci mancava la gioia. È allora che ho incontrato Yoko… Ci siamo resi conto che il nostro scopo comune nella vita era l’amore. E dall’amore è uscita la pace. Allora abbiamo deciso di lavorare per la pace mondiale”. Il concetto un po’ più strutturato è espresso nella Ballad Of John And Yoko, una sorta di resoconto di quel periodo: “In macchina da Parigi all’Hilton di Amsterdam, parlando nei nostri letti per una settimana. I giornali hanno detto: dite, che fate a letto? Ho detto, cerchiamo solo di ottenere un po’ di pace”. In realtà i due sono perfettamente consci che qualsiasi cosa facciano di stravagante è destinata a trovare risonanza in tutti i mass media che fanno opinione e quindi di avere a disposizione una cassa di risonanza straordinaria per diffondere il loro pensiero. Così, mentre la guerra in Vietnam sta imperversando, gli sposini mandano delle ghiande ai capi di stato del mondo intero perché le piantino in nome della pace. Si crea un vero caso. Poco dopo la coppia decide di ripetere la performance del bed-in a New York, ma le autorità americane non concedono i visti prendendo come pretesto il loro recente arresto per possesso di marijuana. Lennon e signora non demordono e il 24 maggio decidono di rimediare alle Bahamas, ma una volta arrivati nell’isola si accorgono che il clima è troppo umido e optano subito per il Canada, il paese più vicino agli Stati Uniti. Dal 26 maggio al 2 giugno alloggiano allora nella suite 1738-40-42 del Montreal’s Queen Elizabeth Hotel e rinnovano lo scoop delle interviste per la pace mentre se ne stanno beatamente distesi a letto. In quell’occasione viene anche registrata la celebre Give Peace A Chance, destinata a divenire uno dei grandi inni del movimento pacifista (vedi anche pagina XX). Il commediografo e cantante Tommy Smothers si improvvisa chitarrista, le strofe della canzone vengono scritte sul muro della stanza a lettere cubitali e tutta la gente presente in quell’occasione canta in coro la canzone: tra i tanti si notano anche Timothy Leary, il rabbino di Montreal Abraham Feinberg, Derek Taylor, Petula Clark e i membri del Canadian Radha Krishna Temple. Nel mese di novembre, infine, Lennon mette in imbarazzo la corona inglese restituendo il titolo di baronetto per protestare contro la politica militarista del governo britannico in Biafra e nel Vietnam. Il 1969 si chiude con la proclamazione di John, da parte della ITV, come una delle figure più significative della decade che sta terminando, accanto al Presidente Kennedy e a Mao Tze Tung. Lennon sembra soddisfatto del suo modo nuovo di fare politica.
La fine dell’epopea Beatles sta per arrivare e Lennon sembra togliersi un peso non indifferente dalle spalle. Finalmente è libero di dare sfogo alla sua creatività e al suo pensiero senza essere più costretto a confrontarsi con le esigenze del gruppo e in particolare con quelle di Paul. A dimostrazione del nuovo impegno militante, in qualche modo più organico ma sempre molto confuso, Lennon firma nel 1971 tre singoli che riassumono l’impegno del momento. Il primo a uscire è Power To The People, che nasce come reazione immediata a un’intervista molto radicale effettuata per la rivista underground Red Mole in cui riemergono gli spiriti rivoluzionari velleitari, ma mai sopiti. Poi è la volta di Do The Oz, una sorta di proclama per rendere noto il caso della rivista omonima che rischia la chiusura per pubblicazione oscena e solidarizzare con i redattori, tutti sotto processo: i proventi del singolo sono anche devoluti per sostenere la lotta in atto. Infine Happy Xmas (War Is Over), un invito esplicito a prendere coscienza di quanto sia importante unire le individualità nella protesta.
L’11 agosto 1972 Lennon prende parte a una manifestazione davanti all’ambasciata dell’Ulster a Londra per protestare contro la militarizzazione in Irlanda del Nord. Per l’occasione registra addirittura l’avvenimento per utilizzarlo nel videoclip di Power To The People. È il canto del cigno di John Lennon e Yoko Ono in Inghilterra: alla fine dello stesso mese la coppia decide di partire per gli Stati Uniti.
*
Formalmente, i coniugi Lennon stanno continuando la ricerca di Kyoko, la figlia di Yoko, sparita insieme al padre Tony Cox, ma c’è anche una chiara necessità da parte di Lennon di recuperare i bisogni troppo trascurati durante il periodo con i Beatles, di immergersi nel tessuto più concreto di una città che fino ad ora ha conosciuto solo nei suoi aspetti sovrastrutturali, legati alla sua figura di rock star: le hall dei grandi alberghi, i palchi dei teatri più prestigiosi e i sedili delle limousine che sfrecciavano veloci per le vie della città. Yoko, del resto, è la migliore guida a cui John possa aspirare visto che ha passato 15 anni nella città prima di sbarcare in Inghilterra verso la metà degli anni 60. In particolare Yoko è ancora ricordata nel Greenwich Village per i suoi lavori di avanguardia artistica e ha la possibilità di introdurre John nella New York underground che gli interessa, la stessa che si era sviluppata e consolidata nel periodo hippy di qualche anno prima. Lennon è inoltre al corrente che la città offre una scena politica legata alla sinistra radicale che è perfettamente sintonizzata sull’onda dei suoi interessi e quindi smania di conoscere i suoi rappresentanti.
Il mondo radicale newyorchese in quegli anni è dominato da due note figure della controcultura, quelle di Jerry Rubin e Abbie Hoffman, leader degli yippies (Youth International Party), la fazione politica più alternativa e un po’ freak nota soprattutto per la contestazione, brutalmente repressa dalla polizia, durante la convention nazionale del Partito Democratico del 1968 a Chicago. Gli yippies avevano manifestato il loro disgusto per la candidatura di Hubert Humphrey come presidente e avevano provocatoriamente proposto come alternativa un maiale. È lo stesso modo teatrale di contestare a cui è abituato Lennon, che rimane anche particolarmente colpito dal manuale di autoaiuto che Hoffman ha pubblicato per tutti i simpatizzanti della sua fazione poco prima che John arrivasse a New York.
L’arrivo di Lennon viene inizialmente visto in modo strumentale dai due leader che stanno pensando a come volgere la sua fama di ex Beatle a loro favore. Decidono di contattarlo: si trovano a Washington Square con Hoffman e la sua ultima moglie Anita e si recano quasi subito a casa di Hoffman nel Lower East Side dove parlano amichevolmente trovando grandi contatti tra i bed-in di Yoko e John e le azioni degli yippies. Il musicista viene così introdotto nella New York underground. I Lennon inizialmente vanno ad abitare al St. Regis Hotel, ma ben presto si trasferiscono in un appartamento al 105 di Bank Street, nel West Village; conoscono bizzarri rappresentanti della sinistra come Al Weberman, ma piuttosto che interessarsi alle dispute tra maoisti e trotskisti, preferiscono appassionarsi alle contese tra yippies e zippies, fazione capitanata da Tom Forcade, futuro editore di High Times. Insomma ai tortuosi dibattiti sui dettagli dell’ideologia marxista o sulla questione esteuropea, preferiscono badare al sodo e concentrarsi su tre punti fondamentali come la guerra in Vietnam, i diritti civili e la marijuana.
Lennon in Inghilterra è conosciuto come personaggio impegnato, sensibile alle tematiche sociali, ma in America è ancora inevitabilmente legato al nome dei Beatles e così gli stessi attivisti radicali sono molto sorpresi quando lo vedono assecondare il movimento e rendersi disponibile anche a eventuali collaborazioni. John Sinclair, manager degli MC5 e nello stesso tempo fondatore delle Pantere Bianche, non riesce a credere che una pop star del suo calibro possa sposare la causa della sinistra radicale (vedi anche pagina XX). Gran parte delle star del business dello spettacolo americano, infatti, non se la sente di assumersi la responsabilità di schierarsi al fianco della sinistra radicale: la sola Jane Fonda costituisce una delle poche eccezioni alla regola. Lo stesso Dylan dimostra insofferenza e si rifiuta di sposare qualsiasi causa politica in prima persona. In quel periodo, poi, sta addirittura registrando musica country e a maggior ragione viene considerato alla stregua di una persona reazionaria. Per Lennon invece schierarsi in quella direzione è fonte di estrema eccitazione e fare la conoscenza di personaggi come Jerry Rubin e Abbie Hoffman rappresenta la vera possibilità di entrare in contatto con la sinistra rivoluzionaria, con un mondo che in Inghilterra non aveva mai avuto eguali nella controcultura.
Quando John Sinclair viene a conoscenza dell’adesione di Lennon e Yoko al movimento, si trova incarcerato nella Michigan State Prison, dove sta scontando una condanna di dieci anni per aver offerto due spinelli a una donna poliziotto in borghese. Le leggi antidroga in quel periodo sono piuttosto pesanti e stabiliscono condanne che arrivavano fino ai vent’anni per chi spaccia e, appunto, fino a dieci per chi la detiene per uso personale. Ma il movimento sa che la condanna di Sinclair è particolarmente pesante perché pendono su di lui gravi accuse di sovversione, così organizza una campagna di sensibilizzazione per la liberazione del proprio leader e per riformare la legge sulla droga che ne ha causato l’arresto. A questo proposito, fissa la data del 10 dicembre 1971 per una marcia a favore della libertà che va sotto il nome Ten For Two, a ricordo dei dieci anni di condanna per i due spinelli trovati in possesso dalla White Panther. Il luogo scelto è la città di Ann Arbor e per l’occasione si affitta la Crisler Arena, uno spazio decisamente enorme rispetto anche alle più rosee aspettative di partecipazione. Lo spazio però è al coperto e garantisce una certa sicurezza nei confronti degli eventuali attacchi della polizia.
Al concerto danno il loro assenso personaggi di grande spicco intellettuale come Allen Ginsberg, il folksinger Phil Ochs, Commander Cody, la Black Panther Bobby Seale e il grande Archie Shepp. Nomi importanti che tuttavia non sarebbero riusciti a convincere il pubblico giovane ad intervenire numeroso. Una settimana prima dell’evento Jerry Rubin cerca di coinvolgere John e Yoko alla manifestazione, un tentativo a cui, forse, non crede nemmeno lui. Invece i Lennon accettano e quando la notizia arriva in carcere, Sinclair rimane ancora una volta allibito. La White Panther non vuole crederci ed è necessario che il suo rappresentante legale gli porti un nastro con la registrazione della conversazione tra Rubin e Lennon e l’assenso di quest’ultimo perché si convinca. Lennon, in realtà fa molto di più perché compone per l’occasione una nuova canzone sulla condizione dello stesso Sinclair.
La notizia dell’adesione dell’ex Beatle arriva anche ad altri musicisti tra cui Stevie Wonder che si propone lui stesso, gratuitamente, con la sua band, per l’appuntamento del Ten For Two. L’avvenimento monta in fretta e anche la stampa comincia a darne grande rilievo; in breve l’appuntamento alla Crisler Arena prende addirittura ironicamente il nome del Concerto della Sinistra per il Bangla Desh.
Il giorno prima del concerto i giudici dello Stato del Michigan rivedono la loro posizione sulla marijuana e la classificano come sostanza controllata e non più come vietata, aprendo buone prospettive per un’ulteriore discussione nella primavera successiva. Sinclar non crede alle sue orecchie e proprio a ricordo di quell’occasione dirà: “Da quando John Lennon e Yoko Ono diedero la loro adesione al concerto tutto cambiò, l’opinione pubblica cominciò a pensare diversamente anche sull’uso della marijuana, giudicò eccessiva la punizione che si dava a chi ne faceva uso personale e soprattutto capì che non si poteva pensare di imprigionare una persona per dieci anni solo perché era stato trovato in possesso di due spinelli”.
Il concerto ha un successo straordinario e ogni ordine di posto dell’arena viene esaurito in un tempo tanto breve da risultare ancora oggi un record. Sinclair dal canto suo ha addirittura la possibilità di sentire il concerto alla radio del carcere. Lennon e Yoko Ono si esibirono alle 3 del pomeriggio accompagnati da una band che comprende David Peel alla chitarra e Jerry Rubin alle percussioni. Il pubblico si attende naturalmente qualcosa del repertorio dei Beatles, ma da questo punto di vista viene deluso. Lennon si esibisce in composizioni impegnate e tra le varie canzoni in cui si cimenta spiccano Sisters O Sisters, Attica State e The Luck Of The Irish. Alla fine intona anche la nuova canzone dal titolo esplicito John Sinclair: “Se fosse stato un soldato che spara ai gialli in Vietnam, se fosse della Cia che vende droga e provoca casini, sarebbe libero, lo lascerebbero respirare l’aria come te e me”. Pochi giorni dopo il concerto, contro ogni aspettativa viene accordato a Sinclair un nuovo appello e in seguito liberato.
La settimana seguente Sinclair, Lennon, Rubin, David Peel ed Ed Sanders dei Fugs si incontrano al 105 di Bank Street e discutono sulla possibilità di intraprendere un tour che nel giro di un paio di mesi avrebbe potuto portarli nelle grandi città degli States per riproporre una sorta di Ann Arbor contro la rielezione del presidente Nixon. Oltre alla musica, si sarebbero dovuti tenere dei veri e propri comizi e quindi l’aspetto politico si sarebbe palesato in tutta la sua forza. Il tour avrebbe poi dovuto terminare con un autentico festival gratuito di tre giorni parallelamente alla convention democratica a San Diego. È ancora Sinclair a dirci come Lennon fosse coinvolto dal progetto: “L’idea di Lennon era quella di riuscire a coinvolgere le sue amicizie all’interno del rock, pensava a Clapton, a Dylan, a George Harrison e forse anche a Ringo Starr. Voleva in qualche modo ripetere l’esperienza di due anni prima a Toronto con la Plastic Ono Band. Se fosse davvero riuscito quel progetto” continua Sinclair “avrebbero probabilmente ucciso Lennon prima di quanto sarebbe davvero accaduto”.
Nel frattempo l’attività impegnata (che qualcuno ritiene addirittura sovversiva) di John e Yoko si fa talmente frenetica da diventare quasi ossessiva. Una settimana dopo il Freedom Rally, l’ex Beatle suona al Teatro Apollo di Harlem a beneficio delle famiglie dei prigionieri uccisi nel carcere di Attica. In seguito a una sommossa dei carcerati di quel penitenziario, infatti, alcuni sceriffi, intervenuti insieme agli uomini della Guardia Nazionale per sedare la protesta, esasperano talmente lo scontro da rendere drammatico il bilancio finale: 32 vittime tra prigionieri e 10 tra le guardie. John ha già cantato a Ann Arbor la canzone Attica State e qui la ripete facendo seguire anche una commossa versione acustica di Imagine.
Nel mese di febbraio New York si mobilita per manifestare contro la violenza dell’esercito inglese che ha ucciso dei civili in Irlanda del Nord nel corso di una manifestazione domenicale che verrà tristemente ricordata come Bloody Sunday. Lennon si unisce al corteo e scrive di getto una canzone con lo stesso titolo. Nove giorni dopo, passa una settimana come ospite, insieme a Jerry Rubin, Bobby Seale e altri, in una sorta di grande tavola aperta dove si discute di politica con attivisti e candidati presidenziali. Per la prima volta John appare al pubblico americano svestito dal mito di ex Beatles, ma come uomo che ha delle proprie idee.
*
Poco alla volta si fa strada nella mente di Lennon l’idea di utilizzare i giornali come fonte di influenza per le sue canzoni, in modo tale da farle davvero risultare una sorta di cronaca oggettiva della realtà. Le idee arrivano da tutto ciò che succede nel mondo, da quello che normalmente la gente commenta con un semplice “ohh”, ma che invece deve essere impugnato, cantato davanti a tutti perché se ne possa parlare e prendere posizione. Si fa strada una specie di emulazione, anche se mai sottoscritta, di un modo di fare canzoni simile a quello che usava Woody Guthrie, il leggendario folksinger americano, in grado di sintetizzare in un testo di canzone qualsiasi cosa lo colpisse.
All’inizio di marzo entra nei Plant Studios per registrare le canzoni che ha cantato negli appuntamenti newyorchesi e per l’occasione si fa accompagnare da una scarna rock band, gli Elephant’s Memory. Nel giro di due settimane incidono Woman Is The Nigger Of The World (influenzato da una risposta di Yoko Ono sulla condizione femminile) e i pezzi politicizzati che andranno a costituire parte dell’album Some Time In New York City, insieme ad altre due canzoni registrate dal vivo nel dicembre del ’69 al London Lyceum e quattro pezzi dal vivo registrati oltre un anno e mezzo prima al Fillmore East con Frank Zappa e The Mothers Of Invention.
L’album esce nel giugno 1972 e sia in America che in Gran Bretagna viene accolto molto male, pesantemente criticato per l’infantilismo con cui vengono concepite le canzoni. Melody Maker parla di retorica a buon mercato e, senza mezzi termini, di brutti testi. Rolling Stone dichiara quelle canzoni “imbarazzanti e puerili”. E ancora oggi, a oltre trent’anni di distanza, a salvarsi sono davvero pochi brani: Woman Is The Nigger Of The World e forse New York City che nasce dalla stessa idea di The Ballad Of John And Yoko. L’idea di plasmare la propria arte su ciò che di interessante o di inquietante succede nel mondo è una buona idea, ma forse la mancanza di elaborazione che possa in qualche modo trascendere il fatto per inglobarlo in tematiche più ampie ha dato luogo a un lavoro che non è in grado di reggere la pretenziosità della proposta.
*
I Lennon saranno presto stati spazzati via dalla politica americana, non certo per volontà dell’opinione pubblica, ma per intrighi più o meno palesi di uomini politici conservatori che hanno interpretato la militanza di John nella sinistra radicale come un chiaro intento di influenzare la legiferazione sulla droga e soprattutto di lavorare per il boicottaggio della rielezione del presidente Nixon. A questo proposito avevano addirittura come prova la nota canzone Gimme Some Truth in cui Lennon si scaglia contro il presidente con la famosa frase: “Nessun biondino panciuto e con i capelli corti, figlio di Dick (Nixon, nda) l’imbroglione, mi rincoglionirà più con teneri richiami materni, con una sola manciata di speranze o con i soldi per la droga o per la canapa”.
Strom Thurmond, noto senatore reazionario della South Carolina prepara una bozza di accusa contro Lennon e la presenta al Comitato per la Sicurezza accusandolo proprio di attivismo militante per sconfiggere Nixon: “John e Yoko hanno preparato un piano per tenere concerti rock in vari Stati in cui ci sarebbero state le elezioni primarie con il conseguente proposito di ottenere accesso ai campus universitari per parlare a favore della legalizzazione della marijuana e reclutare proseliti da inviare a San Diego durante la Convention Repubblicana del 1972 che avrebbe inevitabilmente portato a uno scontro tra il gruppo radicale organizzato e le forze dell’ordine”
”Era evidente” disse Sinclair “che il governo stava facendo di tutto non solo per evitare che si organizzassero concerti, ma per procedere verso l’espulsione di Lennon dagli Stati Uniti”. Fu addirittura affidato all’FBI il compito di seguire da vicino le mosse dell’ex Beatle e di informare costantemente il Comitato di Sicurezza sul suo modo di procedere. Lennon ne era al corrente, tanto che, l’11 maggio del ’72, nel corso del Dick Cavett Show, annuncia pubblicamente che il suo telefono è sotto controllo ed è regolarmente pedinato dagli agenti del Federal Bureau.
In realtà, Lennon in quel periodo aveva il visto scaduto e così il governo, senza scavare oltre per non coinvolgere l’opinione pubblica, decide per l’espulsione. In breve il procedimento passò nelle mani del Procuratore generale John Mitchell e poi al Servizio dell’Immigrazione e della Naturalizzazione Americana. Già il 6 marzo 1972 non gli viene rinnovato il permesso di soggiorno americano e comincia la procedura di espulsione. Nel novembre del 1972 Nixon vince le elezioni contro il democratico McGovern che tra gli altri era proprio sostenuto dalla sinistra radicale. La notte delle elezioni John e Yoko partecipano a una veglia politica, ospiti di Jerry Rubin. La fine della speranza democratica coincide anche con la fine della “correttezza politica” di John che, turbato dalla sconfitta, si consola corteggiando un’ospite della serata e ritirandosi con lei nella camera da letto con l’orrore di Yoko Ono. La procedura di espulsione rimane latente nonostante le ripetute intimazioni dell’Ufficio dell’Immigrazione, come quella del marzo ‘73 che causa un’ironica risposta da parte di John: “ Avendo appena celebrato il quarto anniversario di matrimonio, non siamo preparati a dormire in letti separati”, o quella dell’anno successivo alla quale Ringo Starr commenta: “Non credete sia meglio smetterla con questa stupida storia? John è il più grande del nostro e vostro tempo e l’America dovrebbe essere orgogliosa di essere stata scelta da lui come posto per vivere”.
Finalmente nel 1976 John ottiene il visto permanente per vivere negli USA, grazie anche alle testimonianze di Gloria Swanson e Norman Mailer. Gli anni successivi Lennon li passa a New York con una Yoko riappacificata e sembra aver abbandonato qualsiasi velleità di interesse politico e di militanza, anzi John si ritira nel lusso del Dakota Building lasciando delusi i suoi vecchi compagni radicali. Durante un’intervista rilasciata a Rko Radio dice: “Dobbiamo ringraziare Dio, o chiunque ci sia lassù, per essere ancora tutti qui. Siamo sopravvissuti al Vietnam, al Watergate, al tremendo sconquasso del mondo. Noi fummo ai vertici negli anni 60. Adesso è cambiato. Mi incammino verso un futuro sconosciuto: ma sono ancora qui e fin quando c’è vita c’è speranza”.
Nel suo libro Gimme Some Truth, Jon Wiener ha analizzato i documenti che i servizi segreti americani e inglesi si erano scambiati riguardo a Lennon. Ne emerge il ritratto di un personaggio braccato dall’amministrazione Nixon che lo teneva sotto rigido controllo perché temeva la sua forte presa sulle masse giovanili proprio quando infuriava la polemica sulla guerra nel Vietnam. La Casa Bianca aveva tentato di mettere assieme elementi sufficienti per ottenere l’espulsione di Lennon dal territorio statunitense, senza mai trovare la forza di andare fino in fondo perché temeva di sollevare un vero e proprio caso politico. Dal dossier traspare anche il contraddittorio ritratto di un artista che aveva legato la propria immagine al movimento pacifista, ma che coltivava anche esplicite simpatie per organizzazioni armate come l’Ira irlandese. Secondo quanto pubblicato dall’Observer, la simpatia per la causa irlandese aveva portato Lennon a finanziare con un equivalente di almeno 140 milioni di lire il WPR, il piccolo partito trotzkista animato dall’attrice Vanessa Redgrave, a cui Lennon aveva anche donato il manoscritto originale di Working Class Hero, la sua canzone più militante, tanto da attirare su di sé i sospetti dell’Intelligence Service.
La caduta del segreto sugli ultimi documenti in possesso dell’FBI secondo alcuni potrebbe anche contribuire alla scoperta di nuove piste per riaprire le indagini e comprendere l’oscuro episodio della sua morte violenta, archiviato ufficialmente come gesto di un folle un quarto di secolo fa.