31/10/2013

Xavier Rudd, spirito eco-rock

Il surfer australiano innamorato di suoni e tradizioni degli aborigeni torna a fare l’one man band tra Weissenborn, didgeridoo, percussioni

Un paio d’anni fa, mentre attraversavo il deserto del Kimberly, ho visto un cacatua nero. Non è soltanto il più grosso volatile d’Australia: il cacatua è lo spirit bird, l’uccello che ci mette in contatto con le anime dei morti. L’ho fissato e ho sentito un’energia vitale pervadermi il corpo: lo spirito di una donna anziana si era insinuato dentro di me. Avevo da poco subito un’importante operazione chirurgica alla schiena e quell’esperienza mi ha trasmesso forza e ottimismo».
Così Xavier Rudd spiega titolo e genesi del suo nuovo album Spirit Bird, nel quale mescola misticismo a ritmi trascinanti, suoni della natura a melodie emozionanti. Un disco realizzato tutto da solo, da fenomenale one man band ecologista (nonché produttore di se stesso) capace di emozionare, divertire, commuovere e far pensare. Difensore dei diritti degli animali, ambientalista convinto, surfista provetto, Rudd è un cultore di suoni e tradizioni degli aborigeni la cui profonda spiritualità trasuda dai suoi brani poetici e ispirati.
Ci siamo incontrati per la prima volta nel 2005 (quando i suoi album hanno cominciato a essere distribuiti in Italia), ma avevo sentito la sua musica un anno addietro, nei Northern Territories, proprio dove Xavier ha avvistato il cacatua nero.
Nei pressi di Katherine Gorge c’è una capanna che vende didgeridoo, lo strumento tipico degli aborigeni. Originariamente, un ramo di eucalipto reso cavo dalle termiti e suonato con la tecnica della respirazione circolare, il didgeridoo (o yidaki, come lo chiamano i nativi) è un oggetto sonoro affascinante. All’interno dell’hut nel deserto australiano, il tizio che vendeva questi strumenti coloratissimi teneva sul bancone tutta la discografia di Xavier Rudd. «È un mio amico, è bravissimo», mi ha detto. Mi sono fidato e così i cd di Rudd sono stati la colonna sonora del mio attraversamento del Kimberly.
Xavier è un autentico maestro del didgeridoo: dal vivo, ha un rack su cui ne posiziona tre che utilizza in modo sbalorditivo, come dimostra la traccia d’apertura del nuovo album, Lioness Eye. «Lo suono da quando avevo 12 anni», mi racconta, «non ti so nemmeno più spiegare come faccio… per me è una cosa assolutamente naturale».
Con molta meno tecnica ma con eguale ispirazione, Rudd suona le chitarre slide acustiche, stile Weissenborn. Ne ha di diversi tipi: 6 e 12 corde e persino una baritono con cui esegue (per gli ascoltatori di LifeGate Radio) la poetica Comfortable In My Skin. «La slide ha un suono liquido e l’acqua è un elemento nel quale mi trovo a mio agio: l’idea di molti brani è venuta mentre facevo surf».
La dolcissima Creating A Dream, che chiude l’album, ne è probabilmente un esempio così come la magnifica Love Comes And Goes, del precedente album Koonyum Sun, che sarebbe potuta stare benissimo in questo lavoro.
Qua e là, nei brani di Spirit Bird si sentono suoni della natura e canti di animali: persino le melodiosi voci delle megattere. La coinvolgente Bow Down, a loro dedicata, è un’esplicita denuncia a chi ancora pratica la baleneria. «Sono dalla parte dei Sea Shepherd, gli eco-guerrieri che proteggono i grandi cetacei», afferma con decisione Xavier, «li difenderò sempre: anche contro chi cerca di screditarli dicendo che sono violenti».
Il suo spirito ecologista non si limita a visioni romantiche e a composizioni artistiche. «Bisogna impegnarsi per rendere pubbliche azioni vergognose» mi dice «come quella di costruire una centrale petrolifera a Cape Leveque».
Non ci posso credere: Cape Leveque, sulla costa nord-occidentale dell’Australia, proprio al confine estremo del Kimberly, è uno dei posti più belli e incontaminati del pianeta. Oltre ad essere considerato un luogo sacro dagli aborigeni.
Un motivo in più per seguire parole e musica di Xavier Rudd.

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