Stiamo parlando di Viola Nocenzi, cantante e compositrice, figlia di Vittorio Nocenzi e nipote di Gianni Nocenzi, fondatori del Banco Del Mutuo Soccorso.Viola Nocenzi, questo il titolo scelto anche per il suo primo lavoro, è nato grazie al lavoro dello zio Gianni, che ha curato gli arrangiamenti, la produzione artistica, la supervisione dei missaggi e il mastering, e alla collaborazione di Andrea Pettinelli e lo ZOO di Berlino. Lo stesso padre di Viola, Vittorio, è poi supervisore dell’intero progetto.“I tempi dispari un po’ ce li ho nel sangue, pur non avendo una formazione prettamente prog – racconta Viola. – Quante volte mi ritrovo a scrivere i controtempi tipici del prog senza neanche rendermi conto che sono dei controtempi. Il prog è un ambito musicale che mi appartiene a livello genetico”. E proprio dall’ambito compositivo inizia allora questa nostra breve intervista a Viola Nocenzi.
Un lavoro d’esordio per cui in fase di scrittura ti sei concentrata principalmente sulla musica.
Sì, beh, prima di conoscere Alessio Pracanica ero autonoma nel senso che mi scrivevo anche i testi da sola. Poi, dopo aver incontrato lui, siamo entrati subito in sintonia perché riusciva a leggere anche a livello “telepatico” quello che volevo con le note. Scrivo sempre prima la musica e, solo dopo che la canzone è finita, lui interviene con il suo testo seguendo proprio la metrica che detto con le note. Mi trovo bene anche perché è molto veloce: magari capita nello stesso giorno di scrivere tre canzoni, per poi mollarle a lui e ricevere la sera stessa tre testi. Solo quando ho deciso di fare l’album, ho scelto i brani più significativi.
Tra i pezzi scelti per questo tuo primo progetto discografico c’è ovviamente anche il nuovo singolo Viola.
Questa canzone è veramente molto significativa, perché intanto è nata da un momento raro: quel momento in cui ti senti speciale come persona, come donna, come ragazza, quel momento in cui ti senti piena di speranza nel cuore all’interno del mondo!
Viola è un brano molto aperto, ma allo stesso tempo anche molto intimo. Alessio Pracanica ha scritto questo testo che è una sorta di dedica d’amore, ma contemporaneamente pone l’accento su un altro aspetto, come cioè se anch’io facessi una dedica a me stessa.
Questo è anche il rimando al videoclip: c’è sicuramente qualcuno che mi sta aspettando o che vive un desiderio o un’attesa, che poi è il momento più bello di quando uno vuole una cosa; contemporaneamente, però, per me questo qualcuno è “un veicolo” e in questo caso era un innamorato che può farti crescere e, se è un amore sano, può permetterti di scoprire la tua parte più bella. Ecco perché dico che “Il cielo è viola”, perché ci credo profondamente, perché penso che noi guardiamo le cose con le nostre possibilità e quindi non esiste un’oggettività, ma esiste il nostro sguardo in termini metaforici e spirituali come un proiettore di quello che noi siamo consapevoli di poter vedere. Quindi in quel momento il cielo era viola perché io sono Viola e mi sentivo pienamente me nella mia parte più bella.
Sia a questo proposito, sia riguardo alla domanda iniziale in merito alla composizione, in chiusura c’è Bellezza, unico dei sette brani di Viola Nocenzi di cui hai scritto anche il testo.
Scrivo molto sia in forma narrativa, ma anche aforismi o piccoli scritti teatrali come monologhi che poi recito anche in romanesco. Ho inserito fra i vari brani Bellezza, perché è un po’ il manifesto di quest’album, che ha come filo conduttore l’amore e appunto la bellezza, due capisaldi nella mia vita che potrebbero sembrare parole inflazionate, ma per me non lo sono. Quando parlo di bellezza intendo la capacità di meravigliarsi nei confronti della bellezza stessa, la bellezza da intendere in tutti i sensi, soprattutto la bellezza del cuore pulito, quella cioè degli intenti autentici e dell’originalità non ricercata, quella del carisma vero. Per quanto riguarda l’amore, vale quello che ti ho detto prima riguardo a Viola: è necessario affrontare un percorso, avere qualcuno col quale poterti confrontare e che ti porti a crescere. Secondo me siamo troppo abituati a livello sociale a voler rimanere nelle nostre certezze e abbiamo paura di essere diversi o di non essere accettati. Io invece sono molto stimolata dall’opposto, cioè da un amore creativo, da qualcuno che possa farti riflettere, che possa farti mettere in discussione quelle tue convinzioni, altrimenti non c’è crescita.
Questo lo dico anche ai miei allievi, io insegno canto da tantissimi anni.
Non bisogna avere paura di perdere le proprie certezze, perché se sono autentiche rimangono, se non sono autentiche vuol dire che non sono funzionali… e solo ricostruendo le proprie certezze si può perfezionare il proprio processo di crescita.
Secondo me è il senso di tutto, altrimenti, te lo dico in romano: ‘che campiamo a fà?’ (ride, ndr)
Lo consideri un concept o comunque è un concept questo tuo lavoro?
Non lo è, tranne se parliamo del senso etimologico del termine e quindi se ci riferiamo anche al discorso sull’amore e sulla bellezza.
Le canzoni sono state pensate in modo da unirle tra loro sia per la scaletta, cercando quindi anche dal punto di vista tecnico di creare un filo narrativo e un filo conduttore degli arrangiamenti e delle varie tonalità, sia per i temi trattati e pensando cioè all’amore inteso come esplorazione di sé stessi. Nell’album si parla anche di pianeti tipo Marte (come nel primo singolo Lettera Da Marte, ndr), dell’orizzonte degli eventi, dell’universo che rientra molto spesso nei discorsi: secondo me noi siamo costituiti delle stesse particelle degli atomi, quindi abbiamo dentro di noi l’universo e siamo nell’universo contemporaneamente.
Bene. Artisti che apprezzi e che fanno parte dei tuoi ascolti o della tua formazione musicale?
Non posso tralasciare la storia di famiglia e quindi il Banco, la storia di mio papà e la musica di mio papà scritta al pianoforte: quando devo trovare una spinta creativa, parto sempre da quella da quando sono bambina. Però poi sicuramente ho dei punti di riferimento che mi hanno accompagnato per moltissimo tempo: due cantanti femminili e compositrici che sono Björk e Tori Amos, oppure quando ero piccola, tipo quando avevo tre anni, sentivo sempre in sequenza Michael Jackson e Ravel, per cui una cosa un po’ insolita, ma mi piacevano tantissimo. Poi amo molto la classica e in questo periodo ascolto tanto Debussy o Rachmaninov, ma adoro anche soul, r&b… ascolto veramente tantissima musica. Poi amo tutto il prog tipo King Crimson, Jethro Tull, Yes, Genesis, Pink Floyd…
Ho attraversato tanti periodi e te ne potrei citare tantissimi, poi apprezzo ad esempio anche i cantautori italiani tipo Battiato che mi piace tantissimo sia come persona che come cantautore.
Hai dichiarato che il tuo mantra, oltre che il tuo stile di vita, è “lo studio non è mai abbastanza”. C’è qualcosa di nuovo che hai imparato in questo periodo e che magari proporrai in futuro nella tua musica?
Sono uscita da esordiente, ma non lo ero a tutti gli effetti per le tante esperienze fatte. Questa esperienza mi ha fatto e mi sta facendo imparare molto, per me è stata ed è molto formativa: le emozioni, lo scambio empatico avuto con il pubblico, quello con chi ha ascoltato i brani e quello con voi giornalisti ha fatto sì che io credessi ancora di più in alcuni aspetti, tralasciandone magari altri.
Sto già scrivendo della musica nuova, sia con Alessio Pracanica che da sola, e mi ci sto approcciando con un carattere diverso anche grazie a questa esperienza.