(Foto di Daniela Zedda)
Appuntamento ieri al Cinema Arcobaleno di Milano per godersi la prima, riservata ai giornalisti, di Paolo Conte, Via con me, film documentario di Giorgio Verdelli su Paolo Conte. Un anticipo dell’uscita in sala che sarà di soli tre giorni, tra il 28 e il 30 settembre nei cinema nazionali.
Si tratta di un film molto piacevole che scivola leggero per oltre un’ora e mezza tra interviste esclusive, materiali inediti e naturalmente tanta bella musica che impegna Paolo Conte sia in versione piano e voce, sia accompagnato dalla splendida orchestra che lo ha sostenuto nei suoi concerti in tutta Europa.
S’inizia con la “Topolino Amaranto”, della celebre canzone, che sfreccia (si fa per dire) lungo la campagna dell’astigiano, patria del cantautore, fatta di rigogliosi vigneti e splendide colline che già inquadrano l’ambiente della sua prima produzione musicale: la provincia piemontese rimasta più a lungo legata al mondo contadino. Lui, nato in una famiglia borghese di notai e avvocati, non ha mai perso di vista la vita della gente di tutti i giorni, anzi ha saputo esaminarla con l’occhio più oggettivo di chi vede le cose dal di fuori e sa coglierne i tic e i tentativi di rivalsa tesi a convincere almeno se stessi di non essere da meno del proprio vicino. Quadretti impressionisti che si accompagnano a valzer e milonghe della tradizione popolare, le stesse che la gente del posto non manca di sgambettare col giusto orgoglio sui balli a palchetto delle feste patronali. Ma c’è naturalmente anche tutta la parte più elegante, messa a punto in seguito, quando il jazz comincia prendere il sopravvento e si fa aiutare da uno strabiliante ensemble musicale che toglie il fiato per l’armonia e la bellezza che sa creare.
Conte chiacchiera volentieri e spiega tutto di sé, di quando ha iniziato ad amare il jazz ascoltando di nascosto i dischi che il padre faceva arrivare dalla Francia, dell’approccio musicale, prima con il trombone e poi con il piano, delle prime frequentazioni, con il fratello Giorgio, dell’ambiente musicale che conta, i primi successi scritti per altri, la sua stima per Celentano e Jannacci (che ritiene il più geniale dei cantautori) e tant’altro. Molte sono anche le interviste fatte ai colleghi e alle persone che gli sono state vicine, a partire dal fratello, fino ad arrivare a De Gregori, Caterina Caselli, Vinicio Capossela, Stefano Bollani, Peppe Servillo, Jovanotti, Paolo Jannacci, Cristiano Godano dei Marlene Kuntz e poi ancora Pupi Avati, Isabella Rossellini, Jane Birkin, Patrice Leconte, Luisa Ranieri, Guido Harari, Giovanni Veronesi, il coetaneo Renzo Arbore, lo scoppiettante Roberto Benigni e Vincenzo Mollica, prodigo di ricordi. È stata giustamente sottolineata l’importanza del Club Tenco per il risalto che ha dato alla sua figura, ma è stato colpevolmente dimenticato il nome di Amilcare Rambaldi, il fondatore della manifestazione che ebbe con Conte un rapporto privilegiato. Come voce narrante è stata scelta quella di Luca Zingaretti che lo ha accompagnato attraverso i successi parigini all’Olympia, quelli di Amsterdam e di mille altri posti.
Prodotto da Sudovest Produzioni e Indigo Film in collaborazione con Rai Cinema, il film ha partecipato, nella sezione fuori concorso, alla 77. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e viene distribuito da Nexo Digital.
Da non perdere.
Appuntamento ieri al Cinema Arcobaleno di Milano per godersi la prima, riservata ai giornalisti, di Paolo Conte, Via con me, film documentario di Giorgio Verdelli su Paolo Conte. Un anticipo dell’uscita in sala che sarà di soli tre giorni, tra il 28 e il 30 settembre nei cinema nazionali.
Si tratta di un film molto piacevole che scivola leggero per oltre un’ora e mezza tra interviste esclusive, materiali inediti e naturalmente tanta bella musica che impegna Paolo Conte sia in versione piano e voce, sia accompagnato dalla splendida orchestra che lo ha sostenuto nei suoi concerti in tutta Europa.
S’inizia con la “Topolino Amaranto”, della celebre canzone, che sfreccia (si fa per dire) lungo la campagna dell’astigiano, patria del cantautore, fatta di rigogliosi vigneti e splendide colline che già inquadrano l’ambiente della sua prima produzione musicale: la provincia piemontese rimasta più a lungo legata al mondo contadino. Lui, nato in una famiglia borghese di notai e avvocati, non ha mai perso di vista la vita della gente di tutti i giorni, anzi ha saputo esaminarla con l’occhio più oggettivo di chi vede le cose dal di fuori e sa coglierne i tic e i tentativi di rivalsa tesi a convincere almeno se stessi di non essere da meno del proprio vicino. Quadretti impressionisti che si accompagnano a valzer e milonghe della tradizione popolare, le stesse che la gente del posto non manca di sgambettare col giusto orgoglio sui balli a palchetto delle feste patronali. Ma c’è naturalmente anche tutta la parte più elegante, messa a punto in seguito, quando il jazz comincia prendere il sopravvento e si fa aiutare da uno strabiliante ensemble musicale che toglie il fiato per l’armonia e la bellezza che sa creare.
Conte chiacchiera volentieri e spiega tutto di sé, di quando ha iniziato ad amare il jazz ascoltando di nascosto i dischi che il padre faceva arrivare dalla Francia, dell’approccio musicale, prima con il trombone e poi con il piano, delle prime frequentazioni, con il fratello Giorgio, dell’ambiente musicale che conta, i primi successi scritti per altri, la sua stima per Celentano e Jannacci (che ritiene il più geniale dei cantautori) e tant’altro. Molte sono anche le interviste fatte ai colleghi e alle persone che gli sono state vicine, a partire dal fratello, fino ad arrivare a De Gregori, Caterina Caselli, Vinicio Capossela, Stefano Bollani, Peppe Servillo, Jovanotti, Paolo Jannacci, Cristiano Godano dei Marlene Kuntz e poi ancora Pupi Avati, Isabella Rossellini, Jane Birkin, Patrice Leconte, Luisa Ranieri, Guido Harari, Giovanni Veronesi, il coetaneo Renzo Arbore, lo scoppiettante Roberto Benigni e Vincenzo Mollica, prodigo di ricordi. È stata giustamente sottolineata l’importanza del Club Tenco per il risalto che ha dato alla sua figura, ma è stato colpevolmente dimenticato il nome di Amilcare Rambaldi, il fondatore della manifestazione che ebbe con Conte un rapporto privilegiato. Come voce narrante è stata scelta quella di Luca Zingaretti che lo ha accompagnato attraverso i successi parigini all’Olympia, quelli di Amsterdam e di mille altri posti.
Prodotto da Sudovest Produzioni e Indigo Film in collaborazione con Rai Cinema, il film ha partecipato, nella sezione fuori concorso, alla 77. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e viene distribuito da Nexo Digital.
Da non perdere.