20/11/2015

He was a friend of mine…

E’ scomparso Giorgio Faletti. Un grande artista ma soprattutto un amico: il ricordo personale di Ezio Guaitamacchi
Dovevo fare insieme a lui la versione televisiva dei miei Delitti Rock. Poi, per una serie di motivi che qui è superfluo spiegare, la cosa non è andata in porto.
Nella primavera del 2010, era stato il comune amico Angelo Branduardi a farci incontrare e, proprio come Angelo aveva previsto, io e Giorgio ci siamo “presi bene” da subito. La passione per la musica ci univa ma non si trattava soltanto di quello. Io (e per fortuna gliel’ho detto più di una volta) ammiravo la sua impareggiabile versatilità artistica: attore, cantautore, scrittore, narratore; da questo punto di vista, Faletti è stato un personaggio unico nel panorama della cultura e dell’entertainment in Italia.
Conservo bei ricordi di tante ore trascorse insieme. Ma, con più piacere, ricordo quando, con la simpatica moglie Roberta, era venuto al Diavolo Rosso di Asti (la sua Asti) a vedere uno dei miei spettacoli ammirando le mie chitarre vintage.
«Le amo», mi diceva, «solo che non ne vengo ricambiato». Nell’ultima e-mail che mi ha inviato qualche mese fa, mi chiedeva proprio di segnalargli i migliori negozi di strumenti musicali del Southern California. «Vai al McCabes’s sul Pico Boulevard», gli avevo risposto, «è un paradiso …».
Ricordo anche le sue battute folgoranti (fenomenali, ma non le posso riportare qui, quelle su alcuni dirigenti RAI), i suoi occhi dal colore gelido ma dal calore rassicurante, le sue interessanti riflessioni sulla vita. Mi aveva invitato a New York a visitare la sua nuova casa («tanto tu ogni due per tre sei lì», diceva prendendomi in giro) e io avevo provato a ricambiarlo, assai più modestamente, in due/tre occasioni ufficiali di presentazione del mio Psycho Killer.
Non era potuto venire ma, puntualmente, mi aveva sempre ringraziato: «Mandamene subito una copia con dedica», mi aveva detto la prima volta, «dal titolo e dalla copertina ho già capito che mi piace…». Io, invece, non avevo capito che era malato.
Quando, anche di recente lo avevo invitato a una serata, mi aveva detto che stava per partire per l’America. «Ma che culo Giorgio… sei sempre in giro», gli avevo detto in modo inopinato.
I miei Delitti Rock erano nati con lui e per lui. E sono ancora sicuro (Massimo Ghini non me ne voglia) che con Giorgio Faletti sarebbero stati un programma eccezionale.
Ora anche Giorgio, come tanti dei nostri eroi, ha deciso di lasciarci per varcare le porte del Paradiso del Rock. E se anche il suo corpo è morto, le sue opere sono più vive che mai e lo terranno tra noi per sempre.
Ciao Giorgio, è stato bello conoscerti: mi mancherai.
Ah… salutami Jimi e Janis e, se incroci mia sorella Liliana dalle un bacino… Love, Ezio
 
 
 
 
 
 
DA JAM N. 200 / Marzo 2013
 
Good Vibrations di Ezio Guaitamacchi

 
«Alla mia età c’è chi, per sentirsi giovane, compra una Porsche, parte per il giro del mondo o si fa un’amante trentenne. Io ho deciso di produrmi un cd».
Giorgio Faletti, 62 anni, è in formissima: spiritoso e di buon umore, è estremamente orgoglioso della sua nuova opera Da quando a ora.
Che, originariamente, doveva essere soltanto un cd.
«Tutta colpa del tuo amico Massimo Cotto», mi sussurra con sorriso sardonico. «Una sera, a casa mia, ho fatto ascoltare a Massimo [che ora è Assessore alla Cultura del Comune di Asti] alcune canzoni. Gliele ho suonate semplicemente al pianoforte, ma gli sono piaciute moltissimo. A tal punto che mi ha detto, con tono perentorio: “Queste cose non possono rimanere nel cassetto”. Qualche giorno dopo, mi ha trascinato in studio, da Lucio Fabbri. Lì abbiamo iniziato a registrare i pezzi di Da quando a ora».
Che non è soltanto un cd. Intanto perché di cd ce ne sono due: uno di inediti, l’altro composto da brani che Giorgio ha scritto negli anni per alcuni grandi artisti italiani (da Mina a Branduardi, da Milva a Gigliola Cinquetti) e che oggi ha voluto reincidere a modo suo. Il tutto introdotto da quel Signor tenente che, all’epoca aveva “sdoganato” il cabarettista Faletti nel mondo della canzone sanremese.
«All’inizio, pensavo che questo doppio cd fosse accompagnato soltanto da un bel libretto in cui avrei raccontato le storie dietro ogni canzone. Poi, ci ho preso gusto e il booklet è diventato un vero book».
Già. Pubblicato da Einaudi (Stile Libero Extra), Da quando a ora è un lussuoso cofanetto che, oltre ai sopraccitati cd, contiene un vero e proprio libro di oltre 200 pagine, un piccolo memoir di Giorgio e dei suoi ricordi in musica. Un libro che ha una dedica emblematica: «A tutti quelli che, almeno una volta nella vita, hanno provato un brivido ascoltando una canzone».
«La prima canzone che a me ha dato un brivido è stato un pezzo di Tony Dallara il cui testo recitava: “Lungo le terre bruciate dal sole / giuro d’amarti per tutta la vita”. Allora ero un bambino, avrò avuto 6 anni, e quella canzone mi ha emozionato… Ancora oggi non so dirti il perché. Sta di fatto che, da quel momento, la musica è entrata a far parte della mia vita».
Il libro raccoglie racconti spassosi della fanciullezza di Faletti, ambientati nella provincia italiana dove Giorgio è cresciuto e in una famiglia in cui, per sua stessa ammissione, «anche mio padre era una specie di musicista».
Ai ricordi di gioventù si alternano episodi legati alle collaborazioni “eccellenti”. Come quella volta in cui Branduardi gli ha chiesto un testo per una canzone e Faletti glielo ha fatto avere in meno di due ore. «Così sono nati L’apprendista stregone e una sincera amicizia con Angelo che stimo come artista e che ho poi imparato ad apprezzare come uomo».
Quando racconta questi aneddoti Faletti ha gli occhi (azzurrissimi) che gli ridono. Si capisce che, per lui, la musica non è solo una passione: è qualcosa di più. Quasi una ragione di vita. Ecco dunque spiegate le botte di entusiasmo (quasi adolescenziale) che Giorgio trasmette quando racconta di quella volta in cui «mi ha chiamato Massimiliano Pani per dirmi che sua madre (Mina) aveva deciso di registrare una mia canzone». O quelle sensazioni di profonda incazzatura (un po’ meno di stampo adolescenziale) che lo stavano portando «ad ammazzare Milva».
Giorgio è bravissimo a ricordare il momento più drammatico della sua vita quando racconta «di quella volta in cui sono morto».
Già, perché, alla vigilia della pubblicazione di Io uccido Faletti è vittima di un ictus e sfiora davvero la morte. Da dieci anni è “risorto” e la sua musica con lui.
Le canzoni inedite sono pezzi d’autore, arrangiati in modo raffinato, con gusto “fossatiano”. E con grandissimo pregio: Giorgio Faletti canta in maniera limpida, con dizione impeccabile così che i suoi testi arrivano dritti al cuore dell’ascoltatore. Come ha insegnato Fabrizio De André.
 

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