Giorgio Coslovich, da Bobby Solo alla musica strumentale/contemporanea
Compositore e giornalista professionista originario di Trieste, Giorgio Coslovich ci parla del suo nuovo album OZ… non prima di dare spazio a Korgy, “il suo alter ego pop-rock”
Korgy e Giorgio Coslovich: due facce della stessa medaglia si potrebbe dire. Korgy è infatti lo pseudonimo di Giorgio Coslovich, compositore e giornalista professionista triestino, che ha scritto di recente All in better times, nuovo brano di Bobby Solo. Come Giorgio Coslovich ha pubblicato di recente OZ, un lavoro di musica strumentale contemporanea che arriva dopo il precedente Winter Tales, al quale hanno preso parte anche alcuni ospiti illustri come John Hackett (fratello di Steve, ex chitarrista dei Genesis) e David Jackson (ex Van Der Graaf Generator).
Partiamo però da Korgy e arriviamo un po’ alla volta a Giorgio Coslovich: dal pop-rock alla musica strumentale/contemporanea (passando per il prog).
Non solo la musica che ascoltiamo in OZ ti permette di esprimerti. Di recente ad esempio hai collaborato con Bobby Solo.
Infatti, la collaborazione con Bobby Solo, sfociata nella canzone All in better times, alla cui riuscita ha contribuito la presenza negli arrangiamenti e in studio di un musicista dalla lunga esperienza qual è Carlo Zannetti, ha dato modo di esprimersi anche alla mia vena pop-rock che infatti firmo con lo pseudonimo Korgy, mentre per la musica strumentale/contemporanea mi presento come Giorgio Coslovich. Insomma, una sorta di “sdoppiamento di personalità musicale” in cui non ci vedo nulla di negativo: in fondo la musica è un unico linguaggio, l’importante è usarlo bene a prescindere dal genere. E in questo caso a confermarlo è anche il recente inserimento del brano nella playlist di Tv Sorrisi e Canzoni, un riconoscimento e una visibilità a livello nazionale per il videoclip del brano.
Musicista/compositore e anche giornalista professionista o il contrario, decidi tu quale ordine preferisci. Ad ogni modo, com’è entrata la musica nella tua vita? Si può dire che sei nato e cresciuto con la musica, vero?
Non credo sia fondamentale l’ordine dei due ruoli, che credo complementari: sono entrambi due linguaggi, due modi di esprimersi. Forse la musica, per sua natura, è un linguaggio universale mentre quello scritto o parlato, per diventarlo ha bisogno di decodificazione. Ad ogni modo, la musica è entrata nella mia vita da adolescente. A parte il fatto che sono nipote di un editore musicale (Stanta, delle ed. Maurri di Firenze) e che nella mia famiglia la musica è riecheggiata da sempre, ho sentito molto presto l’esigenza di fare musica (ma proprio nel senso di crearla) a iniziare dai primi gruppi pop-rock per poi sfociare nel prog e partecipando ad alcune incisioni e a rassegne quali Villa Borghese etc., quale voce, chitarre e tastiera. Poi sono iniziate le collaborazioni con Rai ed emittenti private per background sonori, sigle di programmi e jingle, il che mi ha portato gradualmente verso un certo tipo di musica solo strumentale (ma senza tralasciare le canzoni) e ad affinarmi nella scrittura verso sfumature “classiche”, benché io sia quasi completamente autodidatta.
Cosa rappresenta OZ? È il tuo modo di descrivere il luogo che tutti conosciamo grazie alla letteratura e al cinema?
Il mio secondo cd OZ, rispetto al precedente Winter Tales che era una sorta di riassunto di quanto avevo fino a quel momento scritto, è appunto la mia personale trasposizione in musica della nota saga del Mago omonimo, cercando di dare “colore” alle figure principali del racconto. Credo di esserci riuscito se persino l’International Oz Club degli USA lo ha recensito in termini molto lusinghieri consigliando caldamente i fans ozziani a scoprirlo (è presente sulle principali piattaforme digitali).
OZ è un album suddiviso in due parti, dove la prima dà anche il titolo al lavoro. Com’è nata invece la Joyce Suite? È un omaggio al grande scrittore?
La Suite è nata grazie alla mia collaborazione da alcuni anni a questa parte con il Bloomsday che si tiene annualmente a Trieste quale tributo a James Joyce, lo scrittore irlandese che qui visse per oltre 12 anni e vi scrisse parte delle sue opere. È un evento tra conferenze, teatro e musica ed io mi occupo appunto di quest’ultimo ambito. Ne sono scaturiti i tre pezzi, En-Trance, Ballad for Zoe e Out-Rage ispirati dal capitolo Circe dell’Ulisse joyciano.
Hanno partecipato alla realizzazione dell’album anche John Hackett e David Jackson.
È stata infatti un’ottima scelta, che ho potuto compiere anche grazie ai miei rapporti giornalistici con quell’ambito musicale di stampo prog. I due artisti (Hackett, fratello di Steve ex Genesis e Jackson ex Van Der Graaf Generator) hanno immediatamente accettato di far parte del progetto una volta letto e sentito i demo dei brani, dando vita ad un connubio inedito ma molto positivo, come emerge dal risultato finale, che non risente delle distanze fisiche dei rispettivi studi, grazie alla loro professionalità.
Sempre in riferimento alla domanda di prima, è un modo per tenere vivo l’amore per il prog rock pensando al periodo in cui hai fatto parte di alcuni gruppi che proponevano questo tipo di musica?
Certo, anche dopo questa esperienza a distanza restiamo in contatto e non escludo nuovi progetti che li coinvolgano. Ed è un po’ anche un modo per portare avanti quei discorsi prog che come con i Mahayana era sfociato in concerti e registrazioni (alcune memorabili, come quella con Francesco “Franz” Illy, il rampollo creativo della nota famiglia e industria del caffè…). Ci sono dei vecchi nastri dormienti che potrebbero rivedere la luce…
Nelle note che accompagnano il tuo lavoro si legge anche dell’apprezzamento della tua musica da parte del Premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi.
Prossimamente hai impegni live? Stai lavorando a un nuovo album? Altre collaborazioni in vista?
Il prossimo impegno è al momento la preparazione di un nuovo album, che si intitolerà proprio Chaos, in parte già pronto ma che mi vede in fase di scrittura di una parte di brani, che assieme a quello di apertura daranno vita a un nuovo “concept”. Dovrebbero scaturirne in seguito dei concerti. Ma, come dicevo sopra, ci potranno essere nuove collaborazioni che potranno vedere, tra qualche mese, la presenza in eventi “live” a Nord-Est di qualche amico prog. Ma per il momento preferisco restare comprensibilmente nel vago.