Eva Cassidy, “I Can Only Be Me” è il nuovo disco postumo
I Can Only Be Me: un esperimento che si avvale di nuove tecnologie per unire la voce della compianta cantante statunitense Eva Cassidy alla London Symphony Orchestra
Il destino di raggiungere la fama dopo la morte è stato comune a molti grandi artisti, e in alcuni casi il fenomeno è pressoché inspiegabile. È il caso di Eva Cassidy, voce potente e cristallina, in grado di mirare dritta al cuore; potremmo osare nel dire che prima della sua prematura scomparsa causata da un melanoma, nel 1996 – aveva solo 33 anni – di lei non si conoscesse quasi nulla, se non quelle rare performance live che possono raccontare i pochi fortunati che vi hanno assistito.
Le numerose registrazioni in studio e dal vivo hanno raggiunto il grande pubblico dopo la sua scomparsa e hanno venduto oltre quattro milioni di copie. Magra consolazione, direte voi, ma non conoscere affatto il grande talento di questa giovante americana sarebbe stato un gran torto.
La Blix Street Records ha fatto una nuova, interessantissima operazione pubblicando I Can Only Be Me, un disco che unisce le parti vocali originali di Eva Cassidy ad un arrangiamento orchestrale scritto ex novo per la London Symphony Orchestra da William Ross (Autumn Leaves) e Christopher Willis (le restanti otto tracce). La tecnologia è la stessa utilizzata dal regista Peter Jackson, che ha firmato la miniserie-documentario sui Beatles Get Back, per isolare le voci dei Fab Four durante le sessioni di registrazione in studio. Allo stesso modo, dunque, le tracce vocali pre esistenti di Eva Cassidy sono state recuperate e migliorate, conferendo a quel materiale una pulizia, una purezza e una profondità nuove e preziose.
La vulnerabilità e la fragilità della talentuosa cantante invadono le nove tracce di questo suggestivo disco in grado di stuzzicare le corde più profonde dell’anima, e di restituirci sfaccettature del suo universo personale che, finché il suo corpo e la sua anima hanno vagato per questo complesso Mondo, erano sfuggite agli occhi distratti di chi si accorge della bellezza che lo circonda, troppo spesso, solo quando la perde.
È quasi impossibile, pensando alla realizzazione del disco, che non corra un brivido lungo la schiena al primo ascolto, perché la voce della Cassidy, più che aggiunta in un secondo momento, sembra essere stata registrata live insieme alla London Symphony Orchestra, in un unicum perfetto che cala l’ascoltatore in un’atmosfera suggestiva e seducente, a tratti onirica.
Songbird di Christine McVie (Fleetwood Mac) apre il disco, in una versione altrettanto delicata ma quasi cinematografica, seguita dallo standard jazz Autumn Leaves (ad occhi chiusi sembra di vedere le foglie sfumate di rosso e arancione cadere lentamente al suolo) e ancora da classici come Ain’t No Sunshine di Bill Withers, People Get Ready di Curtis Mayfield e l’intramontabile Time After Time di Cindy Lauper.
La sensazione della sua presenza – una caratteristica, c’è da dirlo, evidente in tutta la sua discografia postuma – qui è più viva che mai, e quello che questo esperimento estremamente riuscito ci restituisce è la verità e l’onestà di un’artista che se n’è andata troppo presto lasciandoci tuttavia un’eredità preziosa, di cui continuare a prenderci cura.
Nell’anno in cui Eva Cassidy avrebbe compiuto sessant’anni, quello che possiamo fare è solo dedicarci l’ascolto di I Can Only Be Me e dire “grazie, giovane donna, per il regalo che tu hai fatto a noi”.