17/01/2024
Il lungo viaggio della PFM
Giuseppe Scaravilli torna in libreria con la storica rock band
Lo abbiamo intervistato poco tempo fa con il suo libro sui Jethro Tull, di recente Giuseppe Scaravilli è tornato con un nuovo saggio. Da una delle band più longeve e celebri a un’istituzione del rock italiano ed europeo, la Premiata Forneria Marconi, di cui lo scrittore catanese racconta, per i tipi di Arcana, la gloriosa avventura. La storia della PFM, oltre ad essere lunga e ricca di risvolti internazionali, è anche ampiamente documentata, quindi con l’autore proveremo un approfondimento su alcuni temi chiave dell’esperienza di Franz Di Cioccio e soci.
Partiamo con ciò che accadde prima dell’inizio, ossia i Quelli. Turnisti per Battisti, De André e tanti altri, erano i più richiesti in sala di incisione nella seconda metà degli anni ’60 in Italia. Quanto è stato prezioso questo apprendistato da session man?
È stato sicuramente molto prezioso, come mi spiega il bassista Giorgio “Fico” Piazza nell’intervista esclusiva contenuta nel libro. Dovendo lavorare per altri non potevano permettersi di sbagliare e di non essere all’altezza. Venivano convocati per le session in studio in quanto già bravi, ma lo divennero ancora di più per non deludere le attese. Anche perché incidevano le basi strumentali per artisti importanti quali Lucio Battisti. Piazza instaurò con lui anche un rapporto umano più diretto in quanto, secondo le sue parole, era “un tipo ruspante” come Giorgio all’epoca.
Viceversa la scintilla non scoccò quando, ancora come i Quelli, ma già con Mauro Pagani in formazione, nel 1970 registrarono per La Buona Novella di Fabrizio De André. Troppo distante l’estrazione borghese e il carattere introverso del cantautore rispetto all’esuberanza di quei giovani musicisti. Eppure le cose cambiarono proprio alla fine di quel lavoro di Faber, che basava la sua opera sui Vangeli Apocrifi da lui ritenuti autentici. Come racconta lo stesso cantautore nelle note di copertina: «Io ho degli amici, Franco Mussida alla chitarra, Giorgio Piazza al basso, Franz Di Cioccio alla batteria, Flavio Premoli alle tastiere e Mauro Pagani a flauto e violino. Dopo pochi giorni di distaccata collaborazione hanno dimenticato gli spartiti sui leggii, sono tornati e mi hanno chiesto: “Perché tu fai questo disco, perché scrivi queste parole”? La nostra amicizia è nata proprio in quel momento».
I primi tre album della PFM hanno cambiato il volto della musica italiana, allineandola a quella europea dell’epoca. Qual è stata la tipicità del prog targato Premiata?
I primi tempi in realtà suonavano cover di gruppi inglesi quali King Crimson e Jethro Tull alternati a lunghe improvvisazioni. L’unico pezzo loro era La Carrozza di Hans, che risente dell’influenza di entrambe queste band. Il punto era “come” suonavano questi brani. Il 25 maggio 1971 aprirono per i Deep Purple al Palasport di Roma. Il loro manager Francesco Sanavio si vergognava a pronunciare quel loro lunghissimo “Premiata Forneria Marconi”, non li presentò e nessuno accese le luci. Salirono sul palco al buio, Franz Di Cioccio diede quattro colpi di bacchetta e la devastante 21st Century Schizoid Man deflagrò nell’oscurità lasciando senza fiato gli spettatori. Era un pezzo dei King Crimson, ma la loro versione era una botta pazzesca. La si può ascoltare all’inizio del concerto di Bollate risalente all’ottobre di quello stesso anno e incluso nel box-set 10 anni live 1971-1981. Solo quando eseguivano La Carrozza di Hans la gente capiva che non si trattava di un gruppo inglese ma italianissimo. Quelle influenze rimasero in Storia di un Minuto, Per un Amico e Photos of Ghosts, ma filtrate attraverso una sensibilità mediterranea e un suono caratteristico che era solo il loro.
Sin da subito la PFM ha espresso un marcato temperamento strumentale e la dimensione da live band, caratteristiche non così frequenti nella musica italiana all’inizio degli anni ’70. Credo che queste due peculiarità così forti siano immutate dagli inizi, non trovi?
Sicuramente si, nel 1972 registrarono il primo disco con l’intenzione di farlo sembrare un live, dal momento che erano consci di questa loro peculiarità. E decenni dopo anche sul più recente Ho Sognato Pecore Elettriche trovi un brano come Transumanza Jam che è appunto molto improvvisata, caratteristica delle jam propriamente dette. Una sorta di nuova Altaloma che era solo strumentale e sempre diversa ad ogni esecuzione. Magnifica la versione immortalata su Live in Usa del 1974 e registrata a New York il 31 agosto di quell’anno. Non un concerto tutto per loro, ma all’interno dello Schaefer Central Park Music Festival. Sempre da lì proviene la versione di Is my Face on Straight pubblicata in seguito e lunga 15 minuti per via delle improvvisazioni. Anche se sul box citato si parla per sbaglio di Cleveland. È su questo pezzo che Premoli suonava anche la fisarmonica, in seguito più utilizzato durante il tour con De André.
La PFM è stata la prima band italiana ad avere una affermazione internazionale. Se volessimo fare un paragone tra la PFM e i Maneskin, quali pensi siano le differenze e quali, se ci sono, i punti in comune?
La PFM andava in giro per il mondo raccogliendo successi prima in Inghilterra, poi in America e quindi in Giappone. E in Italia non lo sapeva nessuno. Solo “Ciao 2001” ne parlava. I Maneskin vengono pompati dalle Case Discografiche e li vedi ai TG nazionali. Hanno aperto un concerto dei Rolling Stones. Pensi che li abbia voluti Mick Jagger? Potranno anche piacere, va benissimo. Anche se non si capisce bene chi tra i quattro sia la ragazza, ma va bene così, non vorrei essere frainteso, non è quello il punto. Il punto è che stiamo parlando oggi della Premiata Forneria Marconi ad oltre 50 anni dal loro primo posto in classifica con il disco d’esordio. Qualcuno parlerà dei Maneskin tra 50 anni?
Speriamo però che tra cinquant’anni si parli ancora – per non dimenticare – di anni di piombo, di rock e militanza. Parliamo dunque di PFM e politica. I nostri anni ’70 sono passati alla storia per la radicalizzazione politica, che toccò anche la musica. Rock e impegno andavano di pari passo anche per la Premiata?
Solo per Mauro Pagani. Su “Ciao 2001” qualcuno scrisse che lui era un “simpatizzante del Partito Comunista” e Mauro si premurò di rispondere: «Io non sono un simpatizzante, sono un compagno». Agli altri interessava più che altro la musica. Djivas accettò di passare dagli Area alla PFM anche per questo. Gli Area salivano sul palco con il pugno alzato imitati dal pubblico che stava sotto, e proponevano la loro versione de L’Internazionale. Quando Pagani alla fine del 1976 lasciò la PFM Di Cioccio ironizzò dicendo che aveva preferito andare a vendere piadine a qualche Festa dell’Unità. E con un percorso inverso a quello di Djivas Mauro si avvicinò agli Area, li ospitò sul suo primo disco solista del 1978 e con loro andò a Cuba in occasione di una Festa del Proletariato Giovanile. La PFM era sotto le ali protettive di Franco Mamone e Francesco Sanavio, vale a dire le persone più invise ai giovani di quei tempi. Quando poi La Premiata accettò di toccare i fili della politica prese la scossa. Accadde quando si esibì ad un concerto in favore dell’OLP. Apriti cielo, quasi tutti gli organizzatori di eventi in America erano di origini ebraiche e sentenziarono lo stop al gruppo italiano. Fine dei grandi tour negli States.
PFM e Fabrizio De André: un connubio che ha cambiato per sempre il volto della musica italiana. Per il cantautore fu utile per rimettersi in moto, aggiornarsi e trovare nuove motivazioni musicali, ma per la band?
Per la band fu altrettanto utile, per non dire salvifico. Gli ultimi concerti in California furono quelli del 1977 legati al periodo jazz-rock di Jet Lag, che li portò a tenere più date al mitico Roxy di Los Angeles, ancora con Bernardo Lanzetti alla voce. Ma con il successivo Passpartù le loro velleità internazionali finirono e tutto si ridusse ad un tour solo italiano a bordo di un furgone verde. Né quel disco ebbe successo in Italia, dove spadroneggiavano Tu di Umberto Tozzi e Tomorrow di Amanda Lear. De André viveva in Sardegna, stava pensando di smettere e andò a vedere la Premiata a Nuoro. Nei camerini abbracci e buon umore lo rimisero al mondo e invitò tutti quelli della PFM a mangiare a casa sua. Qui la proposta di Franz per un tour insieme, la iniziale riluttanza di Faber, che immaginava di rimanere sommerso dal muro di suono che aveva ascoltato a Nuoro, poi le nuove versioni di brani suoi da parte di Mussida, Premoli e Djivas che lo lasciarono stupito. Quel tour tra 1978 e 1979 e il relativo disco dal vivo ebbero un successo che giovò al cantautore quanto alla band. Ma non tutti sanno che si trattò di una tournée martoriata dalle contestazioni da parte degli “autoriduttori” che pretendevano di entrare gratis ai concerti, con conseguenti scontri con la polizia. De André veniva fischiato anche in quanto borghese, senza che ci si rendesse conto di quanto i suoi testi fossero dalla parte degli “ultimi”. Dopo il sequestro subìto il 27 agosto 1979 insieme alla moglie Dori Ghezzi, al processo era lui a difendere i suoi rapitori! Eppure le violente contestazioni arrivarono al punto di fargli decidere di interrompere il tour dopo quelle subite a Roma. Franz Di Cioccio penò parecchio per fargli cambiare idea.
A differenza di Banco e Orme, più a disagio con i nuovi tempi, la PFM riuscì a trovare una sua dimensione “pop”. Qual è il tuo parere sui dischi degli anni ’80?
Il mio parere è buono riguardo ai dischi dei primi anni ‘80. Io stesso conobbi la PFM con Si può Fare che era tratta da Suonare Suonare del 1980. Avevo 13 anni e la PFM degli anni prog l’avrei conosciuta solo in seguito, grazie alle raccolte “Linea Tre”. Il gruppo aveva ottenuto il successo internazionale dei primi anni ’70 grazie ad un solo brano: Celebration, che era un’inedita tarantella rock. Ma io per motivi anagrafici la conobbi solo in seguito, mi avevano conquistato con Si Può Fare e Maestro della Voce. Anche il successivo Come Ti Va in Riva alla Città era trascinante con i suoi estratti Come Ti Va e Chi ha Paura della Notte. Franz Di Cioccio passò dalla batteria alla voce, e un po’ come nel caso di Phil Collins nei Genesis questo richiese un secondo batterista, Walter Calloni, mentre Franz diveniva il frontman che entrava in contatto con il pubblico. Questo sia attraverso la sua verve di scatenato performer sudato e in giacca di plastica rossa, sia in quanto vivace comunicatore con il suo linguaggio “anglo-italiano” che parlava di pezzi “of the madon” o di essere degli “old marpion”.
Franz e compagni non si sono mai fermati, affrontano una sorta di “neverending tour” con tanti nomi e tanti progetti. Vorrei che tu ti soffermassi su due iniziative: il rapporto rock e immagine con Stati di immaginazione, il dialogo con la musica classica di PFM In Classic.
A mio parere sono i due lavori più belli da quando sono tornati insieme. Stati di immaginazione contiene tutti pezzi validi, solo strumentali. Premoli è autore di due brani e nulla più, ma Gianluca Tagliavini si rivela il suo più degno sostituto. L’idea di fondo è quella di ascoltare la musica guardando i video associati a ciascun titolo, sia a casa che durante in concerti. Per questo al CD è allegato un Dvd e sul palco vengono montati i maxischermi. Ma sarebbe tutto vano se non fossero i pezzi ad essere efficaci. E lo sono, a cominciare da La Terra dell’acqua. Ho visto tante volte la PFM dal vivo, ma quella è stata la prima in cui volevo ascoltare non solo i pezzi vecchi, ma anche quelli nuovi. Un ritorno al progressive di buona fattura che rende questo disco l’unico ad essere paragonabile a quelli dei tempi d’oro. Per questo Cyber Alpha è rimasto in scaletta fino ad oggi. Anche se le mille note che ora ci propone Marco Sfogli non valgono le “poche ma buone” che ci regalava Mussida. PFM in Classic è il suo addio al gruppo, e funziona come lui avrebbe voluto. Il connubio tra gruppo rock e orchestra è sempre stato un terreno scivoloso fin dai tempi del concerto dei Deep Purple alla Royal Albert Hall. Era il settembre del 1969 e da allora ci hanno provato in tanti. Alla Premiata riesce piuttosto bene, specie nei preludi e successive orchestrazioni di Impressioni di Settembre, La Luna Nuova e Maestro della voce.
La Premiata è tuttora in pista, sia dal vivo che in studio. Il pensionamento è in arrivo o pensi che abbia ancora qualcosa da dire?
Un capitolo del libro si chiude proprio con la frase “la pensione è ancora lontana”. Ma si riferiva agli inizi degli anni ‘80. Oggi il gruppo corre il rischio di apparire come una buona tribute band di se stessa. Franz Di Cioccio ha il merito di aver fatto nascere la Premiata e di averla portata fino ai giorni nostri. Con una tenacia e una vitalità sul palco stupefacenti per una persona della sua età. Ma ha anche creato il vuoto intorno a sé determinando l’uscita prima di Giorgio Piazza e Bernardo Lanzetti e poi anche quella di Franco Mussida. Il mio libro lo esplicita chiaramente, anche se con garbo. Questo ha infastidito qualcuno, a cominciare da Iaia De Capitani, moglie di Franz e manager del gruppo. Ma il volume sta vendendo bene in tutta Italia, la gente finisce di leggerlo e ricomincia da capo. Molti lo fanno ascoltando la musica relativa ai vari capitoli. Si tratta dunque di un elogio alla PFM che non tace riguardo ad alcuni passaggi meno limpidi e che dà voce a chi non l’aveva mai avuta prima. E con una scrittura scorrevole per quanto dettagliata nei particolari. Questo mi viene riconosciuto ogni giorno. Letto con questo approccio andrebbe apprezzato anche da chi ha voluto storcere il naso. E con la chicca della foto di copertina concessami da Armando Gallo, lo stesso autore di quella di Seconds Out dei Genesis. Direi di potermi ritenere soddisfatto e felice anche per quanti si stanno godendo tutto questo.