Ivan Francesco Ballerini, il nuovo album “La Guerra è Finita”
Quarto lavoro per il cantautore maremmano, che torna con nuove canzoni di pace e speranza
È uscito per RadiciMusic Records il nuovo disco di Ivan Francesco Ballerini, cantautore toscano che torna con un progetto inedito a due anni dal suo ultimo lavoro. Il nuovo album si intitola La Guerra è Finita, un titolo che non vuole solo descrivere, ma evocare, suggerire, sperare. Un monito di pace, un richiamo poetico che attraversa le nove tracce dell’album, tutte costruite attorno a un linguaggio intimo e sincero, fatto di ballate folk dai toni delicati, coerenti con il percorso artistico che Ballerini ha tracciato fin dal suo esordio.
Nato a Manciano, nell’entroterra maremmano, il 15 gennaio 1967, Ballerini ha respirato fin da piccolo un forte clima culturale: il padre Romano, pittore affermato, ha accolto in casa artisti come Annigoni, Barbisan e Guttuso, mentre la madre, insegnante, ha incoraggiato la sua passione per la musica, acquistandogli un pianoforte già durante le scuole elementari. La sua formazione artistica si è così nutrita di musica, letteratura e arte figurativa, dando origine a una sensibilità che avrebbe trovato piena espressione solo più avanti nel tempo.
Dopo una lunga gavetta come interprete, chitarra e voce, nei locali e nelle piazze italiane dagli anni Novanta in poi, ha deciso di dedicarsi alla scrittura di brani propri dalla fine del 2018 e solo nel 2019, all’età di cinquantadue anni, ha pubblicato il suo primo lavoro di inediti Cavallo Pazzo. Da allora non si è più fermato e in pochi anni ha dato vita a un percorso intenso e personale che lo ha portato alla pubblicazione di quattro album.
La Guerra è Finita: per citare le note che accompagnano la presentazione del tuo nuovo album a un certo punto parli di canzoni di pace e di speranza.
Senz’altro. Considera che ho iniziato a scrivere quest’album prima che scoppiasse il conflitto israeliano-palestinese e russo-ucraino. Il titolo dell’album è anche quello della canzone più importante: parla di un soldato che è partito per il militare e scrive canzoni d’amore per la fidanzata; quel soldato praticamente sono io, per cui è una canzone in cui mi sono immedesimato nuovamente negli anni in cui ho svolto il servizio militare; e quindi, essendo la canzone per me più bella e più particolare, ha dato anche proprio il titolo a tutto il disco.
Ovviamente è un concept, vero?
Sì sì, è un concept perché ogni canzone poi è legata all’altra. La Guerra è Finita parla appunto di questo soldato, Tra Le Dita è una canzone d’amore, ma, se la ascolti, è collegata anche quella a tutte le altre, e poi c’è Tra Bombe e Distruzione che parla di una ragazza che potrebbe essere ucraina o palestinese e che vuole andare all’università, nonostante tutte le difficoltà della guerra in corso. Quindi le canzoni sono tutte collegate fra di loro e dunque sì, è un concept a tutti gli effetti.
C’è anche la letteratura nel tuo album, almeno c’è sicuramente in Linea D’Ombra, dove citi Joseph Conrad, ma c’è anche in Vestire di parole.
Certo, quasi sempre, in tutti gli album che ho fatto, ci sono richiami alla letteratura. Già per Cavallo Pazzo mi sono dovuto fare tutti gli studi storiografici su Cavallo Pazzo appunto, su Nuvola Rossa, Gufo Grazioso, Coda Chiazzata… quindi mi sono dovuto andare a leggere tutte le loro vite e in maniera anche piuttosto approfondita, sennò non avrei potuto scrivere il disco. E poi va beh, in mezzo ci sono anche la fantasia e le mie cose personali e qui lo stesso: in pratica Linea D’Ombra, che reputo sia uno dei brani più introspettivi del disco, è tratto da La Linea D’Ombra. Una confessione di Joseph Conrad; e invece in Vestire Di Parole c’è un forte richiamo a un racconto bellissimo di Primo Levi che si intitola Ferro e che parla di una storia di amicizia: alla fine lo scrittore conclude il racconto dicendo che è impossibile vestire di parole una persona come Sandro Delmastro, partigiano rimasto ucciso da una scarica di mitra di un bambino arruolato nella Repubblica di Salò; quindi è un racconto veramente molto triste e molto toccante e io da lì ho estrapolato il concetto per scriverci una canzone d’amore, volendo affermare che quando perdi una persona a cui tieni molto, è impossibile poi riuscire a colmare quel vuoto con le parole.
Nedo Baglioni traduce poi attraverso le immagini le tue canzoni come ha fatto con il video di Linea D’Ombra, vero?
Ne volevo fare un cartone animato, ci abbiamo già provato altre volte. O comunque volevo almeno un disegno animato, perché i cartoni animati sono troppo costosi e non mi posso permettere di chiamare un fumettista e fargli fare 1000/2000 disegni per poi lavorarli al computer. Quindi Nedo mi ha messo in contatto con il bravissimo disegnatore Leonardo Marcello Grassi e lui mi ha fatto una decina di tavole di china; poi Nedo ha praticamente sovrapposto a un film questo viaggio, questa mongolfiera, questa donna… ha sovrapposto il tutto su due livelli e ha tirato fuori un video per me bellissimo.
A Nedo e sua moglie hai anche dedicato un brano, Perché mai.
Sì, per quando si sono sposati nel 2022. Nedo mi aveva chiesto: “Ma mica suoneresti al mio matrimonio?”, per cui è stato un regalo… non un regalo che io ho fatto a lui, ma un regalo che lui ha fatto a me chiedendomi di suonare. In quell’occasione ho coinvolto anche Alberto Checcacci, che è il mio direttore artistico ed è un chitarrista acustico bravissimo. E quindi per il loro matrimonio ho scritto questa canzone d’amore dedicata proprio a Nedo e a Janet.
Come ti trovi in questa “nuova vita da cantautore”? Questo è il tuo quarto album, vero?
Avrei dovuto intraprendere prima questa strada, però tra il lavoro, la famiglia, la figlia piccola e tutto il resto trovare il tempo per scrivere non era così semplice; ci avevo provato anche a fine anni ’90, ma avevo scritto delle cose molto brutte probabilmente, ora non saprei, ma le avevo cancellate (ride, ndr). Poi invece mi sono rimesso a studiare in maniera più seria la chitarra e a fine 2018 mi sono messo a scrivere alcune cosine, perché era entrata una certa quadratura, i testi mi sembravano belli e quindi poi mi sono messo a cercare un arrangiatore per sentire come venivano i brani, dandogli una veste proprio di canzoni vere e proprie. Poi da quel momento non mi sono più fermato ed è stata come una reazione a catena.
Stai proponendo dal vivo La guerra è finita?
Sì, ho fatto un concerto a Grosseto a inizio maggio, è venuta fuori una bella atmosfera e il pubblico mi ha fatto i complimenti. Poi a me piacerebbe andare nei teatri con queste canzoni.
Un viaggio che alla guerra risponde con la poesia – Una speranza per le nuove generazioni si legge ancora nelle note che accompagnano la presentazione del tuo nuovo album che, come dicevi anche tu, è un concept che si apre e si chiude con Il mondo aspetta te.
Sì, sono temi che avevo già affrontato in Cavallo Pazzo: la seconda canzone di quell’album è Preghiera Navajo, una preghiera di pace che un indiano scrive a un bianco, sperando di trovare un punto di incontro che invece non c’è stato mai, almeno negli anni in cui gli inglesi sono andati a invadere l’America, quindi è un tema che qui tratto di nuovo. Nel finale dell’album c’è ancora Il mondo aspetta te, dopo l’Overture della prima traccia. Quel brano è una poesia, non è nemmeno una canzone; se togli la musica e leggi le parole, è proprio stile poesia per me. E poi Il mondo aspetta te, non aspetta certo me. Io ho 60 anni e quindi la canzone è rivolta alle generazioni a venire, sperando che riescano a costruire un mondo un pochino più roseo di quello che stiamo attraversando ora noi, dal momento che viviamo in un periodo storico piuttosto cupo. L’umanità si meriterebbe molto di meglio…
