La filosofia del lato B secondo Paolo Gresta
Scarti diventati leggenda, comparse divenute superstar nel nuovo libro Arcana
“Mi aspettavo grandi Lati B dagli artisti che amavo”. L’affermazione di Robert Smith dei Cure non può non essere condivisa da tutti coloro che sono cresciuti con il rock dell’epoca classica: spesso era lo spazio destinato al riempitivo, ma a volte capitava che il lato B fosse la collocazione giusta per il pezzo meno funzionale alla classifica e destinato ai cultori. In Il lato B. Da comparse a superstar: la storia di B-side scarti e outtake diventati leggenda (Arcana), Paolo Gresta ha individuato e raccontato le vicende di trenta B-side con una storia importante. Ne parliamo con lui.
Vizi e virtù del lato B, caro Paolo. Nel tuo precedente libro sulle one shot band hai raccontato l’esperienza dei gruppi artefici di un solo disco, ora ti sei soffermato su storie altrettanto sorprendenti, legate alla imprevedibile potenza di una canzone. Cosa ti ha spinto a intraprendere questo studio?
La mia ossessione per i sottovalutati, i dimenticati e gli underdog, direi. “Luoghi” dove immancabilmente si nascondono gemme preziose e storie bellissime. Mi piaceva l’idea della rivincita, per così dire. Di opere d’arte che dal cassetto in cui erano state rinchiuse sono esplose in maniera fragorosa, fino a diventare i classici che oggi tutti conosciamo. E mi piaceva anche raccontare il fatto che la musica non è una scienza esatta e quindi da tanti, tantissimi errori commessi da discografici e produttori sono nate opportunità e scenari inimmaginabili. C’è speranza per tutti, insomma!
Solitamente il lato B era la “dark side” dell’apripista promozionale. Eppure la storia del rock deve moltissimo al retro: basta pensare che Rock Around The Clock fu un lato B! Che cosa accadde alla celebre canzone di Bill Haley?
Quello che successe a tantissimi altri b-side: ovvero essere ristampati dopo pochissimo tempo come singoli ufficiali! Rock Around The Clock è stata una canzone scritta in circa mezz’ora e che oggi è il singolo rock’n’roll più venduto della storia della musica. Fu il pezzo che creò praticamente questo genere e che spianò la strada a Elvis. E soprattutto fu il primo brano con quel sound fantastico che veniva interpretato da una band bianca. E che per colpa del suo Lato A Thirteen Women (And Only One Man in Town) dovette inizialmente patire l’insuccesso discografico!
Se facciamo un rapido salto in Italia, vediamo che i due principali rappresentanti della nostra canzone, De André sul versante impegnato, Battisti su quello leggero, devono tantissimo a due facciate B: La canzone di Marinella per il primo, Balla Linda per il secondo. Possibile che sul lato A due giganti del genere avessero dei brani meno fortunati?
Sì. Almeno, in questi 2 casi particolari. Ma sono 2 b-side esemplari che raccontano altrettanti momenti decisivi per le carriere degli artisti. La Canzone di Marinella rimase nel dimenticatoio per 3 anni. Tant’è vero che De André pensava seriamente di riprendere gli studi in Legge visto che la carriera da cantautore faticava a decollare. Ci volle una cover di Mina a far esplodere quel capolavoro. Walzer per un amore non la ricorda più nessuno.
Balla Linda fu invece il primo vero successo di Battisti da interprete delle sue canzoni e rappresentò un brano di rottura rispetto alla scrittura classica della canzone italiana di allora. Fu amata da subito. Prigioniero del mondo venne presto dimenticata.
Guardando i 45 dei Beatles non si contano le B side clamorose, da Eleanor Rigby a Come Together passando per Revolution. Ai tempi d’oro della discografia ma anche nel momento di massima ispirazione artistica, un 45 giri era una piccola miniera d’oro, non trovi?
Senza dubbio. E lo è stata almeno fino agli anni ’00 perché gli artisti ci infilavano spesso canzoni che non trovavano spazio sugli album ufficiali ma che erano rimaste in ballottaggio fino all’ultimo. Gli Smashing Pumpkins sono una miniera infinita di lati B bellissimi, ad esempio. Così come i Pearl Jam o i Depeche Mode, che hanno pubblicato splendide raccolte dedicate ai loro “scarti”. Poi l’evoluzione della musica liquida ha cambiato tutto e quello che oggi si chiama Ep, un tempo era semplicemente un singolo con 4, 5 o 6 b Side a fare da contorno. I Beatles facevano storia a sé, non esiste paragone con loro. Uscivano a botte di doppi lati A e spaccavano sempre le classifiche!
Cambiano i tempi, cambiano i generi, ma non certe dinamiche: I Feel Love di Donna Summer e I Will Survive di Gloria Gaynor erano lati B. Possibile che all’epoca della disco music nessuno si accorgesse che il pezzo forte era sul retro?
Sì sì, possibilissimo! I Feel Love all’inizio non venne proprio capita dai discografici di Donna Summer. Troppi suoni strani. Un pezzo di avanguardia puro, per quel periodo. Mentre al contrario la sua potenza fu colta al volo dai dj e dal pubblico, che al primo ascolto impazzirono. I Will Survive oggi è un inno universale di resistenza, di lotta per non arrendersi mai. Ma la Polydor nel 1978 rimase convinta che il singolo di punta fosse Substitute. I Will Survive rimase a fare da “badante” a quella canzone fino a quando la label non si piegò alla vox populi.
Occhi puntati sui discografici spesso miopi o disattenti, ma l’attenzione andrebbe dirottata sul pubblico: quanto ha contato nel consacrare Alla fiera dell’est di Branduardi?
Fu decisiva perché quando uscì per la prima volta, tutti gridarono al fiasco. Poi piano piano, con un passaparola formidabile, in 7-8 mesi la canzone venne consacrata allo status di grandissimo successo. Il pubblico, nel 90% delle storie che ho raccontato in questo libro, è stato l’elemento chiave per restituire ai lati B quello che davvero meritavano.
Negli anni ’80 e ’90 questo fenomeno pare diminuire. Maggiore oculatezza delle major nell’individuare subito il pezzo forte da sparare in A?
Guarda, non so se dipenda dal periodo o dalla decade. Perché le etichette discografiche hanno sempre preso grossi abbagli! In questo libro ho inserito la storia di 30 canzoni, ma ti assicuro che ne ho lasciate fuori parecchie altre. E poi se pensi ad How Soon Is Now? degli Smiths oppure a Born Slippy degli Underworld o a Time Of Your Life dei Green Day allora capisci che le cantonate degli anni ’60 o ’70 non erano molto diverse dai decenni successivi. Senza parlare di Ice Ice Baby! Un pezzo che nel 1990 creò un giro d’affari da 100 milioni di dollari in pochi mesi e a cui inizialmente venne preferita l’inutile Play That Funky Music.
La filosofia del Lato B è terminata con la discografia classica e la scomparsa del 45 giri oppure pensi che le storie che hai raccontato possano oggi verificarsi altrove e in un altro modo?
Beh sicuramente il “romanticismo” di un lato B classico come l’abbiamo conosciuto non c’è più perché sono cambiati i supporti tecnologici e i modi di ascoltare la musica. Ma sento spesso gli artisti riproporre dal vivo pezzi dimenticati a cui però magari sono affezionati. Il lato B ti dava la possibilità di sfogare i tuoi pensieri più onesti, forse. Senza l’ansia da prestazione del singolo. E magari alle band questo manca. La dimensione live è sempre stata il vero banco di prova per i musicisti, lo sappiamo. E se ancora oggi i Pearl Jam chiudono quasi tutti i loro concerti con Yellow Leadbetter forse vuol dire che non solo loro, ma anche i fan non vogliono perdere quella autenticità un po’ dimenticata dei lati B.