13/12/2023

Le storie a 33 giri di Nicola Iuppariello

La rivincita del vinile nel nuovo libro di Capponi Editore

 

Dai tempi del DiscoDays a Napoli, passando poi per libro Il vinile ai tempi dell’iPod e il documentario Vinilici, Nicola Iuppariello si è ritagliato un ruolo centrale nel campo della divulgazione a 33 giri in Italia. Collezionista, promotore culturale e produttore, l’autore partenopeo indaga da lungo tempo sul passato e sul presente del vinile. Probabilmente anche sul suo futuro, come leggiamo tra le righe di Di vinile e altre storie (Capponi Editore). Riflettiamo con lui sul tema, caro ai lettori di Jam.

 

Quante storie per un vinile, caro Nicola. Intanto facciamo chiarezza su un punto: possiamo concretamente parlare di vero, autentico, ritorno del vinile? 

È proprio così: già da qualche anno ormai troviamo i nuovi album in vinile non solo sugli scaffali dei pochi negozi di dischi rimasti, ma anche dei megastore e delle catene di librerie. Nell’ultimo decennio di questo secolo il vinile non ha mai smesso di fare nuovi fedeli. Il ritorno al vinile c’è già stato, ora viviamo un periodo in cui il vinile non è più solo un feticcio del passato.

 

Il tuo nuovo libro parte da un assunto storico che vale tuttora, tra revival e recupero culturale: il giradischi è un oggetto di design ma anche un veicolo percettivo. È ancora cosi?

Il giradischi è un oggetto affascinante che riempie un ambiente con il suo design, spesso vintage o senza tempo, ancor prima che con il suono che esso produce. Per me rappresenta un oggetto di cui non posso fare a meno negli spazi che vivo: ne ho uno a casa e due al mio studio, uno di questi in una stanza che sono riuscito a dedicare esclusivamente all’ascolto. Il disco in vinile è inscindibile dal giradischi su cui viene riprodotto, e pur esistendo coloro che acquistano dischi solo per conservarli io mi rivolgo naturalmente a coloro che non possono fare a meno della magia di aprire un disco e metterlo sul piatto.

 

Senza entrare in panegirici nostalgici, il 33 giri ha offerto anche una simbologia: la tangibilità, il modo di ascolto, la ritualità. Cosa pensi che l’industria culturale e gli ascoltatori abbiano perso con l’avvento del digitale?

Con il digitale si sono modificati tutti gli aspetti riconducibili alla relazione tra la musica e l’uomo ed in particolar modo, e solo per fare una sintesi, il rapporto viscerale che si crea tra essa e chi la ascolta. La musica da manifestazione artistica diviene negli anni sempre più diffusamente considerata un contenuto emozionale a fini di marketing o un effimero intrattenimento.  Già duemilacinquecento anni fa Confucio affermava che «La musica produce un tipo di piacere di cui la natura umana non può fare a meno», negli ascoltatori del vinile resta quel DNA di coloro che non possono rinunciare a godere nel profondo del senso del suo ascolto.

 

Ascolto quindi sono, si intitola un capitolo. Se questo è vero, l’amante del vinile dovrebbe avere una precisa identità. Hai avuto modo di tracciarla?

Più frequentemente chi ascolta in vinile ha un approccio critico, sia nei confronti della musica contenuta nel supporto che della propria percezione sensoriale, non solo uditiva. L’ascolto di un vinile diviene strumento per comprendere le sensazioni vissute in quel determinato momento. Non vi è pregiudizio, o paura, di confrontarsi con le emozioni che scaturiscono da quell’esperienza, che diviene un proprio standard di riferimento non soltanto per i futuri ascolti. L’ascolto del vinile non è quindi solo un’esperienza uditiva, ma parte dalla scelta e nel complesso si traduce in un esercizio attento e sensibile che, attraverso l’esplorazione e l’approfondimento di effetti analoghi a quelli più apprezzati, può condizionare le proprie preferenze: in ambito artistico, ad esempio nelle arti visive o letterarie, e in senso più ampio anche culturali.

 

Un elemento chiave è la copertina. Nella storia del rock c’è stato un momento irripetibile di incontro tra l’arte grafica e la musica, che ha generato i capolavori di Beatles, Velvet Underground, Pink Floyd, David Bowie e tanti altri. 

La grafica legata alle copertine segna la storia non solo dell’arte ma della società più in generale, tanto è che numerosissime sono state le pubblicazioni e le esposizioni, anche nei musei, dedicate alle immagini delle copertine dei dischi in vinile. Molti degli autori che hanno realizzato e tutt’ora sono impegnati nella realizzazione delle grafiche per i dischi in vinile sono entrati nella storia dell’arte, così come tanti sono gli artisti che si sono dedicati alle cover. Molti album sono ricordati o apprezzati più per l’immagine della loro copertina che per la musica in essi contenuta. Con la grande diffusione del vinile si sta tornando, così, anche al ruolo centrale dell’immagine quale rappresentazione dell’artista o della band all’interno del suo tempo e nello scenario artistico di riferimento.

 

Il vinile non è solo un supporto fisico, ma una delle componenti di un buon audiofilo: che apparecchiature consigli a chi voglia intraprendere un percorso di ascolto di alta qualità?

Uno dei fattori da considerare è il margine economico che si è disposti a raggiungere per realizzare un impianto. Non saprei dare consigli audiofili in quanto la mia esperienza non è prettamente legata allo sviluppo delle tecnologie in quest’ambito, ma per esperienza posso affermare che esistono numerosi prodotti di diversi marchi sul mercato dell’alta fedeltà che producono oggetti con i quali si possono apprezzare standard di qualità elevati a prezzi davvero ragionevoli. Nulla a che vedere per intenderci con la qualità, e naturalmente con i relativi prezzi, dei dispositivi quali gli assistenti vocali e degli altoparlanti bluetooth portatili. Uno scenario che consiglio di esplorare a coloro che hanno più tempo e sensibilità è quello dell’HiFi vintage, che può riservare delle splendide sorprese a coloro che sono disposti ad approfondire il tema e ricevere consigli, ad esempio attraverso la partecipazione ai forum online.

 

Tra le varie interviste nel tuo libro mi viene in mente Jenny Sorrenti, un’artista nata e cresciuta col vinile, poi passata al cd e tornata – con Saint Just Explosion – al formato storico. I musicisti “vecchia scuola” come hanno affrontato questo percorso vinilico dal trionfo al ritorno?

Gli artisti che hanno inciso musica in vinile sono quasi tutti entusiasti del ritorno in auge del supporto per la distribuzione della propria musica. I dischi dei Saint Just sono stati recentemente ristampati dalla Universal. Il mio pensiero è che sono pochi quegli artisti che hanno vissuto la loro carriera in funzione del supporto per l’ascolto della loro produzione. A prescindere da un’eventuale e ipotetica preferenza per il vinile, il musicista è inscindibilmente e visceralmente legato esclusivamente alla musica che realizza in un determinato momento e dalla ispirazione che la alimenta; fermo restando che la quantità e la qualità di musica prodotta si sono dovute adeguare quasi sempre agli standard di diffusione e ciò avviene naturalmente senza forzature, come accade anche ai ritmi e ai temi che si adeguano al gusto delle epoche.

 

Nel libro un altro tuo dialogo è con l’Associazione Covergreen, una delle poche mostre di copertine italiane. A tuo avviso abbiamo una buona cura della memoria storica o c’è ancora molto da fare?

La memoria oggi si cancella quasi subito dopo aver immagazzinato una nuova informazione, avviene un format continuo che ci elimina i contenuti vissuti sino a un momento fa per predisporci ad assimilare i milioni di input percepiti continuamente durante le nostre giornate. La sensibilità attuale permette all’individuo di dimenticare anche ciò che di importante avviene solo molto recentemente, così che le cose del passato tendono a perdere di importanza. Purtroppo quindi la memoria storica va cancellandosi man mano che le vecchie generazioni lasciano il posto a quelle native digitali. L’attività di Covergreen è la testimonianza di una cerchia che resiste, non con nostalgica attenzione ma guardando al futuro, con l’intento di costruire partendo dalle cose belle fatte nel passato.

 

Cosa riserverà il futuro al vinile?

Ciò che vedo attualmente ritaglia al futuro del vinile uno spazio apprezzabile all’interno del mercato della musica riprodotta. Gli acquirenti sono aumentati in questi anni e se il mercato si rivolgerà a loro in maniera adeguata continueranno a caratterizzare una non trascurabile fetta del settore. Una concreta possibilità è però quella che la proposta si possa rivolgere sempre di più ad una nicchia di appassionati e fan ancor prima che agli ascoltatori.

Iuppariello - Di vinile e di altre storie

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