13/07/2015

Neil Young & Promise of the Real

Un concept album dove il cantautore canadese, accompagnato dai Promise of the Real, sferra un feroce attacco alla multinazionale Monsanto
“Gli anni della Monsanto sono qui e noi li stiamo vivendo. Monsanto è l’emblema assoluto di ciò che di sbagliato c’è nel governo mondiale delle multinazionali. Il nostro prossimo disco, The Monsanto Years, racchiude numerosi temi caldi di cui milioni di persone in tutto il mondo si preoccupano e per i quali sono attivi”. Questo è ciò che scriveva Neil Young sul proprio profilo Facebook lo scorso 24 aprile, annunciando l’uscita della sua ultima fatica discografica, The Monsanto Years, pubblicato dalla Reprise. Un concept album dove l’artista canadese prende di mira la multinazionale leader nello sviluppo di sementi geneticamente modificati e pesticidi. D’altro canto, non è la prima volta che il musicista sessantanovenne assume posizioni di questo tipo: da anni Young è in prima linea per sensibilizzare i suoi fan e l’opinione pubblica mondiale sulle tematiche ambientali e di agricoltura sostenibile (basti ricordare la battaglia contro i colossi del petrolio in Canada). 
 
Il trentaseiesimo album in studio del cantautore nasce dalla collaborazione con i figli di Willie Nelson, Micah e Lukas (quest’ultimo in particolare insieme al batterista Anthony Logerfo, al bassista Corey McCormick e al percussionista Tato Melgar forma i Promise of the Real, band californiana nata nel 2008 con all’attivo un paio di album in studio). Un’amicizia, quella tra il rocker canadese e i Nelson, nata dopo aver condiviso il palco del Farm Aid lo scorso anno e che li ha spinti a dar vita a questo progetto. L’album è stato registrato lo scorso gennaio al “Teatro” di Oxnard, California, la stessa location dove Willie Nelson incise il materiale per il suo album del 1998, Teatro, che prendeva il nome proprio da questo storico cinema risalente agli anni ’20. Della produzione se ne sono occupati lo stesso Neil Young e John Hanlon, già al lavoro con il canadese nei recenti Psychedelic Pill, Americana e in altri dischi come Dead Man e Unplugged. Le nove canzoni che compongono The Monsanto Years sono all’insegna dello stile rock più classico di Young, elettrico e vigoroso, con la chitarra rumorosa sempre in primo piano: certo, probabilmente la mancanza dei Crazy Horse in alcuni frangenti può farsi notare, ma l’ispirazione e l’alchimia raggiungono livelli più che soddisfacenti.
 
L’inno iniziale New Day For Love con i suoi “chitarroni”, gli assoli interminabili e i coretti rappresenta un ottimo esempio in questo senso, così come la ballad country-folk Wolf Moon. Ma l’apparente ottimismo fa spazio via via alla feroce critica sociale di Young, diretta e senza fronzoli, dove la gente è chiamata a rovesciare un vero e proprio “impero del male”, fatto di degrado ambientale, strapotere aziendale, politici al servizio delle lobby: la rabbia è incanalata in People Want To Heart About Love e nella durissima Big Box dove Neil Young lancia un grido di allarme liberatorio: “Nelle strade della capitale le multinazionali prendono il controllo / La democrazia è caduta ai loro piedi / I soldi cadono dal cielo per quelli che arrivano / In qualche modo noi vinceremo, ma ora…”. A testimoniare il fatto che i riferimenti critici sono più diretti che mai, c’è il singolo A Rock Star Bucks A Coffee Shop, dove il rocker lancia la sua invettiva proprio contro Starbucks: “Se non ti va giù che una rockstar si oppone a un caffè/Be’, meglio se cambi stazione perché c’è dell’altro/Sì, voglio una tazza di caffè ma non un OGM/Amo iniziare la giornata senza aiutare Monsanto”. Il cantautore si schiera poi a fianco dei piccoli coltivatori nella sprezzante Workin’ Man, riflette sulla condizione del sistema capitalistico nella trasognata Rules Of Change e sferra l’attacco finale a Monsanto nell’anthem Monsanto Years: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano e non lasciarci con Monsanto/I semi della vita non sono più ciò che erano Madre Natura e Dio non li posseggono più”. Il sipario cala, infine, sugli intrecci chitarristici di If I Don’t Know, pezzo condito da una sottile e amara ironia.
   
The Monsanto Years probabilmente non rappresenta un caposaldo della discografia dell’artista canadese, ma è certamente una prova di forza di grande attualità. A quasi settant’anni suonati, Neil Young mette in piedi un concept album dove con grande coraggio e lucidità usa la sua musica per scuotere le coscienze in un mondo sempre più apatico e indifferente. Anche solo per l’estrema cura e qualità dei testi The Monsanto Years meriterebbe di essere citato tra le migliori uscite del 2015, anche perché, senza gridare al miracolo, anche il livello qualitativo musicale è di pregevolissima fattura. E se un’emittente come la BBC impone ai propri deejay di non passare in radio il materiale di quest’ultima fatica discografica di Neil Young, allora significa che parliamo di canzoni che certamente non possono lasciare indifferenti…
 

 

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!