Rick Wakeman live all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il report (4.3.2025)
Ultima delle sei tappe in programma in Italia a Roma per Rick Wakeman e il suo The Final One-Man Piano Show
Ieri sera la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma si è riempita lentamente ed elegantemente per Rick Wakeman grazie al “popolo del prog”, al quale si potrebbe attribuire una caratteristica, su tutte, che risalta e resiste: la fedeltà. Perché chi in quei pochi anni folgoranti a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta si era perdutamente infatuato di quel rock suonato con sopraffine sapienza, mescolato al jazz, a sentori blues e alla musica sinfonica – e impreziosito da liriche visionarie, favolistiche e poetiche – è ancora qui che si ritrova, oggi, a rendere omaggio agli autori, grandi protagonisti di quel prezioso, se pur breve, pezzo di storia musicale. Non è affatto strano, dunque, che ieri si sia assistito in religioso silenzio a un concerto che, è ufficiale, non si ripeterà più.
Il Maestro illustre delle tastiere e delle sue relative sonorità, che hanno coniato nella musica del Novecento un paradigma imprescindibile di tecnica e stile, Mr. Rick Wakeman, è salito su un palco completamente spoglio di qualsivoglia scenografia od orpello superfluo per raggiungere, esattamente al centro, un pianoforte a coda illuminato a giorno dall’occhio di bue, e tanto è bastato, ancora nel silenzio, a conferire ai momenti che hanno preceduto il suono una potente aurea di sacralità. La camminata visibilmente appesantita dell’uomo (76 anni il prossimo 18 maggio) con una vita che sembrano dieci alle spalle e tutte le difficoltà fisiche che ne conseguono, ha contrastato palesemente con la leggerezza dell’artista e delle sue mani che hanno volato vorticosamente sulla tastiera per novanta minuti circa. Pochi minuti dopo le 21 Wakeman ha introdotto il suo spettacolo ironizzando sulle poche parole in italiano che conosce (tra cui “pasta e fagioli”) e confermando la notizia che gli appassionati hanno già da qualche tempo imparato ad accettare: sarà il suo ultimo tour in piano solo. I primi venti minuti trascorrono senza interruzione con due brani del suo storico The Six Wives of Henry VIII (Catherine of Aragon e Catherine Howard) seguiti da un medley di cover composto da Morning Has Broken di Cat Stevens e Space Oddity / Life on Mars di David Bowie, che il pianista ricorda con profondo affetto appellandolo “il musicista migliore di sempre”. Il “periodo fortunato”, come lo definisce sorridendo, accanto a Jon Anderson, Steve Howe, Chris Squire, Bill Bruford e Alan White, che Wakeman battezza Yes set, viene raccontato attraverso tre brani di periodi differenti, The Meeting / And You And I / Wonderous Stories. Tra un lungo momento suonato e l’altro poche parole per ringraziare il pubblico, introdurre brevemente le composizioni e sottolineare la differenza di resa finale di quella musica che in realtà siamo stati abituati a conoscere e amare anche per la complessità del suo intreccio sonoro dato dalla pienezza della band al completo: di fatto, ciò a cui si sta assistendo è la genesi, è il privilegio di sbirciare nel processo compositivo dell’autore che parte sempre dal puro e unico suono del pianoforte. Il concerto si avvia verso la fine con The King Arthur Piano Suite estratta da Yessonata, un lavoro pubblicato a novembre 2024 e con due bis, il primo da Journey To The Centre Of The Earth e, in chiusura, la brillante The Jig.
Senza il minimo accenno di stanchezza nelle dita, che hanno corso su e giù lungo i tasti, mantenendo un ritmo serrato per l’intera durata dell’esibizione, Rick Wakeman si alza dallo sgabello e con un inchino saluta il “popolo del prog” presente a Roma, nell’ultima delle sei date in programma di questo tour nel nostro Paese. Esce di scena, le luci si accendono e le righe conclusive di un capitolo storico sono state scritte: The Final One-Man Piano Show.
