«Se accogliamo l’inatteso, se siamo liberi di non essere schiavi del ritmo, se abbiamo il coraggio di credere che i sogni potranno realizzarsi, le nostre orecchie trasformano modeste canzoni in musica al di là della nostra più selvaggia immaginazione».
Parole del genere, un vero e proprio manifesto programmatico che inneggia alla libertà creativa, potrebbero essere state tranquillamente pronunciate da Robert Fripp: non è un caso che, di fronte alla vexata quaestio «Chi è The Vicar?», una delle risposte più frequenti conduca proprio al dominus crimsoniano. Ma The Vicar, autore dell’esergo, è qualcosa di diverso. Chi bazzica il sito DGM sa benissimo di chi/ cosa stiamo parlando, benché la sua identità non sia mai stata rivelata ufficialmente: qualcuno è convinto del carattere totalmente fittizio dell’operazione, altri sostiene si tratti dell’autore Punk Sanderson o addirittura di Trevor Horn, qualche filologo prog risale al Vicar nominato in alcuni lp dell’ex Genesis Anthony Phillips.
La tesi più accreditata vuole che sia l’uomo di fiducia frippiano David Singleton, autore dichiarato dei brani di Songbook #1, una raccolta presentata sul sito, pubblicata in digitale lo scorso novembre, ora approdata su cd. È l’atto finale di The Vicar Chronicles, una saga multimediale a dir poco sarcastica nei confronti dell’industria discografica, ospitata su DGM e composta da racconti, video, graphic novels e canzoni, assai apprezzata da Brian Eno, Andy Partridge, Nick Cave e Bill Bruford. Rispettando lo spirito giocoso di questo piccolo mistero, non sarebbe azzardato immaginare The Vicar come un collettivo, un sodalizio di autori, musicisti e produttori coordinati da Singleton, tutti alle prese con un grande sfottò, come accaduto con i Residents o con gli alter ego di Peter Hammill come Rikki Nadir.
Sembra bizzarro ma il risultato di un approccio così anticonformista è un album che fa della misura, dell’equilibrio, della classe e del rigore i propri tratti caratteristici: Songbook #1 è una sequenza di canzoni brillanti, quattordici pop song private di basso e batteria, anzi concepite proprio facendo a meno della canonica sezione ritmica rock e sviluppate su linee di chitarre acustiche, piano, archi e fiati con diversi vocalist. Con Eleanor Rigby e She’s Leaving Home come spirito guida, The Vicar prende spunto anche dal jazz e dal music hall, richiamando l’eleganza della Penguin Cafè Orchestra in un’opera che più inglese non si può. Andy Yorke, Tony Levin, Chas Dickie, Keith Tippett, Jakko Jakszyk, Lewis Taylor, Theo Travis, l’immancabile Fripp e altri rendono Girl With The Sunshine, Childhood Days, The Moony Song, Twenty Two, Man With A Woman e Inside My Head dei gustosi esempi di chamber pop brioso, a volte malinconico e sognante, con melodie a presa rapida e arrangiamenti leggeri ma sostanziosi. In aggiunta un dvd con il materiale integrale delle Chronicles, che dà un’ulteriore luce sulla complessità dell’operazione. Delizioso.