16/09/2015

Pink Floyd, Wish You Were Here compie 40 anni

“Il lato oscuro della Luna” sembrava averli lasciati senza ispirazione, ma sono bastate quattro note di chitarra a dar vita ad un nuovo capolavoro floydiano
Abbey Road, gennaio 1975. Waters, Gilmour, Wright e Mason entrano negli studi più famosi del Regno Unito per lavorare ad un nuovo album, ma non hanno ancora le idee ben chiare. Il monumentale successo di The Dark Side Of The Moon, uscito due anni prima, li ha artisticamente ed emotivamente consumati e pensare di riuscire ad eguagliare un tale successo con un nuovo disco sembra davvero difficile. Tuttavia, il capolavoro che ne esce fuori dopo settimane intere di lavoro è Wish You Were Here, album pubblicato a settembre dello stesso anno e che, a 40 anni di distanza e con oltre 12 milioni di copie vendute alle spalle, resta un’indiscussa pietra miliare del rock.
 
Le prime sessioni di registrazione si rivelano “molto faticose, una tortura”, come riveleranno Waters e compagni in seguito, ma la chiave di volta sono quattro semplici note di chitarra partorite dal genio di Gilmour: nasce Shine On You Crazy Diamond. Con un’introduzione strumentale di otto minuti e mezzo si può parlare di una suite evocativa dedicata a Syd Barrett, primo e storico frontman della band, e ispirata al suo tragico declino. Il torturato spirito di Syd aleggia in tutto il disco, anche se i Pink Floyd non vedono l’ex frontman già da un po’; il 5 giugno 1973, casualmente proprio durante il missaggio finale di Shine On You Crazy Diamond, un uomo sovrappeso, con la testa e le sopracciglia completamente rasate, entra nella stanza. Inizialmente nessuno lo riconosce, pensano tutti che si tratti di un tecnico della EMI, fino a che Waters e Gilmour realizzano che si tratta proprio del loro vecchio compagno di viaggio: Syd Barrett. È un duro colpo per i quattro musicisti inglesi vedere l’amico ridotto in quelle condizioni.
 
La mancanza di Barrett e lo stato di quasi alienazione degli altri componenti si riflettono nelle tracce dell’album, e il tema dell’assenza diventa il fil rouge dell’intero concept. Un’assenza non solo fisica, dunque, ma anche emotiva, una visione sempre più cinica e disincantata che porta Waters, l’autore dei testi, a riflettere sull’avidità e l’ipocrisia dell’industria musicale, altro concetto chiave del disco.
Wish You Were Here si sviluppa gradualmente: il disegno melodico e il ritmo caldo e coinvolgente rendono l’album ancora più intimo del precedente Dark Side; il suono acquisisce elementi visionari e restituisce un’idea di “spazialità” che richiama fortemente i canoni estetici del progressive rock. Su suggerimento di Roger Waters, Shine On You Crazy Diamond viene divisa in due parti – ad apertura e chiusura del disco – e incornicia gli altri tre brani che completano il nono album dei Pink Floyd: Welcome To The Machine, un pezzo cupo, caratterizzato dalla forte presenza, lenta e costante, dei sintetizzatori di Richard Wright; la successiva Have A Cigar, cantata dall’amico e collega della band Roy Harper, una voce esterna al gruppo che, nonostante la bella prova canora, rischia di spezzare la continuità del disco. Il brano non ha un vero e proprio finale e si lega senza interruzioni a Wish You Were Here, che inizia con un riff tra i più blasonati della storia del rock, ancora una volta firmato da David Gilmour. L’aridità compositiva paventata all’inizio viene quindi scongiurata, e lascia il posto ad una creatività fervente e ad un’interazione perfetta tra i quattro componenti: i testi profondi di Roger Waters, la chitarra quasi urlante di David Gilmour, le sperimentazioni di Richard Wright e l’accompagnamento diretto ed efficace di Nick Mason.
 
Wish You Were Here è il risultato di un legame forte, ancora oggi uno degli album preferiti dai fan dei Pink Floyd, oltre ad essere il lavoro più amato dagli stessi Gilmour e Wright; ascoltare le prime note di Shine On You Crazy Diamond provoca ancora le stesse, forti emozioni. E non saranno sufficienti altri 40 anni a scalfire la profondità e l’intensità che hanno reso quest’opera così emblematica e che non poteva non essere ripresa, seppur solo in parte, da David Gilmour nei due live in Italia del 13 e del 14 settembre rispettivamente a Verona e a Firenze. I due concerti hanno anticipato quindi nel migliore dei modi l’uscita di Rattle That Lock, nuovo album del chitarrista che sarà pubblicato il prossimo 18 settembre.
 

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!