17/04/2015

Arcane of Souls

Varietà di stili e generi nel secondo album in studio del professore di Bergamo
Anche se da School of Rock in poi i professori che fanno rock sono stati sdoganati e probabilmente ci sono sempre stati, fa sempre curiosità un album di un cantautore che sia anche professore. È il caso del progetto Arcane of Souls, dietro al quale c’è l’anagramma del 37enne Alfonso Surace, calabrese di origine e professore di informatica in un istituto di ragioneria e un agrario della provincia di Bergamo.
  
Il suo secondo album, Ceneré, è stato registrato con una modalità simile al primo (Vivo e Vegeto del 2012), ovvero con un certo approccio lo-fi, casalingo nel senso più genuino del termine e senza dubbio istintivo ed immediato. Lungo tutte le 9 tracce dell’opera troviamo una grande urgenza espressiva e la voglia di ritagliarsi un proprio spazio musicale attraverso i tanti impegni quotidiani di professore, di padre e di musicista.
“Mi rimetto un po’ su, con il blues” canta nel primo scatenato rock-blues L’oro in bocca e sembra il manifesto dell’album intero: tirarsi su dai problemi di ogni giorno grazie alla musica. C’è certamente il blues tra gli ingredienti principali, quasi sempre nelle sue forme più accelerate e disperate, ma c’è molto altro… Il secondo brano, Maggio, ci porta in aree più folk acustiche, impreziosite da violini e tabla. Gennaro è “il singolone” cantato, anzi urlato, alla Rino Gaetano e con una delle melodie più orecchiabili dell’album. Il testo parla proprio di uno degli studenti del professore Alfonso che gli ha confidato i suoi problemi familiari, ma allo stesso tempo l’ha aiutato in un periodo difficile. E a volte “serve piangere”, chi può dargli torto?  
 
La crisi è protagonista anche dei successivi due brani: crisi personale ed interiore nella ballata Povero me, crisi economica nel funk-blues ironico di Lunatico romantico stomp (“Sono ostaggio di una banca/Il mio conto ha una costante crisi esistenziale”). Ma, anche nella crisi, la musica e i testi di Arcane of Souls ci suggeriscono che possiamo e dobbiamo essere positivi e romantici. Così come nella bellissima Respirare, sopra un tappeto di tabla, woodblock e tamburi africani, ci fa sognare un momento di pausa dalla frenesia quotidiana in cui poter finalmente respirare. O nel rock con preziosi intrecci di chitarre di Settembre, in cui si mescolano le paure e le speranze di un nuovo inizio, proprio nel mese in cui tutto ricomincia dopo l’estate.
  
Ciò che colpisce è la varietà di stili e generi coperti nell’album, interpretati sempre con la stessa attitudine ruvida e lo spirito indipendente, dal frenetico levare di Sintomatico alla commovente ballata conclusiva L’opera. Leggiamo che molti studenti di Alfonso sanno a memoria le sue canzoni e le cantano a squarciagola sotto al palco nei live. A giudicare da questo album non si fatica a capire il perché.
 

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