11/09/2024

Demian Dorelli, “A Romance of Many Dimensions (Flatland)” – Intervista

Demian Dorelli esplora nuove dimensioni in questo suo terzo album ispirato al libro Flatland con l’aggiunta di un violoncello e di un corno francese al suo pianoforte… ma comunque “squadra che vince non si cambia”

 

È giunto al suo terzo album il pianista e compositore Demian Dorelli e il suo lavoro stavolta è ispirato a Flatland, romanzo di Edwin A. Abbott pubblicato nel 1884. A Romance Of Many Dimensions (Flatland) (Ponderosa Music Records, 2024) è uscito lo scorso 19 aprile e porta con sé alcune novità rispetto ai dischi precedenti, come un violoncello e un corno francese che si sono aggiunti al pianoforte; esplorare nuove dimensioni non vuol dire però necessariamente abbandonare quelle in cui ci si è ben insediati e allora alla produzione c’è sempre Alberto Fabris, vecchio amico di Demian Dorelli nonché produttore di Ludovico Einaudi, e poi anche la copertina di A Romance Of Many Dimensions (Flatland), come avvenuto per Nick Drake’s Pink Moon – A Journey on Piano e per My Window, è opera di Franco Matticchio.

Tutto però “è cominciato dal CERN in Svizzera” come ci ha spiegato meglio lo stesso Demian Dorelli.

 

All’inizio raccontaci proprio della prima volta in cui ti sei imbattuto in Flatland. Eri al CERN in Svizzera, vero? Hai letto lì il libro?

Oh, no no (ride, ndr)! L’ho scoperto in Svizzera, ma non l’ho letto lì perché non c’era nessuna copia del libro. Ero appunto al CERN in Svizzera con mia moglie, la stavo semplicemente accompagnando, lei era lì per un incontro di lavoro e durante una conversazione è venuto fuori questo libro, Flatland; lei ne ha parlato con qualcuno e ho pensato: “Cos’è questo libro?” Non ne avevo mai sentito parlare prima e ne ero affascinato, perché dove eravamo, il CERN, è un posto fantastico dove stanno cercando di scoprire cose che non possiamo immaginare e di comprendere come funziona realmente il nostro universo, per cui è stato in relazione a quello che mia moglie stava facendo una domanda e lo ha citato dicendo: “È simile al libro Flatland?” E allora, appena tornato a casa, ho ordinato il libro e l’ho letto quindi a Cambridge.

 

Per te tra musica e spazio c’è più di una connessione?

Certo. Per me c’è l’idea di uno spazio e ci sono anche altre dimensioni esistenti di cui spesso non siamo consapevoli, ma non significa che non esistano. Adoro l’idea che siano lì, ma come ci connettiamo con le altre dimensioni? Quando ci connettiamo cosa succede? Questo libro è stato davvero un bel modo di farsi un’idea al riguardo e ovviamente la musica è una dimensione a sé: penso sia solo uno di quegli esempi dove ti senti trasportato in un altro spazio che prima non avresti potuto immaginare e per cui poi sei in un altro mondo, qualunque sia il tipo di musica che lo renda possibile… e davvero non capisci il perché. Puoi teorizzare un po’, ma non sai davvero perché sei trasportato in queste nuove dimensioni e quindi ho pensato che l’unione tra quell’idea e la musica fosse grandioso.

 

È un tipo di unione che prevede anche improvvisazioni al pianoforte oppure preferisci suonare solo la melodia che hai scritto?

Beh, magari in futuro…

 

Per esempio nei concerti?

Sì, esattamente. C’è questa possibilità. Amo l’idea dell’improvvisazione e penso che sia come trovare il Santo Graal alla fine del viaggio. Dal vivo poi non hai solo la tua musica, ma hai anche un pubblico e hai molti input, quindi il live è il palcoscenico definitivo per sperimentare.

 

 

Nel libro la sfera proveniente dal mondo tridimensionale di Spacelandia insegna all’io narrante, il quadrato del mondo bidimensionale di Flatlandia, sia che esistono dimensioni superiori, sia ad ampliare la sua comprensione del mondo. Anche per questo motivo nel tuo nuovo album sono presenti per la prima volta altri strumenti oltre al piano?

Forse a questo punto si poteva ampliare il solo piano. Ho sempre voluto iniziare con il solo piano, perché è il cuore di ciò che faccio e di ciò che amo, ma forse questo era il momento di esplorare qualcosa di diverso e naturalmente con il mio grande amico e produttore Alberto Fabris è venuta fuori l’idea del violoncello e del corno francese; gli era sempre piaciuto usare in qualche modo un corno francese e questa era una buona occasione per provarlo, perché non è uno strumento che viene usato spesso in un contesto solistico, di solito fa parte di un gruppo, anche di piccoli gruppi, ma non ha un proprio spazio per suonare. Ci è piaciuta l’idea e infatti ha un suono molto evocativo, molto particolare, ed è un po’ diverso da quello di altri fiati e ottoni.

 

Si dice “squadra che vince non si cambia” e allora non è un caso che alla produzione c’è sempre Alberto Fabris che citavi poco fa.

Sì, non so se ti piace il calcio o meno, ma è come immaginare le grandi squadre che giocano bene insieme e pensare: “Ok, adesso cambiamo tutto (ride, ndr)!” Ovviamente loro non cambiano, a meno che il tutto non avvenga in maniera naturale, e anch’io allora perché dovrei cambiare?… Lavoriamo così bene insieme!

 

Sempre a questo proposito, la copertina del tuo nuovo album è stata realizzata da Franco Matticchio come quelle dei dischi precedenti. Come lavorate di solito? Gli fai ascoltare prima la musica di ogni tuo nuovo lavoro?

No, molto spesso non gliela facciamo ascoltare. È davvero bello quando Franco ha le sue idee mentre gli parli della musica. Stavolta la cosa davvero interessante è che quando gli stavamo spiegando che c’era questo libro che si chiama Flatland, lui ci ha guardato come se già lo conoscesse e infatti è andato a casa e ce l’aveva sul suo scaffale nella versione in italiano, Flatlandia, per cui a maggior ragione ha preso spunto anche da lì per la copertina.

 

Bene, altre due domande prima di salutarci. La prima è più che altro una curiosità: quanto tempo trascorri ogni giorno al pianoforte?

Dipende, ci sono periodi in cui suono di più. Ad esempio se sto lavorando a qualcosa o se è prima di qualche concerto in arrivo, ci dedico qualche ora: diciamo tre ore al giorno, non di più perché il mio cervello non regge (ride, ndr)! Se sto registrando è diverso: in studio passo molte ore e quindi per qualche giorno sono molto concentrato, ma sennò di solito due-tre ore al giorno.

 

Ultima domanda: tornerai in Italia a suonare?

Non vedo l’ora, dammi anche solo una mezza possibilità e torno volentieri!

Demian Dorelli - A Romance Of Many Dimensions (Flatland)

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