Fino a completa guarigione: Battiato secondo Masoni
Aurea Nox pubblica il libro su Franco, con numerose interviste e racconti
Come accaduto con Fabrizio De André, anche Franco Battiato rischia di essere vittima di “overwriting”, un eccesso di scrittura che sconfina nella celebrazione e, cosa assai più probabile vista la storia dell’artista, nella santificazione. I grandi cantautori hanno invece bisogno di essere approfonditi con calma, senza sovrabbondanza: Marco Masoni ha optato infatti per un analitico racconto corale, dando voce a chi ha collaborato con lui, a chi lo ha conosciuto da vicino, a chi lo ha studiato (dai Bluvertigo a Filippo Destrieri, da Fabio Zuffanti a Luca Madonia, lo stesso Stefano Senardi autore della prefazione). Fino a completa guarigione (Battiatosophia Vol. II) è una fresca uscita Aurea Nox: ne parliamo con l’autore.
I Bluvertigo cantavano “capire Battiato”, oggi più che mai è importante “studiare Battiato”. Ma come? Qual è il taglio che hai dato al tuo lavoro?
La responsabile della casa editrice, Grazia Capone, circa un anno fa mi contattò per chiedermi un libro che affrontasse la filosofia, soprattutto intesa come modus operandi, di Battiato. Data la mia indole sistematica ho pensato subito a una divisione tematica del lavoro: il Battiato in studio, quello live, lo spirituale, le sue ispirazioni e così via. Ho quindi chiesto un saggio a una vera filosofa, Stefania Lombardi, che ha intuito e tratteggiato in modo illuminante la corrispondenza tra logos e mithos nella sua produzione, poi mi sono lanciato in mille spericolate e talora sorprendenti interviste a suoi collaboratori, alcuni strettissimi e che l’hanno accompagnato per moltissimi anni, come Filippo Destrieri e Gianfranco D’Adda, altri più strategici. Decisiva è stata la mia decisione di andare a Milo, a casa sua, nei giorni intorno all’anniversario della sua scomparsa, nel maggio scorso. Ho respirato la sua aria, calpestato la sua terra, girato intorno a casa sua e di Camisasca con emozione e rispetto, parlato con i suoi concittadini, anche con il parroco e con il sindaco, e partecipato a manifestazioni veramente trasformative che sono state organizzate in suo onore da quella donna eccezionale che è la sua storica – ma sconosciuta ai più – amica Fiorella Nozzetti. Lo stare alle pendici del vulcano è stato decisivo per questo libro.
Un libro corale, che raccoglie tanti contributi da figure più o meno note, evidenzia una diversità di punti di vista. Qual è invece il tratto comune che hai trovato tra tutti gli intervistati quando si parla di Battiato?
Il mio terrore era di fare “another book on Battiato”, questo è stato probabilmente scongiurato dall’essermi aperto totalmente all’inaspettato, analizzando aspetti anche controversi e parlando con così tante persone e decidendo a priori di non censurare assolutamente nulla (tranne qualche offesa colorita di qualche ex musicista nei confronti di altri collaboratori, ma tra le righe si capisce tutto). Tutti, ma proprio tutti, parlando di lui tirano fuori riconoscenza, rispetto e commozione, per una marea di aspetti diversi. Queste emozioni così profonde e personali hanno sinceramente toccato intimamente anche me, cambiandomi.
Individuiamo alcuni dati meno noti che però restituiscono una bella lettura di Franco. Intanto scompare l’idea di una figura austera e mistica: tutti hanno parlato di un Battiato umoristico, leggero, persino giocoso…
In una stessa persona possono convivere aspetti molto diversi. Non trovo contraddizione se uno medita a lungo tutti i giorni, passa il tempo libero a leggere libri complessi esoterici e filosofici e va a letto al massimo alle nove di sera con l’essere quando capita molto conviviale, amare le tavolate e le barzellette e i racconti paradossali. In lui – come in tutti noi – convivevano Yin e Yang, alto e basso, spirito e materia, la linea verticale con quella orizzontale. Solo che per molto tempo si è preferito porre l’accento su alcuni aspetti invece di altri, con lui che in privato si divertiva come un matto quando gli raccontavano leggende che lo riguardavano.
Battiato dal vivo. Mi hanno colpito due ricordi contrastanti: il Battiato che con la sua falcata verso il palco cambia e trasfigura; al tempo stesso più di un intervistato ha notato una certa scanzonatezza nella gestione del concerto. Cosa puoi dirci a riguardo?
Battiato, come disse Battisti nella sua ultima intervista parlando di sé, era un “contrasto di forze contrastanti”. Avrai notato come in una rivelatoria dichiarazione che riporto nel libro abbia sostenuto di non essere portato per niente per il live: eppure aveva un rispetto e una riconoscenza così grande per il suo pubblico che sentiva di non potersi tirare indietro di fronte alle proposte manageriali di tournée dove poteva in qualche modo darsi al pubblico. Quindi dava il massimo a livello di concentrazione e di intenzione al momento dell’entrata in scena per poi lasciarsi andare verso la fine del concerto (ma anche prima) quasi a un cazzeggio tra sé e la gente. Era per lui un gioco serissimo dalle molte sfaccettature, come la sua carriera.
Battiato in studio. Tutti concordano nel ricordarlo deciso, sicuro, veloce. Il contrario della maniacalità prolungata di colleghi come, tanto per fare un esempio, Baglioni. Come mai questa rapidità di esecuzione?
Perché odiava perdere tempo. Aveva le idee chiarissime prima di entrare in studio di registrazione, se c’era da togliere toglieva, nessuno ricorda che abbia voluto aggiungere un assolo o qualche battuta a un brano. Casomai togliere. Nelle canzoni gli interessavano la sintesi, l’efficacia, l’essenzialità e possibilmente l’equilibrio.
Facciamo un salto indietro a due tuoi libri, utili per inquadrare Battiato. In L’alba dentro l’imbrunire (2021) hai spiegato i rapporti tra la musica italiana e la spiritualità, da De André a Ferretti, e ovviamente Battiato. Da docente di religione, come pensi si possa presentare il rapporto di Franco con il sacro?
Molti da anni lo descrivono come sincretico, invece io ogni volta contesto questa definizione – che detesto – preferendo la parola ECLETTICO: prendeva quello che era il meglio per lui di tantissime religioni e filosofie e le faceva proprie, quasi le incarnava, come uno scintillante vestito pieno di colori diversi ma armonizzati. Nei decenni ha approfondito veramente tutto, ma molti testimoni vicini a lui fino alla fine concordano che negli ultimi anni, dopo una enorme sbandata per il buddhismo tibetano, si sia riavvicinato al cristianesimo del primo millennio. Credo che in fondo fosse un cristiano senza Chiesa. Era certamente un vero Credente.
In Lettere da sopra la pioggia (2022) hai illustrato gli intrecci tra musica e letteratura. A quale letteratura ha attinto Battiato?
Beh, soprattutto quella mistica, è cosa nota, da Gurdjeff a Rumi a Guenon. Ci sono anche un sacco di citazioni evangeliche sparse, e letteratura veramente da tutto il mondo. Non scordiamoci che il suo primo album, Fetus, è dedicato e ispirato al romanzo distopico Il mondo nuovo di Aldous Huxley.
Il rapporto con le fonti – pensiamo a De André e Branduardi – è un tema dibattuto. Battiato assorbiva da qualsiasi stimolo e citava molte fonti di ispirazione ma dal tuo studio è emerso anche un atteggiamento opposto, in alcuni casi. Anche Battiato copiava?
Battiato musicalmente e testualmente era una spugna che davvero assorbiva e rielaborava tutto. Ha fatto del collage (sia musicale che testuale) una sua caratteristica peculiare che l’ha accompagnato dal 1972 fino alla fine, sempre. Nel libro su questo aspetto vengono fuori anche cose inaspettate e forse scioccanti: ci sono due testimonianze – a mio avviso credibili, individui che non si conoscono tra loro ma che in qualche modo sono arrivati a me – di persone che raccontano come Battiato abbia preso pezzi o intere poesie che negli anni gli avevano inviato e fatto leggere e se le siano poi ritrovate su canzoni di enorme successo (E ti vengo a cercare, La Cura, Tutto l’universo obbedisce all’amore) senza che l’artista mai rivelasse la fonte o l’ispirazione. Non rivendicano niente, non hanno mai pensato di fare causa ma… credo che qua non si possa parlare di citazione. Credo che Battiato sia stato un tramite dell’Universo perché i suoi ascoltatori e quindi il mondo conoscessero queste cose altissime arrivate dal Cielo (l’ispirazione autentica arriva dall’Alto, ne sono certo) a queste persone.
Artista versatile, Battiato ha utilizzato diversi strumenti espressivi. Sulla scorta del tuo studio, dove pensi si possa trovare il Battiato più puro?
In un disco multiforme e poco conosciuto come Dieci Stratagemmi, dove convivono elettronica, orchestra, tempi dispari, sperimentazione, ballate, pop, psichedelia, rock, divertimento, commozione, invettiva. E in tre delle sue ultime canzoni: Un irresistibile richiamo, Le nostre anime, Lo spirito degli abissi.