Tracy Chapman

2 luglio 1988 – La rivoluzione di Tracy Chapman

In Inghilterra l’album di debutto della cantautrice Tracy Chapman balza al primo posto delle classifiche

 

Oggi, 2 luglio 1988

In Inghilterra l’album di debutto della cantautrice Tracy Chapman balza al primo posto delle classifiche. Ci starà per almeno altre 3 settimane consecutive.

Tracy ha 24 anni e proviene dai sobborghi industriali di Cleveland, Ohio, una città ricca di contraddizioni razziali e di tensioni sociali. Lì, in giovane età, grazie a una borsa di studio, impara a suonare l’organo, il clarinetto e a comporre i suoi primi testi. Sempre grazie a una sovvenzione pubblica, riesce ad avere accesso alla Wooster School nel Connecticut, una scuola progressista che contribuisce a crearle una coscienza politica.

“In quei giorni”, ricorda “c’erano studenti e insegnanti politicamente impegnati. Si discuteva di argomenti scottanti come lo smaltimento delle scorie nucleari o l’incremento delle armi atomiche: il Senato americano stava approvando leggi assurde”.

Circondata da questo clima, la Chapman inizia a scrivere canzoni che riflettono le sue idee e quelle dei suoi coetanei.

“Ero talmente apprezzata”, ricorda, “che il cappellano della Wooster (il reverendo Robert Tate) ha promosso una colletta per comprarmi una chitarra nuova”.

Nel 1987, dopo un’esibizione in un coffee shop di New York, Tracy Chapman viene messa sotto contratto da una major.

“Non lo avrei mai creduto possibile”, dice oggi, “una canzone come Talkin’ Bout Revolution in piena era disco music mi sembrava un controsenso: ero sicura che nell’industria discografica non ci fosse posto per me”.

Invece l’album vende 5 milioni di copie e vince 3 Grammy.

La rivoluzione di Tracy è riuscita in pieno.

Roskilde 2000

30 giugno 2000 – Tragedia a Roskilde

Roskilde, Danimarca: sull’Orange stage, dinanzi a 50.000 persone, si stanno esibendo i Pearl Jam…

 

Oggi, 30 giugno 2000

Roskilde, Danimarca.

Sull’Orange stage, il palco principale di uno dei Festival più grandi, belli e longevi del vecchio Continente, si stanno esibendo i Pearl Jam.

Sono più di 50.000 i giovani presenti. Per colpa di un sistema di amplificazione carente, si stanno tutti pericolosamente avvicinando al palco.

Resosi conto della situazione, dopo circa 45 minuti di concerto, Eddie Vedder (frontman e leader della band di Seattle) interrompe la sua performance chiedendo ai ragazzi di non spingersi e di evitare la calca.

Anzi, invita tutti a indietreggiare.

Sfortunatamente, il suo appello giunge in ritardo.

Il fango presente nel luogo del concerto rende il terreno scivolosissimo.

È un attimo: decine di ragazzi cadono a terra e vengono travolti dal parapiglia generale. Molti sono letteralmente calpestati. Otto di loro (svedesi, danesi, tedeschi e olandesi) muoiono soffocati. Una nona persona, un australiano, si spegne il 5 luglio in ospedale.

Quando la notizia della tragedia diventa di pubblico dominio, il concerto viene sospeso e anche i gruppi che avrebbero dovuto salire dopo i Pearl Jam (Oasis e Pet Shop Boys) decidono di cancellare il loro show in segno di lutto.

Nei giorni successivi, ci sono roventi polemiche da parte dei media che attribuiscono colpa morale alla Polizia danese e accusano i Pearl Jam di aver eccitato troppo gli animi dei presenti.

La band di Vedder si dissocia totalmente e (dopo aver cancellato numerosi concerti della loro tournée) rimane a disposizione degli inquirenti.

L’incidente di Roskilde segna per lungo tempo l’attività live dei Pearl Jam.

Eddie Vedder, al proposito, scrive un brano bellissimo (Love Boat Captain) in cui ci sono una citazione esplicita al pezzo dei Beatles All You Need Is Love e la malinconica frase Lost 9 friends we’ll never know, “abbiamo perso 9 amici che non conosceremo mai” dedicata ai loro fan scomparsi nell’incidente di Roskilde.

Radiohead - Ok Computer - Jam TV

28 giugno 1997 – Radiohead, “Ok Computer” al primo posto in classifica in Inghilterra

Al primo posto delle classifiche inglesi balza Ok Computer, terzo album dei Radiohead pubblicato neppure due settimane prima

 

Oggi, 28 giugno 1997

Al primo posto delle classifiche inglesi, balza Ok Computer, terzo album dei Radiohead, pubblicato neppure due settimane prima. Anche negli Stati Uniti il disco funziona: entra direttamente al numero 21 e mostra al mondo intero il potenziale della band di Thom Yorke.

Forti del successo del precedente lavoro The Bends, i Radiohead decidono di curare direttamente la produzione del disco.

Si trasferiscono nella campagna inglese dell’Oxfordshire, trovano un silos atto alla conservazione delle mele e lo trasformano in una sala prove e studio di registrazione. “Ci abbiamo portato dentro apparecchiature tecniche che valevano quasi 300.000 euro”, racconta Colin Greenwood, il bassista della band, “il posto era davvero sperduto, isolato dal resto del mondo. Almeno il 35% di Ok Computer è stato registrato lì, nella nostra personalissima sala prove”.

In luglio e agosto, i Radiohead interrompono la produzione del disco per andare in tour. Negli Stati Uniti aprono i concerti di Alanis Morissette e presentano alcuni nuovi brani che finiranno in Ok Computer.

A settembre ritornano in sala. Ma, stavolta, vanno alla St. Catherine Court, un edificio storico vicino a Bath di proprietà dell’attrice Jane Seymour.

Lì, il disco viene completato.

“Avevamo chiaro in testa suoni e atmosfere che intendevamo trasferire sul disco”, spiega Thom Yorke, “crediamo di esserci riusciti anche se eravamo consapevoli che si trattava di materiale strano, diverso, atonale”.

Qualcuno ha scritto che in certi momenti i Radiohead suonano come se fossero le prima band a fare del rock. O per lo meno come una band che fa rock avendo dimenticato di averlo sentito fare da qualcuno altro. Insomma, è come se il gruppo si fosse allontanato da tutto e da tutti per diventare solo se stesso.

Ok Computer è un successo, per il pubblico e per la critica: vende quasi 10 milioni di copie e vince il Grammy come miglior album di Alternative Rock.

Mick Fleetwood - Fleetwood Mac

24 giugno 1947 – Nasce Mick Fleetwood dei Fleetwood Mac

A Redruth, in Cornovaglia, nasce Mick Fleetwood, il batterista dei Fleetwood Mac

 

Oggi, 24 Giugno 1947
A Redruth, in Cornovaglia, nasce Michael John Kells Fleetwood. Suo padre è un pilota di caccia della Royal Air Force che viene trasferito in Egitto, dove cresce il piccolo Michael, per poi andare di stanza in Norvegia.

Da quando, poi, ha iniziato a suonare la batteria… non tocca più un libro. La sua passione per la musica è una vera ossessione: così, appena compiuti sedici anni, se ne va a Londra convinto di diventare una rockstar.

Grazie ad un amico, il tastierista Peter Bardens, Mick riesce ad entrare nel giro dei musicisti rock blues della capitale. Finisce, addirittura, nella miglior band di quei tempi, quella di John Mayall e dei suoi Bluesbreakers. Proprio con il chitarrista del gruppo (Peter Green) e con un altro ex Bluesbreakers (il bassista John McVie), Mick Fleetwood dà vita a una sua formazione che battezza Fleetwood Mac.

Dopo 5 anni assieme a Peter Green e una successiva fase di transizione, la band diventa leggenda quando accanto al trio storico di Mick, John McVie e di sua moglie Christine, si aggiunge la coppia californiana formata dalla seducente vocalist Stevie Nicks e dal bravissimo chitarrista Lindsey Buckingham che, nel 1977, dà vita a Rumours, uno degli album di maggior successo della storia del rock, con oltre 30 milioni di copie vendute e un Grammy come miglior album del 1977.

Don’t Stop, uno dei brani più belli del disco, ha un formidabile ritorno di popolarità nel 1992 quando viene usato da Bill Clinton come jingle della sua prima campagna presidenziale. Proprio il presidente Clinton, l’anno dopo, convince i cinque componenti dei Fleetwood Mac di Rumours a fare la loro prima, grande reunion.

Carole King

19 giugno 1971 – Carole King, “Tapestry” primo in classifica

Al numero uno delle classifiche americane sale Tapestry, secondo album solista di Carole King

 

Oggi, 19 Giugno 1971
Al numero uno delle classifiche americane sale Tapestry, secondo album solista di Carole King.

Nata a Brooklyn, New York, il 9 febbraio del 1942, Carole King (insieme al marito Gerry Goffin) forma una delle coppie di autori di maggior talento di quella piccola fabbrica della musica chiamata Brill Building.

Dal 1961 al 1968, Goffin & King firmano una dozzina di brani che vanno al top delle charts: frutto delle loro magiche penne hit come The Loco-Motion (cantata dalla loro colf, Eva Boyd, che diventa famosa con il nome d’arte di Little Eva) o Upon The Roof dei Drifters, Will You Love Me Tomorrow delle Shirelles o You Make Me Feel Like A Natural Woman, portata al successo da Aretha Franklin.

Alla fine degli anni ’60, dopo aver divorziato da Gerry Gofin, Carole si trasferisce in California. Lì, spinta dall’amico James Taylor, trova finalmente il coraggio di cantare le canzoni che scrive.

Dopo l’esperimento con il trio The City (insieme al nuovo marito Charles Larkey e al chitarrista Danny Kortchmar) e a seguito del deludente debutto solista The Writer, Carole (sotto l’esperta produzione di Lou Adler) nel marzo del 1971 pubblica Tapestry. È il più grande successo della sua carriera: l’album vende 13 milioni di copie solo quell’anno, vince 4 Grammy e proietta la signora King nell’Olimpo della canzone d’autore americana.

Tra i bellissimi brani presenti, spicca You’ve Got A Friend, deliziosa ballad che è anche una tenera dichiarazione d’affetto in cui il tradizionale valore della coppia è sostituito dal principio dell’amicizia che trascende ogni pregiudizio. Tanto che i due innamorati sanno di poter contare, uno sull’altro, anche senza vivere sotto lo stesso tetto.

“Scrivere You’ve Got A Friend”, ricorda oggi Carole King, “è stata una delle esperienze più incredibili della mia vita: si è trattato di ispirazione pura. L’ho composta al volo, così come sgorgava dal cuore. Mi sono seduta al pianoforte e, in meno di un’ora, è nata una delle più belle canzoni del mio songbook”.

16 giugno 1994 – Morte a Seattle

Sono le 9.30 del mattino. Paul entra in casa e chiama Kirsten: è ora di andare. Nessuna risposta. Quando apre la porta del bagno…

Bob Dylan - Like A Rolling Stone

15 giugno 1965 – Bob Dylan, Like A Rolling Stone

Anche grazie al famoso riff all’hammond di Al Kooper nasce Like A Rolling Stone di Bob Dylan. Era il 15 giugno 1965…

 

Oggi, 15 Giugno 1965
New York: Studio A della Columbia Records.

Seduto al pianoforte, Bob Dylan sta cercando l’arrangiamento giusto per il nuovo pezzo che ha in mente. Al collo, ha il fido reggiarmonica con lo strumentino a bocca pronto ad essere innescato.

Il tempo della canzone è strano, una specie di 3/4. “È un valzer”, gli suggerisce Tom Wilson, il talentuoso
produttore artistico che già da un paio d’anni ha preso il posto di John Hammond al fianco di Dylan, “Non è un valzer”, precisa Bob, “è un’altra cosa”.

Dopo essere stato in tour in Inghilterra, aver conosciuto i Beatles e potuto toccare con mano il successo che i Fab Four stavano avendo, Dylan ha capito che il folk, per lui, appartiene ormai al passato.

In realtà, lui ha mai veramente legato con il movimento dei folkettari del Greenwich Village e con le loro posizioni politiche così radicali.
Lui è un musicista e non gliene frega niente di fare marce di protesta, come piaceva invece alla sua ex fidanzata Joan Baez.
Piuttosto, a lui, ora, interessa raggiungere un numero maggiore di persone.

Ecco perché ha ingaggiato per queste session alcuni musicisti virtuosi come Michael Bloomfield, formidabile chitarrista della miglior band rock blues d’America, i chicagoani della Paul Butterfield Blues Band. O perché sta cercando qualcuno che, in quella nuova canzone che ha in mente, provi a farci stare il suono affascinante dell’organo Hammond.

In studio, quel giorno, sta girovagando Al Kooper, cantautore/chitarrista e compositore poco più che ventenne.
È amico di Tom Wilson ed è lì perché spera di avere un ingaggio come chitarrista nelle session di Bob Dylan. Ma quando vede Mike Bloomfield capisce che, per lui, ambire a quel posto è una missione impossibile.
“Dylan vuole il suono dell’hammond?”, pensa in quel momento, “Bè, lo faccio io”. Va da Tom Wilson e gli dice: “Ho in mente il riff di organo che Bob sta cercando”. “Al, tu sei un chitarrista … non hai mai suonato l’organo in vita tua…”, gli risponde Wilson.

“Mettimi alla prova”, insiste Kooper.

E così, Paul Griffin si sposta al piano e lascia ad Al la tastiera dell’hammond.
Mentre il gruppo prova a suonare il nuovo brano, Kooper cerca di inserire la parte che ha in mente. Timoroso che non possa piacere, tiene il volume basso. Ad un certo punto, Dylan si ferma: “Alzate il volume dell’organo”, dice, “mi piace quel che sta uscendo…”.

In quel preciso momento, nasce il riff di organo hammond più famoso della storia e, soprattutto, prende forma la canzone che, di recente, un panel di critici musicali internazionali ha detto essere il brano più importante della storia del rock.
Il giorno dopo, il 16 giugno del 1965, Bob Dylan registra la track definitiva di Like A Rolling Stone.

14 giugno 1961 – Un ragazzo chiamato George

Nel distretto londinese di Eltham nasce George Alan O’Dowd, meglio conosciuto come Boy George

13 giugno 2005 – Michael Jackson assolto

Lo Stato della California assolve la pop star Michael Jackson da dieci capi di imputazione che riguardano una denuncia per rapimento, estorsione e abusi sessuali

12 giugno 1982 - no nukes

12 giugno 1982 – No Nukes, i concerti contro l’energia nucleare

Al Central Park di New York 450.000 persone No Nukes concerto contro l’energia nucleare con Bruce Springsteen e tanti altri

 

Oggi, 12 Giugno 1982
Al Central Park di New York 450.000 persone assistono a un concerto contro l’energia nucleare. Tra i protagonisti, sul palco, ci sono Bruce Springsteen, James Taylor, Jackson Browne, Linda Ronstadt e Gary US Bonds.

Alcuni di loro più Graham Nash, Bonnie Raitt e John Hall poco più di due anni prima (dal 19 al 23 settembre del 1979) si ritrovano al Madison Square Garden, sempre a New York. Lì, sotto il nume di MUSE (Musicians United for Solar Energy) danno vita al progetto No Nukes che diventa un album triplo e un film al quale aderiscono alcune delle più luminose star del rock americano degli anni ’60 e ’70.

I fondi raccolti servono per finanziare le ricerche per l’energia solare e per informare il mondo dei pericoli del nucleare, specie dopo l’incidente (accaduto il 28 marzo del 1979) nella centrale di Three Mile Island, vicino a Harrisburg in Pennsylvania.

Ai cinque concerti del Madison Square Garden il pubblico partecipa in modo entusiasta, specie all’ultimo show (quello del 23 settembre) che coincide con il 30° compleanno di Bruce Springsteen che qui riceve un’accoglienza da autentico eroe popolare.

Molti dei brani eseguiti hanno attinenza con il tema del potenziale pericolo dell’energia nucleare come Plutonium Is Forever (di John Hall), Before The Deluge (di Jackson Browne) o We Almost Lost Detroit di Gil Scott-Heron. Ma sono tanti i momenti eccitanti per tutti i fan del rock: da una versione da brividi di Runaway eseguita da Bonnie Raitt alla deliziosa Lotta Love con Nicolette Larson e i Doobie Brothers, da Cry To Me di Tom Petty & The Heartbreakers alla cavalcata rock di Long Time Gone di Crosby, Stills & Nash sino al fenomenale Detroit Medley di Springsteen con la sua E Street Band.

Jane Fonda conduce le danze quando Jesse Colin Young intona il suo inno pacifista Get Together mentre a far emozionare i cultori ci pensa un quartetto d’eccezione (quello composto da James Taylor, Graham Nash, Carly Simon e John Hall) che ridisegna con classe e maestria l’inno dylaniano The Times They Are A-Changin’.

Hank Williams

11 giugno 1949 – Il debutto di Hank Williams

Sul palco del Ryman Auditorium di Nashville, Tennessee, sta per iniziare una nuova puntata del Grand Ole Opry in cui debutta Hank Williams

Oggi, 11 Giugno 1949
Nashvillle, Tennessee.
Sul palco del Ryman Auditorium sta per prendere il via una nuova puntata del Grand Ole Opry, lo show radiofonico musicale più longevo e popolare d’America.

Stasera, nel cast c’è una nuova, grande stella del country: ha 26 anni, viene dall’Alabama, si chiama Hiram Williams ma, per tutti, lui è Hank.

Hank Williams ha già incantato l’America con brani come Move It On Over e Honky Tonkin’. La sua è una forma di country più moderna ed essenziale, con testi poetici venati di cupa malinconia. Nato con la spina bifida, Hank Williams accusa da sempre dolori forti che cerca di lenire con la morfina e l’alcol che risultano essere i suoi più fedeli compagni di viaggio.

Commentando i suoi vizi scellerati, uno dei suoi più grandi ammiratori, il violinista/compositore Roy Acuff (autentico padre della moderna country music) una volta gli ha detto: “Hai una voce da un milione di dollari e un cervello da dieci centesimi…”.

Hank Williams, che spesso va in scena ubriaco, anche stasera è su di giri.
Sua moglie Audrey (che è anche il suo manager) fatica a tenerlo sotto controllo.
Eppure, quando entrano sul palcoscenico del Grand Ole Opry, Hank e suoi Drifting Cowboys lasciano il segno.

Il pubblico è in delirio: sono ben 6 i bis richiesti, roba mai successa prima di allora. La trionfale esibizione di Nashville apre a Williams le porte del successo.

Che dura, però, poco. La notte di capodanno del 1953, dopo aver suonato a Canton in Ohio, Hank Williams muore sul sedile posteriore della sua Cadillac dopo aver scolato una bottiglia di whisky ed essersi iniettato l’ennesima dose di morfina.

Neanche 4 mesi prima, Hank Williams aveva compiuto 29 anni.

Ray Charles

10 giugno 2004 – Muore Ray Charles

Nella sua casa di Beverly Hills in California muore all’età di 74 anni Ray Charles Robinson noto a tutti semplicemente come Ray Charles

 

Oggi, 10 Giugno 2004

Nella sua casa di Beverly Hills in California muore all’età di 74 anni Ray Charles Robinson noto a tutti semplicemente come Ray Charles, o The Genius, il genio della musica. Un tumore al fegato priva il mondo dell’arte naturale e del talento supremo di uno dei più eccezionali musicisti del 20° secolo.

Personaggio dalle doti artistiche incommensurabili, Brother Ray è stato un essere umano piuttosto difficile. Irascibile e violento, Mr. Charles (cieco dall’età di 7 anni) è stato a lungo vittima dell’eroina e di una sfrenata, inarrestabile passione per il sesso.

Sposato due volte, ha avuto 12 figli da nove donne diverse oltre ad essersi divertito con centinaia di amanti sparse per tutto il pianeta. Prima di morire, però, ha lasciato a ciascuno dei 12 figli un milione di dollari (al netto delle tasse) in eredità.

Sino all’ultimo giorno di vita, ha voluto collaborare con Taylor Hackford, regista del film/biografia Ray uscito pochi mesi dopo la morte. Proprio Hackford ha fatto sì che Ray incontrasse Jamie Foxx, l’attore che impersona Charles nel film. Dopo essere stati per due ore seduti al pianoforte a cantare e a suonare insieme, Ray Charles si è alzato, ha abbracciato forte Jamie Foxx e ha urlato a Taylor Hackford: “Lui è quello giusto. Sarà Jamie a impersonarmi nel tuo film”. Per la performance in Ray, Jamie Fox nel 2005 ha vinto l’Oscar come miglior attore.

Sempre nel 2005, l’edizione del Grammy è stata dedicata a Ray Charles mentre nel 2007, nella sua cittadina natale di Albany, in Georgia, è stata eretta una statua di bronzo, rotante e illuminata, di Mr. Charles seduto al pianoforte.

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