4 febbraio 1969 – Johnny Winter, esordio d’oro

New York; negli uffici della Columbia Records si firma il più ricco contratto discografico mai offerto, prima d’ora, a un esordiente: 300.000 mila dollari per 5 anni

The Day The Music Died

3 febbraio 1959 – “The day the music died”

The day the music died: il 3 febbraio 1959 muoiono The Big Bopper, Ritchie Valens e Buddy Holly a seguito di un incidente aereo

 

Oggi, 3 febbraio 1959

Mason City, Iowa; è da poco passata l’una di notte quando, a poche miglia dall’aeroporto dal quale era decollato qualche minuto prima, un piccolo aeroplano Beechraft Bonanza si schianta al suolo.

Nessun superstite.

A bordo del veivolo, oltre al pilota, viaggiano tre musicisti che il giorno dopo si sarebbero dovuti esibire a Fargo, nel Nord Dakota, per la data successiva di un festival rock itinerante chiamato Winter Dance Party Tour. I tre artisti sono un ex deejay texano, Jiles Perry Richardson detto The Big Bopper, un giovane californiano di origine messicana, Ricardo Valenzuela noto con il nome d’arte di Ritchie Valens, e Charles Hardin Halley meglio conosciuto come Buddy Holly, stella di prima grandezza nel panorama musicale di quegli anni.

La tragedia, la prima nella storia del rock ‘n’ roll, colpisce così tanto l’immaginario degli appassionati che oggi, 3 febbraio 1959, diventa per tutti “the day the music died”, il giorno in cui è morta la musica.

È un destino beffardo quello che si accanisce sulle tre giovani rockstar.

Buddy Holly e due membri della sua band (Tommy Allsup e Waylon Jennings, futuro eroe della country music), stanchi per il concerto appena tenuto a Clear Lake, non hanno alcuna voglia di intraprendere quel lungo e faticoso viaggio notturno in pullman. Loro, il Nord Dakota – tappa successiva del tour – lo avrebbero raggiunto su un piccolo velivolo a noleggio.

Poco prima della partenza, però, Allsup e Jennings sono costretti a cedere i loro posti sull’aereo alle altre due attrazioni del Winter Dance Party Tour. Big Bopper, raffreddato e febbricitante, non è obiettivamente in grado di sobbarcarsi uno spostamento così lungo sullo sgangherato bus messo a disposizione dagli organizzatori che ha l’impianto di riscaldamento guasto. Ne andrebbe della sua salute. Waylon Jennings gli cede il posto mentre Allsup perde il suo giocandoselo a testa e croce con il 17enne Valens. Le tempeste del Midwest possono diventare un ostacolo insormontabile per un pilota d’aereo poco avvezzo nel lottare al buio, contro neve e vento. Così, l’ultimo volo dell’inesperto aviatore Roger Peterson dura poco più di cinque minuti: l’aereo si schianta in un campo poco lontano dalla pista di decollo.

Durante la bufera, a bordo del Beetchcraft Bonanza Buddy Holly, Richie Valens e Big Bopper maledicono un destino crudele. Ma anche Waylon Jennings, futura superstar della country music, non smetterà mai di maledire quel giorno e quella frase detta al suo amico Buddy Holly. “Ricordo l’ultima volta che ho visto Buddy”, racconta, “mi ha chiesto di andargli a comprare degli hot dog. Si dondolava su una sedia appoggiandosi al muro e mi prendeva in giro. Mi ha detto, scherzando: ‘Allora, è vero che non vieni con noi sull’aereo? Sai cosa ti dico? Credo che il tuo autobus si trasformerà in un ghiacciolo: ci sono 40 gradi sottozero, e tu, come minimo, ti beccherai una polmonite’. Allora, quasi per sfidarlo, gli ho risposto: ‘Beh, amico… spero che il tuo aereo si schianti’”.

 

Scopri di più:

15 gennaio 1972 – “American Pie” di Don McLean prima in classifica

1° febbraio 1978 – Renaldo and Clara, il film di Dylan

Proiettata contemporaneamente a New York e Los Angeles l’anteprima dell’attesissimo film Renaldo And Clara, una saga cinematografica della durata di quasi quattro ore diretta e interpretata da Bob Dylan

29 gennaio 1889 – La leggenda di Leadbelly

Nasce in una piantagione di cotone della Louisiana Huddie William Leadbetter. Una vita divisa tra musica e violenza

28 gennaio 2005 – Addio Jim Capaldi

Si spegne a Londra il mitico batterista dei Traffic

26 gennaio 1977 – Peter Green alle soglie della pazzia

Il chitarrista dei Fleetwood Mac, in stato confusionale, spara al suo commercialista

24 gennaio 1941 – Neil Diamond, compleanno di un mito

Nasce uno degli autori più popolari di sempre con oltre 120 milioni di dischi venduti

22 gennaio 2004 – Ryan Adams, un polso rotto

Liverpool: incidente sul palco per l’astro nascente del classic rock americano

Little Richard in seminario

31 gennaio 1958 – Little Richard in seminario

Little Richard (all’apice della popolarità) manifesta la vocazione ecclesiastica nell’autunno del 1957 ed entra così in seminario

 

Oggi, 31 gennaio 1958

Huntsville, Alabama; l’Oakwood Theological College ha un nuovo adepto.

Si chiama Richard Wayne Penniman ma è conosciuto da tutti con il nome d’arte di Little Richard. Musicista talentuoso, cantante esuberante, personaggio eccentrico, Little Richard ha sfornato capolavori del calibro di Lucille, Tutti Frutti, Long Tall Sally. Ma, essendo nero ed (esplicitamente) omosessuale, Richard non ha molte chance di successo nell’America razzista e puritana dei primi anni ’50.

Così, molti dei suoi pezzi vengono, in realtà, portati alla ribalta da bianchi come Pat Boone o lo stesso Elvis.

Proveniente da una famiglia religiosa di Macon, Georgia, Little Richard (all’apice della popolarità) nell’autunno del 1957 manifesta la vocazione ecclesiastica, una tradizione di famiglia visto che entrambi i nonni erano pastori della chiesa evangelista.Così, entra in seminario. Ne esce quattro anni dopo come Ministro della Chiesa Avventista del Settimo giorno.

Il Reverendo Penniman non rinuncia però alla musica.

Quando è all’Oakwood (nel 1959) va in studio a registrare un album di gospel, prodotto addirittura da Quincy Jones. Quindi, appena uscito, nel 1962, fa un trionfale tour in Inghilterra. Come opening act, apre i suoi concerti inglesi un quartetto di giovani emergenti che vengono da Liverpool e che si ispirano alla sua musica e al suo stile di performer energetico.

Il loro nome? The Beatles.

David Bowie

27 gennaio 1971 – Bowie, prima volta in America

Con il lancio del suo nuovo album, The Man Who Sold The World, David Bowie conquista l’America e si prepara all’epopea di Ziggy Stardust

 

Oggi, 27 gennaio 1971 – Washington, DC; David Bowie sbarca per la prima volta in America.

Ed è subito scandalo. Il suo nuovo album, The Man Who Sold The World, lo mostra in copertina con quel suo dolce viso androgino, i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle e agghindato in un abito da donna.

La sua casa discografica americana mette immediatamente al bando quell’immagine azzardata tanto che il nuovo packaging del disco made in Usa non prevede alcuna foto di Bowie in copertina. La stampa, però, è tutta radunata per vedere quella stravagante rockstar inglese a cui piace vestirsi da femmina. I giornalisti degli Stati del Sud, in particolare quelli di Texas e Louisiana, non sembrano interessati ad altro.

Eppure Bowie, in quel momento, sta per produrre il suo primo, solidissimo sound, quello che lo lancerà di lì a poco verso i fasti di Ziggy Stardust. Accompagnato dalla chitarra di Mick Ronson e dal basso di Tony Visconti (due tra i suoi più validi e fedeli collaboratori) Bowie è un torrente in piena. New York, Chicago, Filadelfia, San Francisco, Los Angeles e le altri grandi metropoli statunitensi sono ai suoi piedi. Nel giro di tre sole settimane, Bowie conquista l’America e torna a Londra. I musicisti che lo accompagnano, che fino a quel momento si fanno chiamare The Hype, alla fine dell’anno sono già diventati The Spiders From Mars, i ragni di Marte.

Bob Dylan - Hurricane

25 gennaio 1976 – Bob Dylan e Rubin “Hurricane” Carter

La Rolling Thunder Revue di Bob Dylan sbarca a Houston per difendere Rubin “Hurricane” Carter

 

Oggi, 25 gennaio 1976

Houston, Texas; stasera l’Astrodome, fantascientifico stadio di baseball, ospita la Rolling Thunder Revue di Bob Dylan. Il carrozzone itinerante del cantautore del Minnesota che ha imbarcato star come Joan Baez, Roger McGuinn e T-Bone Burnett, fa tappa a Houston per un evento speciale: perorare la causa di Rubin “Hurricane” Carter.

L’ex campione di boxe deve rispondere di triplice omicidio dopo una sparatoria avvenuta al Lafayette Grill a Paterson, New Jersey. Le accuse risalgono a 10 anni prima.

Molti, Dylan su tutti, sono convinti che “Hurricane” Carter sia rimasto incastrato per motivi razziali. Lui e il suo amico John Artis (entrambi di colore) sono scappati dopo che il fattaccio è stato commesso. Nonostante si siano sempre dichiarati innocenti, i due vengono condannati a morte: c’è una testimone oculare a inchiodarli.

Colpito dalla vicenda e dopo aver ricevuto una lettera accorata del pugile, Dylan si reca alla Rahway State Prison nel New Jersey a conoscere Carter. L’esperienza gli ispira la canzone Hurricane. Il brano, proprio una ventina di giorni prima del concerto di Houston, esce come pezzo d’apertura di Desire, il nuovo disco di Bob Dylan. Prima, però, deve essere reincisa. Gli avvocati della Columbia intimano a Dylan di modificare una parte del testo in cui accusa quelli che secondo lui sono i veri autori del crimine.

Dylan torna in sala e in una sola take di 7 minuti registra nuovamente il pezzo. Hurricane diventa il suo più grande successo commerciale degli anni ’70.

Rubin “Hurricane” Carter, poche settimane dopo, viene nuovamente condannato a morte. Ma, grazie a un giudice cocciuto, che riesce a sviscerare il caso cogliendone parecchie contraddizioni, nel 1988 è completamente scagionato per non aver commesso il fatto. Ma Bob Dylan, da quel 25 gennaio 1976 che passa alla storia come “La notte dell’Uragano”, non ha mai più eseguito in pubblico il brano Hurricane, distaccandosi completamente dal caso di Rubin Carter.

Terry Kath - Chicago

23 gennaio 1978 – Terry Kath (Chicago), suicidio involontario

L’assurda morte di Terry Kath, chitarrista dei Chicago, conseguente a un gesto inspiegabile una settimana prima del suo 32esimo compleanno

 

Oggi, 23 gennaio 1978

Los Angeles, California; nel distretto di Woodland Hills, a sud della San Fernando Valley, sorge la villetta di Don Johnson, uno dei roadie più fidati della rock band Chicago.

Questo pomeriggio Don ha convocato a casa sua un po’ di amici perché vuole festeggiare i successi professionali suoi e del gruppo. Tra gli invitati c’è anche Terry Kath, fenomenale chitarrista dei Chicago, ma anche personaggio inquieto e problematico. Terry, da tempo, ha problemi di dipendenza da alcol e droghe, sembra sempre infelice e teso all’improbabile ricerca di un qualcosa che neanche lui sa. Peter Cetera, bassista del gruppo nonché uno dei membri fondatori della band che ha preso il nome dall’azienda di trasporti della città dell’Illinois (la Chigago Tranist Authority), ne aveva profetizzato la dipartita: “Sarà il primo a lasciare il gruppo”, aveva detto qualche tempo addietro.

Oggi Terry sembra di buon umore. Sono circa le 5 di pomeriggio quando, per darsi un po’ di arie prende una P38, se la punta alla tempia e preme il grilletto diverse volte. Il tamburo è vuoto e quindi non c’è nulla da temere.

Non soddisfatto della sbruffonata, impugna una 9 millimetri, semiautomatica e ripete lo stesso gesto non prima di aver pronunciato una frase che si rivela, purtroppo per lui, fatidica: “Non preoccupatevi, anche questa è scarica”.

Effettivamente, il tamburo è vuoto. Malauguratamente però, una pallottola è rimasta in canna. Così, appena preme il grilletto… bum. Terry Kath muore sul colpo una settimana prima del suo 32esimo compleanno.

Il suo atto insensato gli varrà il Darwin Award, premio dato agli esseri umani che decidono di non riprodursi o si autoeliminano nei modi più stupidi possibili.

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