Essenziale. Anzi no.
Però ascoltando Rebus in apertura, si notano subito la sua chitarra e la sua voce sommessa, come negli altri undici brani in cui si parla di “morte come possibilità di rivincita-redenzione”. L’amore rimane l’ultimo appiglio per vivere e sopravvivere, e tutto si protrae nei testi in cui vengono citati filosofi come Deleuze e scrittori come Chlebnikov, Pessoa e Giorgio Vasta e anche negli strumenti che si aggiungono con delicatezza ed eleganza e talvolta sono solo il tappeto su cui Andrea Arnoldi si stende con il peso del corpo.
Il progetto inizia a prendere forma nel 2009 a Bergamo dall’incontro tra lo stesso Andrea Arnoldi e Adele Pappalardo. Dopo alcune idee espresse su alcuni ep autoprodotti e sperimentazioni di vario tipo sempre con diversi musicisti, gli ultimi due anni arriva la composizione di Le cose vanno usate le persone vanno amate.
Un po’ folk, un po’ cantautorale. Gli arrangiamenti appaiono meticolosi con violoncelli, organetti, sitar, theremin instillati minuziosamente e con gli incontri tra archi, fiati e strumenti etnici e tardo-medievali. Già in Àncora, infatti, il suono comincia ad espandersi come nell’inizio de L’ortica. Quest’ultimo pezzo diventa poi più concitato, ma mantiene quell’aura malinconica propria di tutto l’album e caratteristica pure di Cosmogonia con i suoi cori “liberi”, sebbene in realtà siano sempre studiati e ben congegnati.
E se si parla di morte non può mancare Requiem. Ma non siamo di fronte a un lavoro triste o funereo, perché siamo invece di fronte a un disco dove a un certo punto ci sono aperture orchestrali come quelle in Coda o dove ci sono le infusioni improvvise dell’armonica in Ringiovanimento.
La forza di Andrea Arnoldi sta allora anche nell’essersi affidato a un ensemble di musicisti. In particolare il suo lavoro è stato impreziosito dagli interventi di Leonardo Gatti per l’arrangiamento degli archi, di Pierluigi Brignoli per i fiati, di Christian Frosio per i cori oltre che per la consulenza artistica e tecnica, di Gionata Giardina per la sezione ritmica e di Giuseppe Olivini per la strumentazione etnica e antica.
Essenziale. Anzi per niente.
Però ascoltando Rebus in apertura, si notano subito la sua chitarra e la sua voce sommessa, come negli altri undici brani in cui si parla di “morte come possibilità di rivincita-redenzione”. L’amore rimane l’ultimo appiglio per vivere e sopravvivere, e tutto si protrae nei testi in cui vengono citati filosofi come Deleuze e scrittori come Chlebnikov, Pessoa e Giorgio Vasta e anche negli strumenti che si aggiungono con delicatezza ed eleganza e talvolta sono solo il tappeto su cui Andrea Arnoldi si stende con il peso del corpo.
Il progetto inizia a prendere forma nel 2009 a Bergamo dall’incontro tra lo stesso Andrea Arnoldi e Adele Pappalardo. Dopo alcune idee espresse su alcuni ep autoprodotti e sperimentazioni di vario tipo sempre con diversi musicisti, gli ultimi due anni arriva la composizione di Le cose vanno usate le persone vanno amate.
Un po’ folk, un po’ cantautorale. Gli arrangiamenti appaiono meticolosi con violoncelli, organetti, sitar, theremin instillati minuziosamente e con gli incontri tra archi, fiati e strumenti etnici e tardo-medievali. Già in Àncora, infatti, il suono comincia ad espandersi come nell’inizio de L’ortica. Quest’ultimo pezzo diventa poi più concitato, ma mantiene quell’aura malinconica propria di tutto l’album e caratteristica pure di Cosmogonia con i suoi cori “liberi”, sebbene in realtà siano sempre studiati e ben congegnati.
E se si parla di morte non può mancare Requiem. Ma non siamo di fronte a un lavoro triste o funereo, perché siamo invece di fronte a un disco dove a un certo punto ci sono aperture orchestrali come quelle in Coda o dove ci sono le infusioni improvvise dell’armonica in Ringiovanimento.
La forza di Andrea Arnoldi sta allora anche nell’essersi affidato a un ensemble di musicisti. In particolare il suo lavoro è stato impreziosito dagli interventi di Leonardo Gatti per l’arrangiamento degli archi, di Pierluigi Brignoli per i fiati, di Christian Frosio per i cori oltre che per la consulenza artistica e tecnica, di Gionata Giardina per la sezione ritmica e di Giuseppe Olivini per la strumentazione etnica e antica.
Essenziale. Anzi per niente.