17/03/2015

CarmenSita

Un disco per portare nella metropoli il suono di un variopinto sciamanesimo. È questo prima di tutto Outta Khali Phobia, album d’esordio dei bergamaschi CarmenSita
Un disco per portare nella metropoli il suono di un variopinto sciamanesimo. È questo prima di tutto Outta Khali Phobia, album d’esordio dei bergamaschi CarmenSita.
Il duo formato dalla cantante Carmen Cangiano e dal chitarrista Claudio Fabbrini getta le fondamenta della sua musica in un blues rock dai tratti psichedelici che, sostenuto da percussioni etniche, si avventura in sperimentazioni sonore. 
  
Un giro blues vagamente orientale introduce la title-track, Outta Khali Phobia, che, attraverso l’impiego di delay e riverberi sulla voce, cerca di suggerire orizzonti extrasensoriali, impulso simile a quello creato dal procedere sincrono delle voci sul paesaggio desertico di Don’t Forget To Dance. Tra jazz e reggae si muove la deliziosa Move On, mentre La noia ha fame è una canzone dai tratti folk, nonché l’unica dell’album in italiano.
 
Dopo un brano deciso dal tono rock, l’arrangiamento maggiormente curato e una presenza più marcata dell’elettronica come Trouble, vanno sempre verso il jazz She’s A Godness e anche la malinconica e sensuale Deep Water, che sfrutta la voce calda e istintiva della Cangiano su un leggerissimo accompagnamento di chitarra e batteria.
 
Pur non rappresentando un lavoro particolarmente esteso, le sette tracce del disco dei CarmenSita esibiscono comunque una buona varietà e diversi tratti di originalità, soprattutto riguardo alla sperimentazione sonora, ad esempio con la particolare scelta timbrica di utilizzare diffusamente un harmonium indiano modificato con effetti elettronici; caratteristiche che fanno di Outta Khali Phobia un interessante biglietto da visita.
 

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