Nel 2013 era morto da poco suo padre. La moglie Morgane, allora, gli ha regalato una vecchia Jeep per evadere un po’, staccare, liberarsi dal dolore e guidare lungo le strade dell’Arizona verso Nashville.
E fu così che alla fine del percorso il “viaggiatore” Chris Stapleton tornò nella sua Nashville per registrare nel famoso RCA Studio A i brani composti on the road. Quattordici pezzi (dodici inediti e due cover), dove fa bella mostra di sé il country, non sono da meno il rock e il blues e poi si distingue pure una certa convinzione propria del cantautorato americano.
È un disco d’esordio per Stapleton per modo di dire, data la sua esperienza da autore per grandi star del pop e del rock (tra cui Adele, Peter Frampton e Sheryl Crow) e per George Strait, Luke Bryan, Kenny Chesney, Darius Rucker e Josh Turner, raggiungendo con questi ultimi pezzi addirittura il primo posto nelle classifiche Country USA. E non vanno trascurate nemmeno la sua militanza negli Steel Drivers dal 2008 al 2010 in veste di voce solista e successivamente nei Jompson Brothers da lui fondati, nonché le esibizioni dal vivo con Vince Gill, Alison Krauss, Marty Stuart ed Emmylou Harris.
La voce di Stapleton qui viaggia assieme ai suoi brani, alle dinamiche e a una strumentazione essenziale ben congegnata. E a tal proposito non passa inosservata quindi la steel guitar del primo pezzo/title-track o l’armonica vigile di Mickey Raphael della band di Willie Nelson nella struggente ballad Daddy Doesn’t Pray Anymore, decisiva anche nella country rock Nobody To Blame, nell’acustica con tanto di mandolino More Of You e nell’intensa ballad The Devil Named Music. E poi Chris Stapleton “si riappropria” perfettamente di Whiskey And You, scritta per Tim Mc Graw e di recente interpretata pure da Jason Eady, e si lascia andare lui stesso nella sua versione di Tennessee Whiskey di Dean Dillon e Linda Hargrove divenuta famosa grazie a George Jones, e un po’ meno in Was it 26 composta da Don Sampson per Charlie Daniels. Tante volte poi la moglie Morgane si unisce musicalmente bene all’artista con i suoi cori.
Va ascoltato tutto, fino alla fine, compreso il blues di Sometimes I Cry, brano molto apprezzato dai fan di Stapleton e qui registrato in versione live dinanzi a un po’ di pubblico.
E allora si è creata anche un’idea di suono nel viaggio durante il quale sono nati i brani, ma questa è solo una conseguenza. Perché prima di tutto spiccano i brani, molto differenti tra loro, ma legati impercettibilmente in un album che non è un semplice debutto.
E fu così che alla fine del percorso il “viaggiatore” Chris Stapleton tornò nella sua Nashville per registrare nel famoso RCA Studio A i brani composti on the road. Quattordici pezzi (dodici inediti e due cover), dove fa bella mostra di sé il country, non sono da meno il rock e il blues e poi si distingue pure una certa convinzione propria del cantautorato americano.
È un disco d’esordio per Stapleton per modo di dire, data la sua esperienza da autore per grandi star del pop e del rock (tra cui Adele, Peter Frampton e Sheryl Crow) e per George Strait, Luke Bryan, Kenny Chesney, Darius Rucker e Josh Turner, raggiungendo con questi ultimi pezzi addirittura il primo posto nelle classifiche Country USA. E non vanno trascurate nemmeno la sua militanza negli Steel Drivers dal 2008 al 2010 in veste di voce solista e successivamente nei Jompson Brothers da lui fondati, nonché le esibizioni dal vivo con Vince Gill, Alison Krauss, Marty Stuart ed Emmylou Harris.
La voce di Stapleton qui viaggia assieme ai suoi brani, alle dinamiche e a una strumentazione essenziale ben congegnata. E a tal proposito non passa inosservata quindi la steel guitar del primo pezzo/title-track o l’armonica vigile di Mickey Raphael della band di Willie Nelson nella struggente ballad Daddy Doesn’t Pray Anymore, decisiva anche nella country rock Nobody To Blame, nell’acustica con tanto di mandolino More Of You e nell’intensa ballad The Devil Named Music. E poi Chris Stapleton “si riappropria” perfettamente di Whiskey And You, scritta per Tim Mc Graw e di recente interpretata pure da Jason Eady, e si lascia andare lui stesso nella sua versione di Tennessee Whiskey di Dean Dillon e Linda Hargrove divenuta famosa grazie a George Jones, e un po’ meno in Was it 26 composta da Don Sampson per Charlie Daniels. Tante volte poi la moglie Morgane si unisce musicalmente bene all’artista con i suoi cori.
Va ascoltato tutto, fino alla fine, compreso il blues di Sometimes I Cry, brano molto apprezzato dai fan di Stapleton e qui registrato in versione live dinanzi a un po’ di pubblico.
E allora si è creata anche un’idea di suono nel viaggio durante il quale sono nati i brani, ma questa è solo una conseguenza. Perché prima di tutto spiccano i brani, molto differenti tra loro, ma legati impercettibilmente in un album che non è un semplice debutto.