Già con il suo primo lavoro del 2010, La storia sbagliata, Filippo Andreani fece centro, poi arrivò Scritti con Pablo che ne confermò il talento. Una strofa di Non passarmi oltre, “Non passarmi oltre amore mio, curati ancora di me che ho già perso le foglie in questo Novembre di vita incontrato per sbaglio, che partorisce distanze e uccide”, lo avvicinava per sensibilità e capacità di scrittura al meglio del cantautorato storico. Ora, a un paio d’anni di distanza, ecco La prima volta ed è di nuovo un bel sentire. Lui dice che è finalmente il disco che voleva fare perché si riappropria delle sue vere passioni, che sono poi i piaceri di molti e si perdono tra calcio e musica. Ma come si può immaginare Filippo non è un hooligan, è anzi uno che il gioco del pallone lo intende come un’arte e non a caso cita Rivera, Mazzola, Vendrame e soprattutto Gigi Meroni che diventa il titolo di una sua canzone, bella da fare piangere, e vera come la disgrazia che è sempre dietro l’angolo. “A Cristiana spiegavo che il dribbling è come un abito inglese: elegante, estroverso e festoso come la barba di un mese” è una strofa che solo chi è innamorato del calcio può scrivere. Ma tutto l’incedere è una meravigliosa storia d’amore e un bell’omaggio allo sfortunato fantasista granata, investito da un’auto durante l’apice della sua carriera. A un primo ascolto dell’album sembra forse la canzone più bella, ma poi l’attenzione si ferma anche sull’ultimo brano, 30 Gennaio 2014, scritto fuori dalla sala parto dove stava nascendo sua figlia.
“Annarella vieni a salvarmi dalle piccole miserie quotidiane che per colpa o d’altri o mia non sono riuscito a evitare” è un bel pensiero catartico che ci regala una nascita attesa che si vorrebbe potere condividere con chi non c’è più, un genitore che manca all’appello in un giorno di festa. Ma il disco ha altre cose belle, altri ricordi di gioventù legati alla curva dello stadio del Como quando Borgonovo faceva sfracelli (Numero Nove), alla scoperta delle canzoni di Piero Ciampi e al suo Adius (Lettera da Litaliano), e al nomignolo con cui sua madre lo chiamava da bambino (Tito) e molto altro ancora. C’è poi il pezzo di apertura, Canzone per Delmo, bellissima, cantata con Marino Severini dei Gang che come sempre regala epica e melodia e Il prossimo disco dei Clash che non cela neanche tanto la voglia di riappropriarsi della musica arrabbiata della gioventù. A dargli una mano in questo lavoro un pugno di musicisti ben coagulati in un suono poderoso, ma anche capace di cogliere le giuste sfumature.
“Annarella vieni a salvarmi dalle piccole miserie quotidiane che per colpa o d’altri o mia non sono riuscito a evitare” è un bel pensiero catartico che ci regala una nascita attesa che si vorrebbe potere condividere con chi non c’è più, un genitore che manca all’appello in un giorno di festa. Ma il disco ha altre cose belle, altri ricordi di gioventù legati alla curva dello stadio del Como quando Borgonovo faceva sfracelli (Numero Nove), alla scoperta delle canzoni di Piero Ciampi e al suo Adius (Lettera da Litaliano), e al nomignolo con cui sua madre lo chiamava da bambino (Tito) e molto altro ancora. C’è poi il pezzo di apertura, Canzone per Delmo, bellissima, cantata con Marino Severini dei Gang che come sempre regala epica e melodia e Il prossimo disco dei Clash che non cela neanche tanto la voglia di riappropriarsi della musica arrabbiata della gioventù. A dargli una mano in questo lavoro un pugno di musicisti ben coagulati in un suono poderoso, ma anche capace di cogliere le giuste sfumature.
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