19/11/2013

Giorni memorabili

Le conversazioni con John Lennon diventano un omaggio a Yoko Ono e a un modo di fare arte che non esiste più

«Benvenuto nel sancta sanctorum», dice John Lennon aprendo la porta a Jonathan Cott. Siamo al Dakota, a New York. È il 5 dicembre 1980 e all’ex Beatle restano tre giorni di vita. Ha preso appuntamento col giornalista di Rolling Stone per un’intervista su Double Fantasy. Sarà l’ultima. Ora quella conversazione vede la luce per la prima volta in versione integrale, unitamente al resoconto di un’altra intervista con Lennon risalente al 1968 e a due conversazioni con Yoko Ono. Erano Giorni memorabili, suggerisce il titolo del volume. Vero. Però trasformare quelle interviste in un libro è un azzardo. Perché quelle chiacchierate non sono profonde né rivelatrici, anche se qualche chicca c’è, come il riferimento al progetto di Andy Warhol di fare sfidare John e Yoko in una lotta davanti al pubblico del Madison Square Garden. E poi perché le interviste sono inframmezzate da ricostruzioni già note dell’attività artistica della coppia. D’altra parte, il libro è una buona chiave di accesso alla “filosofia” della coppia e il tono informale delle conversazioni permette di confrontarsi con un Lennon meno iconico, più umano.

Jonathan Cott era amico e ammiratore riverente della coppia. Di sicuro era al posto giusto nel momento giusto: primo redattore europeo di Rolling Stone, era a Londra nel ’68, quando John Lennon stava passando dalle braccia dei Beatles a quelle di Yoko; era a New York nell’80, anno della rinascita artistica e della morte del rocker. Lo racconta in modo appassionato permettendoci di vivere indirettamente esperienze uniche. Come assistere a una seduta d’incisione dei Beatles ai tempi del White Album, «un misto di prove, jam, sovraincisioni, mixaggi e fasi di remix, pezzi appena abbozzati, aggiunta di voci, double-tracking, creazione di effetti sonori e continue correzioni e ritocchi». O come entrare nello studio di Yoko al Dakota: divano bianco perla, pianoforte nero verticale, una cassa in quercia con intarsi in giada e avorio, teche con reperti egizi. E il soffitto con un trompe-l’oeil raffigurante un cielo.

E così Lennon e Ono parlano e parlano e parlano. Uno ammettere di scrivere testi di cui non conosce il significato e dimostra di possedere uno spiccato spirito di autocritica, in un misto di sicurezza e arroganza. L’altra affronta con lucidità gli insulti che le piovono addosso e illustra la sua idea di arte che mescola intelletto e spirito infantile. In mezzo alle loro conversazioni Cott si sente come «la rete di un campo da tennis sopra la quale passano milioni di discorsi». È evidente che sta dalla parte dei Lenono. E trasforma il volume in un atto d’amore per l’arte di Yoko che ne esce – legittimamente – come musa ispiratrice dell’ex Beatle e artista di prima grandezza. Per dirla con Lennon, due menti e un solo destino. «John e Yoko» scrive Cott «vissero insieme una vita che presentava al mondo di tutti i giorni il dramma archetipico dell’immaginazione». Ecco dove Giorni memorabili non fallisce: trasmette senza inutili sensazionalismi il senso ultimo dell’esperienza artistica di una delle coppie rock più amate, odiate, chiacchierate della storia.

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