(Foto di Maciek Jasik)
Escludendo Amber Headlights del 2005, album uscito sì a suo nome ma che considerava una raccolta di brani messi insieme dopo la morte di tre anni prima dell’amico Ted Demme, questo sarebbe il secondo album solista, ma è a tutti gli effetti il primo lavoro che esce a firma del leader di Afghan Whigs, Twilight Singers e Gutter Twins. Stiamo parlando di Greg Dulli che da poco ha pubblicato il suo primo vero album come solista, Random Desire.
Dieci brani, circa trentasei minuti in totale, in cui Dulli non si cela dietro ad altri progetti o band e dove suona quasi tutti gli strumenti, pur ospitando comunque altri musicisti, tra cui il chitarrista degli Afghan Whigs Jon Skibic e dai Twilight Singers il polistrumentista Rick G. Nelson e l’ex componente Mathias Schneeberger. Era il momento giusto per avviare questo tipo di discorso dopo l’ottima risonanza di In Spades del 2017, ultimo album pubblicato dagli Afghan Whigs. Subito dopo quell’uscita il batterista Patrick Keeler si sarebbe dedicato alle registrazioni e al tour con i Raconteurs di Jack White, mentre il bassista John Curley avrebbe ripreso gli studi. E dopo la tragica morte del chitarrista Dave Rosser, evidentemente per Greg Dulli non rimaneva altro da fare se non provare a superare il lutto e a pubblicare Random Desire.
Lui, originario di Hamilton, Ohio, ma che vive a Los Angeles, ha concepito l’album tra la sua casa di Silver Lake, il villaggio di Crestline sulle montagne sopra a San Bernardino, New Orleans e per la maggior parte isolandosi nel deserto di Joshua Tree. E ne è venuto fuori un lavoro differente che si discosta dall’approccio rock degli Afghan Whigs, a parte alcune eccezioni come l’inizio offerto da Pantomima.
Pianoforte, archi, ma anche in generale un’idea all’apparenza più minimale per un lavoro tutto sommato eterogeneo, da una ballad come Marry Me alla cavalcata di A Ghost, dagli esperimenti di elettronica e fiati di Lockless, alla pregevole e delicata Slow Pan in conclusione.
Dulli ha trovato così il suo modo di raccontare questo “desiderio casuale” e tutti i sentimenti contrastanti che ne derivano, con artisti quali Prince e Todd Rundgren indicati come principali influenze di questo lavoro, ma soprattutto con la voglia di mettersi in discussione da solo dopo oltre trent’anni di carriera.
Escludendo Amber Headlights del 2005, album uscito sì a suo nome ma che considerava una raccolta di brani messi insieme dopo la morte di tre anni prima dell’amico Ted Demme, questo sarebbe il secondo album solista, ma è a tutti gli effetti il primo lavoro che esce a firma del leader di Afghan Whigs, Twilight Singers e Gutter Twins. Stiamo parlando di Greg Dulli che da poco ha pubblicato il suo primo vero album come solista, Random Desire.
Dieci brani, circa trentasei minuti in totale, in cui Dulli non si cela dietro ad altri progetti o band e dove suona quasi tutti gli strumenti, pur ospitando comunque altri musicisti, tra cui il chitarrista degli Afghan Whigs Jon Skibic e dai Twilight Singers il polistrumentista Rick G. Nelson e l’ex componente Mathias Schneeberger. Era il momento giusto per avviare questo tipo di discorso dopo l’ottima risonanza di In Spades del 2017, ultimo album pubblicato dagli Afghan Whigs. Subito dopo quell’uscita il batterista Patrick Keeler si sarebbe dedicato alle registrazioni e al tour con i Raconteurs di Jack White, mentre il bassista John Curley avrebbe ripreso gli studi. E dopo la tragica morte del chitarrista Dave Rosser, evidentemente per Greg Dulli non rimaneva altro da fare se non provare a superare il lutto e a pubblicare Random Desire.
Lui, originario di Hamilton, Ohio, ma che vive a Los Angeles, ha concepito l’album tra la sua casa di Silver Lake, il villaggio di Crestline sulle montagne sopra a San Bernardino, New Orleans e per la maggior parte isolandosi nel deserto di Joshua Tree. E ne è venuto fuori un lavoro differente che si discosta dall’approccio rock degli Afghan Whigs, a parte alcune eccezioni come l’inizio offerto da Pantomima.
Pianoforte, archi, ma anche in generale un’idea all’apparenza più minimale per un lavoro tutto sommato eterogeneo, da una ballad come Marry Me alla cavalcata di A Ghost, dagli esperimenti di elettronica e fiati di Lockless, alla pregevole e delicata Slow Pan in conclusione.
Dulli ha trovato così il suo modo di raccontare questo “desiderio casuale” e tutti i sentimenti contrastanti che ne derivano, con artisti quali Prince e Todd Rundgren indicati come principali influenze di questo lavoro, ma soprattutto con la voglia di mettersi in discussione da solo dopo oltre trent’anni di carriera.