Rock dalle chiare influenze anni ’90, riconoscibile sin dal primo ascolto. I testi sono sempre dello scrittore Sandro Campani (tre libri pubblicati, l’ultimo è La terra nera, edito nel 2013 da Rizzoli).
Terzo disco dunque per la band reggiana in cui sono presenti quelli che loro stessi definiscono “animali-totem” (Canzone della volpe, Canzone del cigno, Canzone del bisonte) da intendere come allegorie ed evocazioni. E poi ci sono storie d’amore, la cui narrazione spesso è incompleta, poiché la band preferisce soffermarsi solo su determinati particolari. Il tutto è già visibile dalla copertina con un bosco appenninico illuminato dai fari di un auto, immagine che Sandro Campani definisce “descrittiva e insieme reticente”.
Sono undici in tutto i brani che caratterizzano l’album. E si inizia dal piglio deciso e da “sbagli, e rinunce, e felicità inventate” di Palinka. Le chitarre elettriche spiccano maggiormente nel suono della band, ma per esempio in Le Tre recita una parte significativa anche Piwy Del Villano con il suo sax. Il musicista è l’ultimo arrivato nel gruppo e in questo album si occupa anche degli arrangiamenti. La Canzone del bisonte riprende senza dubbio De Gregori nell’approccio e nelle sensazioni generali, mentre il Tema di Irene è l’unico pezzo strumentale che anticipa il finale, dapprima pulsante di S’arrampicavano e poi leggiadro e in stile Marlene Kuntz di San Giovanni di Querciola.
Talvolta il sound è semplice, in altri casi più ricercato. E i richiami musicali a qualcosa di già sentito vengono attualizzati.
In definitiva, alla base dei discorsi degli Ismael viene proposta comunque sempre una buona energia rock, in collegamento con ciò che descrivono e in contrapposizione con ciò che lasciano incompiuto.
Terzo disco dunque per la band reggiana in cui sono presenti quelli che loro stessi definiscono “animali-totem” (Canzone della volpe, Canzone del cigno, Canzone del bisonte) da intendere come allegorie ed evocazioni. E poi ci sono storie d’amore, la cui narrazione spesso è incompleta, poiché la band preferisce soffermarsi solo su determinati particolari. Il tutto è già visibile dalla copertina con un bosco appenninico illuminato dai fari di un auto, immagine che Sandro Campani definisce “descrittiva e insieme reticente”.
Sono undici in tutto i brani che caratterizzano l’album. E si inizia dal piglio deciso e da “sbagli, e rinunce, e felicità inventate” di Palinka. Le chitarre elettriche spiccano maggiormente nel suono della band, ma per esempio in Le Tre recita una parte significativa anche Piwy Del Villano con il suo sax. Il musicista è l’ultimo arrivato nel gruppo e in questo album si occupa anche degli arrangiamenti. La Canzone del bisonte riprende senza dubbio De Gregori nell’approccio e nelle sensazioni generali, mentre il Tema di Irene è l’unico pezzo strumentale che anticipa il finale, dapprima pulsante di S’arrampicavano e poi leggiadro e in stile Marlene Kuntz di San Giovanni di Querciola.
Talvolta il sound è semplice, in altri casi più ricercato. E i richiami musicali a qualcosa di già sentito vengono attualizzati.
In definitiva, alla base dei discorsi degli Ismael viene proposta comunque sempre una buona energia rock, in collegamento con ciò che descrivono e in contrapposizione con ciò che lasciano incompiuto.
