“Una musica sentita così profondamente che non è affatto sentita, ma voi siete la musica finché essa dura”. È con un testo tratto dai Quattro quartetti di T.S. Eliot, del quale qui è riportato solo un breve lacerto, che lo storico della musica e giornalista newyorkese Ashley Kahn ha tentato di descrivere le opere di Jazzpo. Presentata nella serata del 23 giugno al Blue Note di Milano, l’esposizione propone una selezione dei quadri di Massimo Chioccia e Olga Tsarkova; ritratti di storici jazzisti che il pubblico del locale milanese potrà ammirare fino al 30 settembre.
Le opere della bottega d’arte della coppia di Orvieto sono conosciute in tutto il mondo: dal 6 giugno al 19 luglio saranno anche al Jazz Museum di Rotterdam, in occasione del North Sea Jazz Festival; alcune fanno parte già dal 2011 dell’arredamento del celebre jazz club Birdland di New York; tra di esse infine è stata scelta l’immagine utilizzata l’anno scorso per il manifesto del Newport Jazz Festival.
Nei dipinti di Chioccia e della Tsarkova la musica prende forma, diventa un’esplosione di colore che esce dalle figure. Riuscire a catturare in maniera suggestiva, vivida, qualcosa di astratto e impalpabile come l’espressione musicale non è da tutti, richiede un grande spirito d’osservazione, la capacità di vedere e di dare sostanza a ciò che gli altri riescono solo a percepire. Quasi un sesto senso, verrebbe da dire.
Sixth Sense è anche il titolo dell’ultimo album del Roberto Gatto Special Quartet, che si è esibito un paio d’ore dopo l’inaugurazione di Jazzpo. Non si fatica molto a immaginare alcuni dei grandi jazzisti ritratti, sbirciare compiaciuti dalle pareti la formazione del batterista mentre suona i loro standard. Come Duke Ellington, che ascolta la marcia funebre Black And Tan Fantasy evolvere in un blues nel quale i quattro si sbizzarriscono, o Wayne Shorter, che osserva un pubblico incantato dalla sua Lady Day, delicata ballad offerta a Billie Holiday.
Gatto & Co. dedicano poi a Ornette Coleman Happy Hour, un omaggio che non poteva mancare ad appena due settimane dalla scomparsa del sassofonista, mentre di Dave Brubeck è Sixth Sense, jazz in punta di piedi che regala un dialogo vellutato tra tromba e clarinetto.
In un brillante gioco di equilibri dove tutto sembra essere al posto giusto, il quartetto di Roberto Gatto sa rileggere i classici con personalità, e rielaborare i loro insegnamenti in azzeccati e frizzanti brani originali, Bonanza e Unknown Shape.
Gatto dà conferma di essere un ottimo band leader, anche nella scelta dei suoi compagni di viaggio: al clarinetto e sassofono troviamo un altro musicista di spicco del jazz italiano, Francesco Bearzatti, e accanto a lui la tromba estrosa e piena di charme di Avishai Cohen. Sentire poi come il contrabbassista Rosario Bonaccorso gestisce l’accompagnamento e i suoi diversi a solo non fa rimpiangere Doug Weiss, unico membro della formazione assente.
Il pubblico dà segno di apprezzare molto lo show: al termine dell’ultimo brano gli applausi di incitamento per il bis iniziano ancor prima che la band riesca a poggiare gli strumenti. Dopo la breve pausa è Cohen che riapre le danze, introducendo il pezzo del commiato, Peace di Horace Silver…
Le opere della bottega d’arte della coppia di Orvieto sono conosciute in tutto il mondo: dal 6 giugno al 19 luglio saranno anche al Jazz Museum di Rotterdam, in occasione del North Sea Jazz Festival; alcune fanno parte già dal 2011 dell’arredamento del celebre jazz club Birdland di New York; tra di esse infine è stata scelta l’immagine utilizzata l’anno scorso per il manifesto del Newport Jazz Festival.
Nei dipinti di Chioccia e della Tsarkova la musica prende forma, diventa un’esplosione di colore che esce dalle figure. Riuscire a catturare in maniera suggestiva, vivida, qualcosa di astratto e impalpabile come l’espressione musicale non è da tutti, richiede un grande spirito d’osservazione, la capacità di vedere e di dare sostanza a ciò che gli altri riescono solo a percepire. Quasi un sesto senso, verrebbe da dire.
Sixth Sense è anche il titolo dell’ultimo album del Roberto Gatto Special Quartet, che si è esibito un paio d’ore dopo l’inaugurazione di Jazzpo. Non si fatica molto a immaginare alcuni dei grandi jazzisti ritratti, sbirciare compiaciuti dalle pareti la formazione del batterista mentre suona i loro standard. Come Duke Ellington, che ascolta la marcia funebre Black And Tan Fantasy evolvere in un blues nel quale i quattro si sbizzarriscono, o Wayne Shorter, che osserva un pubblico incantato dalla sua Lady Day, delicata ballad offerta a Billie Holiday.
Gatto & Co. dedicano poi a Ornette Coleman Happy Hour, un omaggio che non poteva mancare ad appena due settimane dalla scomparsa del sassofonista, mentre di Dave Brubeck è Sixth Sense, jazz in punta di piedi che regala un dialogo vellutato tra tromba e clarinetto.
In un brillante gioco di equilibri dove tutto sembra essere al posto giusto, il quartetto di Roberto Gatto sa rileggere i classici con personalità, e rielaborare i loro insegnamenti in azzeccati e frizzanti brani originali, Bonanza e Unknown Shape.
Gatto dà conferma di essere un ottimo band leader, anche nella scelta dei suoi compagni di viaggio: al clarinetto e sassofono troviamo un altro musicista di spicco del jazz italiano, Francesco Bearzatti, e accanto a lui la tromba estrosa e piena di charme di Avishai Cohen. Sentire poi come il contrabbassista Rosario Bonaccorso gestisce l’accompagnamento e i suoi diversi a solo non fa rimpiangere Doug Weiss, unico membro della formazione assente.
Il pubblico dà segno di apprezzare molto lo show: al termine dell’ultimo brano gli applausi di incitamento per il bis iniziano ancor prima che la band riesca a poggiare gli strumenti. Dopo la breve pausa è Cohen che riapre le danze, introducendo il pezzo del commiato, Peace di Horace Silver…