Abbiamo visitato la mostra My Name Is Prince alla O2 Arena di Londra (aperta fino al prossimo 7 gennaio), di fatto la prima esposizione dedicata all’artista scomparso ad aprile 2016.
La scelta della location non è casuale, essendo il luogo in cui esattamente dieci anni fa Prince tenne ben ventuno concerti sold out di seguito, totalizzando oltre 450.000 spettatori.
Ora, invece, in una delle sale dell’Arena predisposte per le mostre sono esposti centinaia di oggetti provenienti dal quartier generale di Paisley Park (in Minnesota), dove Prince viveva, registrava e faceva i suoi concerti dal vivo.
Su uno sfondo viola, il colore più vividamente associato a lui, le diverse sale mostrano in ordine cronologico l’evoluzione della sua carriera, con le prime stanze dedicate ai primi quattro dischi (For You, Prince, Dirty Mind e 1999). In particolare questi ultimi due mostrano l’incredibile svolta dal soul canonico degli esordi a quel mix di R’n’B, rock, pop, funk e new wave divenuto celebre come il “Minneapolis sound”.
Il capolavoro Purple Rain viene celebrato in una sala che lo analizza come album, come canzone e come film, mostrando diversi costumi e testi scritti a mano dell’epoca (chiaramente con inchiostro viola).
È impossibile stare al passo delle innumerevoli fasi della carriera di Prince e la mostra perde il suo ordine cronologico dopo la sezione dedicata all’immortale doppio album Sign O’ The Times (con alcuni filmati presi dal concerto che sarà presto al cinema).
Il resto dell’esposizione, con centinaia di costumi, chitarre e gadget curiosi, si sviluppa attorno ad un palco circolare su cui scorrono diversi videoclip (compresa la celebre esibizione al Super Bowl nel 2007 sotto la pioggia). Il tutto rischia di diventare un po’ dispersivo, ma sono presenti comunque alcune sezioni dedicate ai due ottimi dischi con i The Revolution (Around The World In A Day e Parade) e agli altri film di Prince (dalla colonna sonora di Batman a Under The Cherry Moon e Graffiti Bridge).
Il percorso prosegue analizzando i conflitti con le case discografiche negli anni ’90, gli album autoprodotti e venduti su Internet e i lavori con i New Power Generation e le Third Eye Girl.
Dopo una interessante area che celebra Paisley Park, dove registrarono anche R.E.M., Bob Mould, Madonna e Stevie Wonder, la mostra si chiude con una riproduzione dello steccato degli studi di registrazione dove i fan di Prince lasciano il proprio tributo dopo la morte nel 2016.
Idealmente si può fare lo stesso anche a Londra, celebrando uno dei maggiori talenti della musica internazionale.
Per info e biglietti: http://mynameisprince.co.uk
La scelta della location non è casuale, essendo il luogo in cui esattamente dieci anni fa Prince tenne ben ventuno concerti sold out di seguito, totalizzando oltre 450.000 spettatori.
Ora, invece, in una delle sale dell’Arena predisposte per le mostre sono esposti centinaia di oggetti provenienti dal quartier generale di Paisley Park (in Minnesota), dove Prince viveva, registrava e faceva i suoi concerti dal vivo.
Su uno sfondo viola, il colore più vividamente associato a lui, le diverse sale mostrano in ordine cronologico l’evoluzione della sua carriera, con le prime stanze dedicate ai primi quattro dischi (For You, Prince, Dirty Mind e 1999). In particolare questi ultimi due mostrano l’incredibile svolta dal soul canonico degli esordi a quel mix di R’n’B, rock, pop, funk e new wave divenuto celebre come il “Minneapolis sound”.
Il capolavoro Purple Rain viene celebrato in una sala che lo analizza come album, come canzone e come film, mostrando diversi costumi e testi scritti a mano dell’epoca (chiaramente con inchiostro viola).
È impossibile stare al passo delle innumerevoli fasi della carriera di Prince e la mostra perde il suo ordine cronologico dopo la sezione dedicata all’immortale doppio album Sign O’ The Times (con alcuni filmati presi dal concerto che sarà presto al cinema).
Il resto dell’esposizione, con centinaia di costumi, chitarre e gadget curiosi, si sviluppa attorno ad un palco circolare su cui scorrono diversi videoclip (compresa la celebre esibizione al Super Bowl nel 2007 sotto la pioggia). Il tutto rischia di diventare un po’ dispersivo, ma sono presenti comunque alcune sezioni dedicate ai due ottimi dischi con i The Revolution (Around The World In A Day e Parade) e agli altri film di Prince (dalla colonna sonora di Batman a Under The Cherry Moon e Graffiti Bridge).
Il percorso prosegue analizzando i conflitti con le case discografiche negli anni ’90, gli album autoprodotti e venduti su Internet e i lavori con i New Power Generation e le Third Eye Girl.
Dopo una interessante area che celebra Paisley Park, dove registrarono anche R.E.M., Bob Mould, Madonna e Stevie Wonder, la mostra si chiude con una riproduzione dello steccato degli studi di registrazione dove i fan di Prince lasciano il proprio tributo dopo la morte nel 2016.
Idealmente si può fare lo stesso anche a Londra, celebrando uno dei maggiori talenti della musica internazionale.
Per info e biglietti: http://mynameisprince.co.uk