07/12/2016

Norah Jones live al Teatro Arcimboldi di Milano

Dopo l’uscita di Day Breaks la cantante americana fa tappa in Italia per due concerti che hanno il sapore “delle origini”
“That nothing is as scary as election day”. Aveva ragione ad essere spaventata per il giorno delle elezioni, Norah Jones. E chissà se e quando la sentiremo cantare ancora My Dear Country, pianoforte e voce, come qualche sera fa al Teatro Arcimboldi di Milano.
Non si vedeva in Italia da quattro anni, e l’assenza si è sentita. Norah Jones è tornata nel nostro Paese per due attesissime date a Milano e a Padova. Questo autunno ci ha regalato il suo sesto album solista, Day Breaks, e abbiamo assaporato di nuovo quell’eleganza e quella sensibilità che avevano inaspettatamente conquistato il cuore di tutti, nel 2002, con l’uscita di Come Away With Me. “E’ un disco irripetibile, l’ho capito, me ne sono fatta una ragione”, ha dichiarato. D’altra parte, se un disco d’esordio vende oltre 20 milioni di copie, si sente più che mai la responsabilità di dover dare sempre il massimo, in competizione, prima di tutto, con se stessi.
 
Day Breaks è un salto nel passato, a quelle sonorità smooth e jazz condite con un po’ di folk che avevano caratterizzato il suo esordio, e che da subito l’avevano etichettata come un’artista diversa dalle altre. Pochi fronzoli e tanto talento. Il tutto impreziosito da un’aura di maturità inevitabilmente raggiunta dopo le svariate sperimentazioni e collaborazioni degli ultimi anni, dopo la nascita di due figli e dopo qualche nuova esperienza che l’ha vista addirittura recitare per il grande schermo.
L’8 novembre Norah Jones è salita sul palco del Teatro Arcimboldi per un concerto da prima della classe, una delicatezza e una perfezione a cui ci ha abituati ormai da anni. Da il benvenuto al teatro pieno con la title track del suo ultimo lavoro, e già dalle prime note si percepisce la pulizia, la bellezza e la perfezione del sound. Si destreggia con estrema naturalezza tra il pianoforte a coda al centro della scena, la chitarra elettrica e l’acustica, facendo un’equilibrata selezione di pezzi del nuovo disco e di “classiconi” del suo repertorio – da Tragedy, forse uno dei brani più interessanti del nuovo album, a cavalli di battaglia come Don’t Know Why e Sinkin’ Soon – e catapultando il pubblico ora in un vecchio jazz club newyorkese, ora tra le strade di Nashville. Una scaletta in cui trovano spazio anche gli omaggi ad artisti particolarmente amati dalla Jones, come Neil Young, di cui interpreta Don’t Be Denied, e il padre della canzone americana Hank Williams con la sua How Many Times Have You Broken My Heart, con la quale conclude il concerto.
 
Il momento più coinvolgente è proprio l’ultima parte della serata, quando Norah e i suoi musicisti tornano sul palco per il bis e si posizionano intorno ad un microfono panoramico a bordo palco, con tanto di chitarra acustica, dobro, contrabbasso, pianoforte e tamburo, in versione totally unplugged: di fronte alle poltrone di velluto dell’Arcimboldi si materializza improvvisamente il palco dello storico Grand Ole Opry, e il quintetto della Jones regala al pubblico un vero e proprio assaggio d’America con Sunrise, Creepin’ e la già citata How Many Times Have You Broken My Heart.
Un’assenza che si è fatta sentire e che è stata ampiamente ripagata. Una cosa è certa: Norah Jones non ci ha mai spezzato il cuore.
 

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