Nuota in un lungo fiume Olivia Chaney. Un flusso che sembra avere come sorgente le origini della musica folk inglese e come affluenti i tanti stili che la singer/songwriter ha incontrato nel corso della sua vita. I lunghi viaggi estivi in auto con la famiglia verso l’Italia – la Chaney è fiorentina di nascita – la musica che suonava lo stereo del padre nel salotto di casa e gli studi alla Royal Academy of Music di Londra l’hanno infatti messa a contatto con le più disparate influenze, dai folk singer degli anni ’60 ai grandi compositori d’opera.
Pur essendosi a lungo sottratta a un vero “battesimo del fuoco” discografico, la Chaney è già da tempo conosciuta e stimata grazie ai suoi apprezzati live, nei quali sono stati rodati a dovere diversi dei brani racchiusi in The Longest River, uno dei dischi più attesi del panorama folk inglese, quest’anno. Le aspettative non sono state deluse; la singer/songwriter propone un album incantevole e raffinato, che mostra già una buona maturità artistica, anche per quanto riguarda i testi.
Accanto a brani come False Bride, che ricorda molto da vicino Joni Mitchell, Loose Change che poggia su una chitarra dal vago sentore country o Holiday, bellissima canzone che rievoca i viaggi con la famiglia, troviamo risvolti melodici inaspettati in Imperfections e suggestioni sei-settecentesche in Swimming In The Longest River. Direttamente dal XVII secolo proviene invece There’s Not A Swain, brano del compositore barocco Henry Purcell. Lo scorrere incessante dell’harmonium dona un’eco d’altri tempi a Waxwing, canzone già eseguita in concerto dalla Chaney insieme al suo autore, lo scozzese Alasdair Roberts. Altra cover ben riuscita è Blessed Instant, pezzo dalla maestosità celtica. Il gusto in bilico tra antica ballata e lirica, presente in tutto il disco, dà poi bellissimi esiti anche quando si mischia al sangue latino de La Jardinera, canzone d’amore in spagnolo della cantante cilena Violeta Parra.
The Longest River è un album dal sapore antico, sia per le melodie vocali intessute dalla Chaney sia per gli arrangiamenti garbati in cui chitarre, pianoforte e archi incontrano strumenti particolari come l’harmonium e l’armonica a bicchieri, molti dei quali suonati dalla dotata polistrumentista. Un ottimo disco d’esordio, immancabile per gli appassionati.
Pur essendosi a lungo sottratta a un vero “battesimo del fuoco” discografico, la Chaney è già da tempo conosciuta e stimata grazie ai suoi apprezzati live, nei quali sono stati rodati a dovere diversi dei brani racchiusi in The Longest River, uno dei dischi più attesi del panorama folk inglese, quest’anno. Le aspettative non sono state deluse; la singer/songwriter propone un album incantevole e raffinato, che mostra già una buona maturità artistica, anche per quanto riguarda i testi.
Accanto a brani come False Bride, che ricorda molto da vicino Joni Mitchell, Loose Change che poggia su una chitarra dal vago sentore country o Holiday, bellissima canzone che rievoca i viaggi con la famiglia, troviamo risvolti melodici inaspettati in Imperfections e suggestioni sei-settecentesche in Swimming In The Longest River. Direttamente dal XVII secolo proviene invece There’s Not A Swain, brano del compositore barocco Henry Purcell. Lo scorrere incessante dell’harmonium dona un’eco d’altri tempi a Waxwing, canzone già eseguita in concerto dalla Chaney insieme al suo autore, lo scozzese Alasdair Roberts. Altra cover ben riuscita è Blessed Instant, pezzo dalla maestosità celtica. Il gusto in bilico tra antica ballata e lirica, presente in tutto il disco, dà poi bellissimi esiti anche quando si mischia al sangue latino de La Jardinera, canzone d’amore in spagnolo della cantante cilena Violeta Parra.
The Longest River è un album dal sapore antico, sia per le melodie vocali intessute dalla Chaney sia per gli arrangiamenti garbati in cui chitarre, pianoforte e archi incontrano strumenti particolari come l’harmonium e l’armonica a bicchieri, molti dei quali suonati dalla dotata polistrumentista. Un ottimo disco d’esordio, immancabile per gli appassionati.