Procediamo con ordine: nel 1987 esce Another Momentary Lapse Of Reason, nuovo disco dei Pink Floyd (senza Roger Waters che non c’è più già da due anni). Il tour omonimo inizia quello stesso anno e prosegue di fatto nel 1989 con il nome di Another Lapse.
Dalle date in Nord America del 1987, l’anno successivo si prosegue con diversi live anche nel nostro Paese. Gli spettacoli dal vivo vengono registrati in funzione del doppio disco live A Delicate Sound Of Thunder. Poi i concerti continuano in Europa con tappa ad esempio ad Atene e, addirittura, cosa davvero eccezionale per quel periodo, David Gilmour e soci suonano per alcuni sere consecutive a Mosca. In totale sono 197 i concerti per un totale di 4.000.000 di spettatori.
Sul palco, oltre a David Gilmour (chitarre e voce) Richard Wright (tastiere e voce) e Nick Mason (batteria e percussioni), salgono abitualmente anche Jon Carin (tastiere, sintetizzatore e voce) Tim Renwick (chitarre) Guy Pratt (basso e voce) Scott Page (sax) Gary Wallis (percussioni) Rachel Fury (cori) Durga McBroom (cori) e Lorelei McBroom (cori).
Ma non finisce qui…
Il 15 luglio 1989, infatti, i Pink Floyd sbarcano a Venezia per la tradizionale Festa del Redentore e soprattutto per tenere uno dei concerti che si aggiungeranno ai numerosi eventi di una certa rilevanza per la loro carriera. Il gruppo si esibisce sul Canal Grande, su una piattaforma ormeggiata davanti a Piazza San Marco, per dare vita a un vero e proprio concerto sull’acqua, ridotto a 90 minuti di durata complessiva affinché venisse trasmesso in diretta TV in mondovisione.
Evento senz’altro irripetibile nel bene e nel male e di cui avevamo parlato già qui. Stavolta torniamo sull’argomento in maniera approfondita con una lunga intervista ad Alberto Durgante, presidente dell’Associazione Floydseum, che ha curato il libro The Night Of Wonders. Pink Floyd a Venezia. 15 luglio 1989. Luci, suoni e memorie (Edizioni Antorami).
Beh, innanzitutto parlaci dell’Associazione Floydseum e di cosa si occupa…
Certo! Floydseum è un’Associazione Culturale senza scopo di lucro, formalmente costituita qualche anno fa a Venezia ma risultato di oltre 30 anni di permanenza ed attività del mondo del collezionismo dei Pink Floyd. Oltre ai soci effettivi (ed operativi), Marco Bonecher, Mattia Crespi, Mauro Fagnani, Nicola De Cal e me, la peculiarità dell’associazione è quella di avere diversi importanti soci onorari (Vernon Fitch, Presidente dei Pink Floyd archives americani; Adrian Maben, regista del film Pink Floyd at Pompeii; Glenn Povey, autore dei più bei libri dedicati ai Pink Floyd; Matt Johns, curatore del sito web di riferimento per i fan di tutto il mondo Brain Damage; Werner Haider, curatore del sito web in lingua tedesca Pulse % Spirit) e di aver costruito nel tempo un network mondiale costituito da alcuni dei più grandi collezionisti del gruppo, facilmente “attivabili” nel caso di allestimento di mostre o di realizzazione di altri eventi. Il nostro scopo è quello di promuovere l’arte e la cultura dei Pink Floyd, intesa come musica, immagine, poesia e spettacolo. Il nome richiama il Pink Floyd Museum dal quale siamo partiti nel 2012, il primo ed unico museo virtuale in 3D dedicato al materiale da collezione del gruppo, la cui prima versione si può scaricare gratuitamente dal nostro sito floydseum.org. Per farci conoscere, abbiamo poi iniziato a realizzare delle mega mostre che hanno avuto un grande ritorno di critica e pubblico: nel luglio 2013 a Padova, su oltre 1.000 mq di esposizione, Outside The Wall, interamente dedicata a The Wall (disco, film e live), con il concomitante svolgimento di concerti e conferenze (su tutte quella con Gerald Scarfe, maestro illustratore di tutti i personaggi del disco e David Appleby, fotografo nel backstage del film di Alan Parker Pink Floyd The Wall). E poi nel 2014 il progetto The Night Of Wonders, volto a celebrare il 25° anniversario del concerto dei Pink Floyd a Venezia del 15 luglio 1989 con la mostra a Venezia prima ed il libro a seguire.
Ecco, veniamo subito al libro The Night Of Wonders, dove viene ricordato quel celebre concerto. Tu come hai vissuto quell’evento?
Il libro The Night Of Wonders. Pink Floyd a Venezia. 15 luglio 1989. Luci, suoni e memorie (Edizioni Antorami) è il giusto coronamento di un lavoro di ricerca storica durato oltre 2 anni e volto a raccogliere testimonianze fotografiche e scritte relative a quella famosa notte di oltre 25 anni fa. Le foto del celebre Guido Harari, Bob Hassall (che ha lavorato sul palco), Andrea Pattaro e Marco Sabadin (entrambi di VeneziaVision), Alcide Boaretto e le testimonianze scritte dei componenti della band, degli addetti ai lavori e dei semplici fan rendono questo libro un documento unico nel suo genere. All’epoca avevo poco più di vent’anni, ma ero già un fan sfegatato dei Pink Floyd per cui, dopo averli visti nelle tre date di maggio all’Arena di Verona, mi ero preparato per tempo per l’evento veneziano, anche se il continuo “si fa/non si fa” che giorno dopo giorno si alternava sui giornali, non ci diede la certezza fino quasi al giorno stesso. Due momenti di quel giorno mi sono rimasti particolarmente impressi nella memoria. Il primo è di quando, verso mezzogiorno, superando i cordoni della polizia che già impedivano l’accesso alla piazza, mi trovai di fronte ad una marea umana per lo più accampata e distesa a terra sotto il cocente sole di luglio. Ci misi quasi un’ora, tra insulti ed improperi vari, scavalcando e a volte involontariamente pestando le persone, a giungere a ridosso di una delle colonne frontali di Palazzo Ducale, postazione dalla quale avrei potuto godere appieno dello spettacolo e che, ovviamente, difesi a denti stretti fino all’ora del concerto. Il secondo ricordo, ancora ben nitido, è l’impareggiabile scenario composto dal palco galleggiante illuminato dai laser dei Floyd, dal tappeto di barche e barchini e dagli immortali palazzi di Venezia che risplendevano in quel momento di una nuova luce e bellezza, una situazione magica ed irripetibile.
Perché la Night Of Wonders fu organizzata proprio in concomitanza con la tradizionale Festa del Redentore di Venezia?
Beh, l’idea era quella di creare, attorno all’evento-concerto, qualcosa di unico che avesse potuto rendere indimenticabile la mondovisione via satellite e quindi, quale migliore occasione della Festa del Redentore, già di per sé spettacolare grazie alla moltitudine di persone, di imbarcazioni e dei “foghi” di mezzanotte.
Sarebbe stato un live diverso se ci fosse stato anche Roger Waters? E fu pure un modo per i tre Pink Floyd “rimasti” per dimostrare che certi concerti così particolari erano in grado di organizzarli anche senza Roger Waters? E di riuscire ad organizzarli anche ad esempio senza dover portare in giro uno spettacolo come The Wall?
Non credo sarebbe cambiato molto, perché è vero che Roger Waters è un “animale da palcoscenico” unico rispetto agli altri, ma lo spettacolo architettato dai Floyd per i tour 1987/1989 di A Momentary Lapse Of Reason prima e di Another Lapse poi, lasciava poco spazio alle improvvisazioni e riduceva coloro che erano on stage a delle “ombre” che venivano continuamente sovrastate dai giochi di luce dei laser e dei robot che si muovevano lungo il palco.
Non dimentichiamoci poi che i restanti tre Floyd avevano già avuto la loro vittoria contro Waters, non solo in tribunale per l’uso del marchio Pink Floyd, ma anche grazie agli oltre 190 concerti tenuti in quei tre anni in tutto il mondo, di fronte a più di 4 milioni di spettatori ed in posti altamente spettacolari quali, ad esempio, la Reggia di Versailles in Francia.
Ricostruiamo un po’ tutti i momenti che risalgono a prima del grande evento, a partire dall’organizzazione. Nel documento sintetico di 11 pagine (rigorosamente scritto con macchina da scrivere) che fu prodotto dalla società organizzatrice, la Fran Tomasi srl, e che fu consegnato al Comune di Venezia si parla, tra le altre cose, di “una distanza di sicurezza del palco documentata (circa 150 metri dalla banchina di San Marco), per ogni eventuale preoccupazione in merito al livello sonoro”. Viste le polemiche, quella distanza fu rispettata?
Sicuramente sì. La distanza (così come tutte gli altri, spesso pretestuosi, vincoli che il povero Fran Tomasi ed il suo staff si trovarono a dover affrontare) venne rispettata, tanto è vero che, acusticamente parlando, il concerto non fu dei migliori. Dalla riva dove io ero posizionato, la potente macchina del suono dei Floyd (per l’epoca era come avere la dotazione della Nasa…) veniva spesso sovrastata dalle urla e dalle chiacchere del pubblico.
Il quotidiano Il Giorno all’epoca diceva che il pubblico si sarebbe potuto disporre “su qualsiasi tipo d’imbarcazione (purché bassa, a remo o a motori spenti) nonché su tutta la banchina che si affaccia davanti alla Giudecca”. Furono rispettate tali disposizioni?
Il pubblico era ovunque, tanto che, francamente, risultava difficile riconoscere il confine tra terra e mare, e più passava il tempo e ci si avvicinava all’ora del concerto, più le imbarcazioni e la gente sulla terraferma aumentavano e si aggregavano riempiendo ogni spazio disponibile, con digressioni anche nel “non disponibile”, ovvero lampioni, monumenti e terrazzamenti vari, comprese alcune impalcature che avrebbero dovuto ospitare una delle telecamere TV mobili da terra (ma che, di fatto, non fu utilizzabile) e compreso il tetto del Palazzo delle Prigioni in restauro. Nel libro la sezione che noi abbiamo chiamato del “Pre-concerto” è particolarmente ricca di foto che rendono chiaramente l’idea di quale era la situazione che si era venuta a creare…
A un certo punto si pensava davvero che, dopo tutto il lavoro svolto per l’organizzazione dell’evento, i Pink Floyd non avrebbero più suonato?
È vero che l’autorizzazione scritta, dopo un vergognoso gioco allo “scaricabarile” tra le varie autorità deputate, venne firmata dal Vice Sindaco solo 5 minuti prima delle 21, orario previsto per l’inizio del concerto (che poi in realtà iniziò mezz’ora più tardi, cosa poco in linea con la maniacale e abituale puntualità d’inizio dei Floyd, ma probabilmente molto in linea con le esigenze televisive che attendevano l’oscurità per ottimizzare le riprese…). A quel punto credo comunque che il concerto si sarebbe tenuto ugualmente, anche senza autorizzazioni scritte, in quanto era impensabile far allontanare le centinaia di migliaia di persone “affamate” di Pink Floyd e ormai provate dalla lunga permanenza sotto il sole in condizioni “vitali” a dir poco precarie.
La politica venne accusata di non saper decidere nell’occasione. Ma intanto qualcuno, prima che iniziassero anche solo a montare il palco, doveva aver concesso l’autorizzazione perché si tenesse quel concerto, o no?
Il via libera era arrivato poco tempo prima durante una seduta della giunta comunale nella quale si approfittò dell’assenza del Sindaco e di gran parte di coloro che erano contrari. La realizzazione del concerto avrebbe rappresentato per molti una sorta di prova generale in vista della possibile organizzazione a Venezia dell’Expo, cosa che, ovviamente, scatenò il boicottaggio da parte di tutti coloro che erano contrari a tale ipotesi. In ogni caso bisognava poi ottenere tutte le autorizzazioni dei vari enti preposti alla sicurezza e quelli della sovrintendenza ai beni ambientali e artistici, fatto che innescò una serie di verifiche e controlli relativi alla solidità dell’ancoraggio del palco sul fondo del bacino, del livello dei decibel, dell’uso di transenne, di collocamento di schermi giganti in alcuni punti di non visibilità diretta dello spettacolo ecc. ecc.
Come dicevi all’inizio anche tu, nel libro la Night Of Wonders viene ricostruita anche tramite gli articoli di giornali dell’epoca o per mezzo delle testimonianze di addetti ai lavori, fan e giornalisti stessi. Dice ad esempio Giò Alajmo, giornalista musicale de Il Gazzettino che addirittura alcuni “si vendettero il posto in barca”. Per curiosità: a meno che non si tratti di una semplice leggenda metropolitana, quanto costava un posto in barca per assistere a quel mitico concerto dei Pink Floyd?
No, non si tratta di leggenda metropolitana, ma di pura realtà. I gondolieri quel giorno fecero affari d’oro e, come raccontato nel libro attraverso la testimonianza di Nick Mason, cercarono anche di ottenere ulteriori soldi dalla band con la minaccia di “disturbare il suono” attraverso l’uso di fischietti… Per soddisfare la tua curiosità posso dire comunque che, nel ricordo di Alcide Boaretto, uno dei fotografi che hanno gentilmente messo a disposizione le loro foto d’epoca, un posto in barca costava 200.000 lire (quasi 400 euro di oggi)!
The Night Of Wonders fu in realtà più un evento televisivo nel senso che fu organizzato più perché si vedesse bene in tv?
Assolutamente sì. L’abituale concerto venne ridotto a 90 minuti con canzoni modificate nella loro durata e con l’eliminazione di brani come One Of These Days, che abitualmente implicava l’apparizione del maiale gigante sulle teste del pubblico. La critica generale post concerto non ha espresso un gran parere sul lavoro svolto dal regista, molto concentrato sulla figura di Gilmour e degli altri musicisti e poco sugli effetti spettacolari usati sul palco e sull’irripetibile scenario di sfondo offerto da Venezia.
Adesso alcune domande sul concerto in sé. David Gilmour racconta che durante il live aveva addirittura “un orologio digitale che proiettava l’ora sul pavimento” davanti a lui e aveva “il tempo di inizio per ogni canzone su un foglio”. Un ulteriore elemento di pressione per la band, insomma, che si aggiungeva a tutte le polemiche prima del concerto. Ma quella pressione durante il live fu avvertita dal pubblico presente o no?
Non credo che se ne siano accorti in molti di qualche errorino commesso da Gilmour nel cantato (rivedendo in TV si nota bene che, in un caso, perde addirittura la prima strofa di una canzone e si mette a ridere…), e quindi la quasi totalità dei presenti non ha sicuramente avuto la sensazione che il gruppo fosse sotto pressione. Peraltro la cosa sarebbe stata ampiamente giustificabile visto che all’orecchio di Gilmour e soci erano nel pomeriggio giunte voci (poi rivelatesi infondate) di incidenti, stupri ed addirittura di qualche morto…
Luci o allestimenti scenici erano al di sotto degli standard dei Pink Floyd. Fu così anche per il tipo di autorizzazioni concesse per l’evento o per l’insolito palco costruito per quell’occasione così unica?
Le luci del palco vennero curate come d’abitudine da Mark Brickman, ma, visti i tempi stretti, molti effetti, come già accennato, non vennero utilizzati o vennero utilizzati al di sotto degli standard abituali. Credo che su questo abbia inciso sia l’aspetto delle esigenze televisive (ad esempio usare troppi fumi colorati non sarebbe stato l’ideale per la visione…) che quello dei vincoli logistici legati allo svolgimento di un concerto su di una chiatta posta sull’acqua.
È vero che su Comfortably Numb si sono dimenticati di tenere più basso il volume?
A quel punto ormai la cosa era fatta, credo si sia trattato di una sorta di liberazione, uno sfogo finale a tutte le inenarrabili difficoltà che si erano dovute affrontare per riuscire a fare quel benedetto concerto! Resta da dire che l’assurdo vincolo sui decibel non venne assolutamente rispettato dai fuochi d’artificio che partirono sull’ultima nota di Run Like Hell per dare inizio alla Festa del Redentore vera e propria.
Quanta gente assistette davvero al concerto, 375.000 come dice Bob Hassall o 200.000 come dice Il Giornale?
Nessuno riuscirà mai a stabilirlo con precisione, la gente era ovunque e se consideriamo quelli che erano sulle barche nel bacino, quelli che erano in Piazza San Marco, quelli lungo Riva degli Schiavoni, quelli che erano alla Giudecca, all’Isola di San Giorgio e in ogni calle di Venezia limitrofa all’evento credo che 300.000 sia assolutamente un numero plausibile. Sono cifre che abitualmente si registrano a Venezia in occasione di eventi particolari come il Carnevale… ma non tutti contemporaneamente concentrati in un solo posto!
Alla fine che concerto è stato? Bello o solo “un evento”? Qualcuno lo ricorda non come il migliore live dei Pink Floyd…
È stato un concerto irripetibile per il contesto complessivo e per l’atmosfera unica che si respirava quella notte. Unire la musica di uno dei più grandi gruppi rock di tutti i tempi con la bellezza eterna e singolare di Venezia ha un valore storico, artistico e culturale impareggiabile. Dal punto di vista spettacolare sicuramente il live è il migliore, dal punto di vista musicale credo non abbia raggiunto il massimo dei voti.
Oggi sarebbe più semplice organizzare The Night Of Wonders?
Ai giorni nostri sarebbe quasi impossibile organizzare quel concerto. Se da un punto di vista tecnico-organizzativo si sarebbe sicuramente avvantaggiati e all’avanguardia, penso che tutti i vincoli che impongono oggi le normative sulla sicurezza farebbero passare a chiunque anche solo la voglia di pensare di poter organizzare l’evento.
Gli smartphone che ruolo avrebbero avuto nel 1989 ma anche in un’improbabile o impossibile Night Of Wonders del 2015?
Fortunatamente, come si dice, “ogni stagione ha i propri frutti” e quindi, evviva che il concerto si è tenuto nel lontano 1989… noi conserviamo gelosi solo nelle nostre menti e nei nostri cuori le immagini e le emozioni di quella irripetibile notte veneziana del 15 luglio.
A parte sporadiche reunion e magari solo per pochi brani, è proprio impossibile rivedere i Pink Floyd insieme su un palco per un live intero (a parte ovviamente il povero Richard Wright)?
Da appassionato del gruppo mi piacerebbe poterti dire “mai dire mai”, ma razionalmente credo che, vista anche l’età dei nostri beniamini e le rispettive strade da molto tempo intraprese, il rivederli assieme su di un palco per un tour o per un intero concerto rimarrà un sogno, sia degli appassionati che degli impresari pronti a ricoprirli ulteriormente d’oro nel caso accettassero una simile proposta.
Ora è passato qualche mese dalla pubblicazione di The Endless River. Che te ne è parso? È stato solo un modo per celebrare un “nuovo” e “inatteso” disco dei Pink Floyd oppure rappresenta qualcosa in più?
The Endless River è stato sicuramente una lieta sorpresa. Ci si aspettava il disco solista di Gilmour ed invece è uscito il “nuovo” album dei Pink Floyd. È il “canto del cigno”, un tributo doveroso a Rick Wright, il componente della band in assoluto più sottovalutato nel corso della carriera dei Floyd. L’atmosfera del disco è unica, assolutamente Floyd, a tratti commovente… ma temo che questi aspetti vengano colti solo dagli appassionati di lungo corso e non dai giovani che resteranno sicuramente più legati ai capolavori del passato. Ora mi auguro che il gruppo lavori invece per riportare alla luce brani inediti e/o versioni diverse delle canzoni che ne hanno fatto la storia.
Due concerti in Italia a settembre per David Gilmour. Ci andrai? Cosa ti aspetti?
L’annuncio delle date live di Gilmour è stata un’altra bomba scoppiata all’improvviso… talmente all’improvviso che, apparentemente, soprattutto quegli sciacalli dei bagarini hanno saputo approfittarne, togliendo ai veri fan il diritto ed il piacere di acquistare i biglietti per i concerti ad un prezzo normale. Io sarò a Verona, dove ho già avuto la fortuna di vedere in passato i Pink Floyd nel 1989 e Roger Waters nel 2006. Credo che la musica di Gilmour, molto raffinata e d’atmosfera, si sposi a meraviglia con il fascino e la bellezza dell’Arena Romana. Mi attendo grandi cose, magari anche l’ascolto in assoluta anteprima del nuovo disco della “chitarra e voce” del gruppo che amo da sempre.
Bene. Siamo giunti alla conclusione della nostra lunga chiacchierata. Prossimi impegni con la mostra/il libro/l’associazione/altre iniziative?
In questo momento ci fa piacere promuovere il nostro primo libro attraverso delle presentazioni realizzate in pochi posti selezionati e continuare ad esporre le foto e le testimonianze raccolte all’interno di una mostra che potrebbe diventare presto itinerante.
Per il resto, tramite il nostro bellissimo museo 3D ondine, facciamo parte del progetto High Fidelity, la nuova realtà virtuale sviluppata dal creatore di Second Life, in grado di garantire un’esperienza unica, caratterizzata da una totale immersione visiva nel mondo virtuale. L’inventore di questa nuova piattaforma garantisce: “Non si ha idea di quello che sta per arrivare e di ciò che vi catapulterà al di fuori dei confini reali!”.
Poi ci sono un paio di progetti assolutamente top-secret sui quali stiamo già lavorando (ma, un po’ anche per scaramanzia, non posso e non voglio dire nulla). Ad esempio a settembre di quest’anno si festeggeranno i 40 anni dell’album Wish You Were Here…
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Sul palco, oltre a David Gilmour (chitarre e voce) Richard Wright (tastiere e voce) e Nick Mason (batteria e percussioni), salgono abitualmente anche Jon Carin (tastiere, sintetizzatore e voce) Tim Renwick (chitarre) Guy Pratt (basso e voce) Scott Page (sax) Gary Wallis (percussioni) Rachel Fury (cori) Durga McBroom (cori) e Lorelei McBroom (cori).
Ma non finisce qui…
Il 15 luglio 1989, infatti, i Pink Floyd sbarcano a Venezia per la tradizionale Festa del Redentore e soprattutto per tenere uno dei concerti che si aggiungeranno ai numerosi eventi di una certa rilevanza per la loro carriera. Il gruppo si esibisce sul Canal Grande, su una piattaforma ormeggiata davanti a Piazza San Marco, per dare vita a un vero e proprio concerto sull’acqua, ridotto a 90 minuti di durata complessiva affinché venisse trasmesso in diretta TV in mondovisione.
Evento senz’altro irripetibile nel bene e nel male e di cui avevamo parlato già qui. Stavolta torniamo sull’argomento in maniera approfondita con una lunga intervista ad Alberto Durgante, presidente dell’Associazione Floydseum, che ha curato il libro The Night Of Wonders. Pink Floyd a Venezia. 15 luglio 1989. Luci, suoni e memorie (Edizioni Antorami).
Beh, innanzitutto parlaci dell’Associazione Floydseum e di cosa si occupa…
Certo! Floydseum è un’Associazione Culturale senza scopo di lucro, formalmente costituita qualche anno fa a Venezia ma risultato di oltre 30 anni di permanenza ed attività del mondo del collezionismo dei Pink Floyd. Oltre ai soci effettivi (ed operativi), Marco Bonecher, Mattia Crespi, Mauro Fagnani, Nicola De Cal e me, la peculiarità dell’associazione è quella di avere diversi importanti soci onorari (Vernon Fitch, Presidente dei Pink Floyd archives americani; Adrian Maben, regista del film Pink Floyd at Pompeii; Glenn Povey, autore dei più bei libri dedicati ai Pink Floyd; Matt Johns, curatore del sito web di riferimento per i fan di tutto il mondo Brain Damage; Werner Haider, curatore del sito web in lingua tedesca Pulse % Spirit) e di aver costruito nel tempo un network mondiale costituito da alcuni dei più grandi collezionisti del gruppo, facilmente “attivabili” nel caso di allestimento di mostre o di realizzazione di altri eventi. Il nostro scopo è quello di promuovere l’arte e la cultura dei Pink Floyd, intesa come musica, immagine, poesia e spettacolo. Il nome richiama il Pink Floyd Museum dal quale siamo partiti nel 2012, il primo ed unico museo virtuale in 3D dedicato al materiale da collezione del gruppo, la cui prima versione si può scaricare gratuitamente dal nostro sito floydseum.org. Per farci conoscere, abbiamo poi iniziato a realizzare delle mega mostre che hanno avuto un grande ritorno di critica e pubblico: nel luglio 2013 a Padova, su oltre 1.000 mq di esposizione, Outside The Wall, interamente dedicata a The Wall (disco, film e live), con il concomitante svolgimento di concerti e conferenze (su tutte quella con Gerald Scarfe, maestro illustratore di tutti i personaggi del disco e David Appleby, fotografo nel backstage del film di Alan Parker Pink Floyd The Wall). E poi nel 2014 il progetto The Night Of Wonders, volto a celebrare il 25° anniversario del concerto dei Pink Floyd a Venezia del 15 luglio 1989 con la mostra a Venezia prima ed il libro a seguire.
Ecco, veniamo subito al libro The Night Of Wonders, dove viene ricordato quel celebre concerto. Tu come hai vissuto quell’evento?
Il libro The Night Of Wonders. Pink Floyd a Venezia. 15 luglio 1989. Luci, suoni e memorie (Edizioni Antorami) è il giusto coronamento di un lavoro di ricerca storica durato oltre 2 anni e volto a raccogliere testimonianze fotografiche e scritte relative a quella famosa notte di oltre 25 anni fa. Le foto del celebre Guido Harari, Bob Hassall (che ha lavorato sul palco), Andrea Pattaro e Marco Sabadin (entrambi di VeneziaVision), Alcide Boaretto e le testimonianze scritte dei componenti della band, degli addetti ai lavori e dei semplici fan rendono questo libro un documento unico nel suo genere. All’epoca avevo poco più di vent’anni, ma ero già un fan sfegatato dei Pink Floyd per cui, dopo averli visti nelle tre date di maggio all’Arena di Verona, mi ero preparato per tempo per l’evento veneziano, anche se il continuo “si fa/non si fa” che giorno dopo giorno si alternava sui giornali, non ci diede la certezza fino quasi al giorno stesso. Due momenti di quel giorno mi sono rimasti particolarmente impressi nella memoria. Il primo è di quando, verso mezzogiorno, superando i cordoni della polizia che già impedivano l’accesso alla piazza, mi trovai di fronte ad una marea umana per lo più accampata e distesa a terra sotto il cocente sole di luglio. Ci misi quasi un’ora, tra insulti ed improperi vari, scavalcando e a volte involontariamente pestando le persone, a giungere a ridosso di una delle colonne frontali di Palazzo Ducale, postazione dalla quale avrei potuto godere appieno dello spettacolo e che, ovviamente, difesi a denti stretti fino all’ora del concerto. Il secondo ricordo, ancora ben nitido, è l’impareggiabile scenario composto dal palco galleggiante illuminato dai laser dei Floyd, dal tappeto di barche e barchini e dagli immortali palazzi di Venezia che risplendevano in quel momento di una nuova luce e bellezza, una situazione magica ed irripetibile.
Perché la Night Of Wonders fu organizzata proprio in concomitanza con la tradizionale Festa del Redentore di Venezia?
Beh, l’idea era quella di creare, attorno all’evento-concerto, qualcosa di unico che avesse potuto rendere indimenticabile la mondovisione via satellite e quindi, quale migliore occasione della Festa del Redentore, già di per sé spettacolare grazie alla moltitudine di persone, di imbarcazioni e dei “foghi” di mezzanotte.
Sarebbe stato un live diverso se ci fosse stato anche Roger Waters? E fu pure un modo per i tre Pink Floyd “rimasti” per dimostrare che certi concerti così particolari erano in grado di organizzarli anche senza Roger Waters? E di riuscire ad organizzarli anche ad esempio senza dover portare in giro uno spettacolo come The Wall?
Non credo sarebbe cambiato molto, perché è vero che Roger Waters è un “animale da palcoscenico” unico rispetto agli altri, ma lo spettacolo architettato dai Floyd per i tour 1987/1989 di A Momentary Lapse Of Reason prima e di Another Lapse poi, lasciava poco spazio alle improvvisazioni e riduceva coloro che erano on stage a delle “ombre” che venivano continuamente sovrastate dai giochi di luce dei laser e dei robot che si muovevano lungo il palco.
Non dimentichiamoci poi che i restanti tre Floyd avevano già avuto la loro vittoria contro Waters, non solo in tribunale per l’uso del marchio Pink Floyd, ma anche grazie agli oltre 190 concerti tenuti in quei tre anni in tutto il mondo, di fronte a più di 4 milioni di spettatori ed in posti altamente spettacolari quali, ad esempio, la Reggia di Versailles in Francia.
Ricostruiamo un po’ tutti i momenti che risalgono a prima del grande evento, a partire dall’organizzazione. Nel documento sintetico di 11 pagine (rigorosamente scritto con macchina da scrivere) che fu prodotto dalla società organizzatrice, la Fran Tomasi srl, e che fu consegnato al Comune di Venezia si parla, tra le altre cose, di “una distanza di sicurezza del palco documentata (circa 150 metri dalla banchina di San Marco), per ogni eventuale preoccupazione in merito al livello sonoro”. Viste le polemiche, quella distanza fu rispettata?
Sicuramente sì. La distanza (così come tutte gli altri, spesso pretestuosi, vincoli che il povero Fran Tomasi ed il suo staff si trovarono a dover affrontare) venne rispettata, tanto è vero che, acusticamente parlando, il concerto non fu dei migliori. Dalla riva dove io ero posizionato, la potente macchina del suono dei Floyd (per l’epoca era come avere la dotazione della Nasa…) veniva spesso sovrastata dalle urla e dalle chiacchere del pubblico.
Il quotidiano Il Giorno all’epoca diceva che il pubblico si sarebbe potuto disporre “su qualsiasi tipo d’imbarcazione (purché bassa, a remo o a motori spenti) nonché su tutta la banchina che si affaccia davanti alla Giudecca”. Furono rispettate tali disposizioni?
Il pubblico era ovunque, tanto che, francamente, risultava difficile riconoscere il confine tra terra e mare, e più passava il tempo e ci si avvicinava all’ora del concerto, più le imbarcazioni e la gente sulla terraferma aumentavano e si aggregavano riempiendo ogni spazio disponibile, con digressioni anche nel “non disponibile”, ovvero lampioni, monumenti e terrazzamenti vari, comprese alcune impalcature che avrebbero dovuto ospitare una delle telecamere TV mobili da terra (ma che, di fatto, non fu utilizzabile) e compreso il tetto del Palazzo delle Prigioni in restauro. Nel libro la sezione che noi abbiamo chiamato del “Pre-concerto” è particolarmente ricca di foto che rendono chiaramente l’idea di quale era la situazione che si era venuta a creare…
A un certo punto si pensava davvero che, dopo tutto il lavoro svolto per l’organizzazione dell’evento, i Pink Floyd non avrebbero più suonato?
È vero che l’autorizzazione scritta, dopo un vergognoso gioco allo “scaricabarile” tra le varie autorità deputate, venne firmata dal Vice Sindaco solo 5 minuti prima delle 21, orario previsto per l’inizio del concerto (che poi in realtà iniziò mezz’ora più tardi, cosa poco in linea con la maniacale e abituale puntualità d’inizio dei Floyd, ma probabilmente molto in linea con le esigenze televisive che attendevano l’oscurità per ottimizzare le riprese…). A quel punto credo comunque che il concerto si sarebbe tenuto ugualmente, anche senza autorizzazioni scritte, in quanto era impensabile far allontanare le centinaia di migliaia di persone “affamate” di Pink Floyd e ormai provate dalla lunga permanenza sotto il sole in condizioni “vitali” a dir poco precarie.
La politica venne accusata di non saper decidere nell’occasione. Ma intanto qualcuno, prima che iniziassero anche solo a montare il palco, doveva aver concesso l’autorizzazione perché si tenesse quel concerto, o no?
Il via libera era arrivato poco tempo prima durante una seduta della giunta comunale nella quale si approfittò dell’assenza del Sindaco e di gran parte di coloro che erano contrari. La realizzazione del concerto avrebbe rappresentato per molti una sorta di prova generale in vista della possibile organizzazione a Venezia dell’Expo, cosa che, ovviamente, scatenò il boicottaggio da parte di tutti coloro che erano contrari a tale ipotesi. In ogni caso bisognava poi ottenere tutte le autorizzazioni dei vari enti preposti alla sicurezza e quelli della sovrintendenza ai beni ambientali e artistici, fatto che innescò una serie di verifiche e controlli relativi alla solidità dell’ancoraggio del palco sul fondo del bacino, del livello dei decibel, dell’uso di transenne, di collocamento di schermi giganti in alcuni punti di non visibilità diretta dello spettacolo ecc. ecc.
Come dicevi all’inizio anche tu, nel libro la Night Of Wonders viene ricostruita anche tramite gli articoli di giornali dell’epoca o per mezzo delle testimonianze di addetti ai lavori, fan e giornalisti stessi. Dice ad esempio Giò Alajmo, giornalista musicale de Il Gazzettino che addirittura alcuni “si vendettero il posto in barca”. Per curiosità: a meno che non si tratti di una semplice leggenda metropolitana, quanto costava un posto in barca per assistere a quel mitico concerto dei Pink Floyd?
No, non si tratta di leggenda metropolitana, ma di pura realtà. I gondolieri quel giorno fecero affari d’oro e, come raccontato nel libro attraverso la testimonianza di Nick Mason, cercarono anche di ottenere ulteriori soldi dalla band con la minaccia di “disturbare il suono” attraverso l’uso di fischietti… Per soddisfare la tua curiosità posso dire comunque che, nel ricordo di Alcide Boaretto, uno dei fotografi che hanno gentilmente messo a disposizione le loro foto d’epoca, un posto in barca costava 200.000 lire (quasi 400 euro di oggi)!
The Night Of Wonders fu in realtà più un evento televisivo nel senso che fu organizzato più perché si vedesse bene in tv?
Assolutamente sì. L’abituale concerto venne ridotto a 90 minuti con canzoni modificate nella loro durata e con l’eliminazione di brani come One Of These Days, che abitualmente implicava l’apparizione del maiale gigante sulle teste del pubblico. La critica generale post concerto non ha espresso un gran parere sul lavoro svolto dal regista, molto concentrato sulla figura di Gilmour e degli altri musicisti e poco sugli effetti spettacolari usati sul palco e sull’irripetibile scenario di sfondo offerto da Venezia.
Adesso alcune domande sul concerto in sé. David Gilmour racconta che durante il live aveva addirittura “un orologio digitale che proiettava l’ora sul pavimento” davanti a lui e aveva “il tempo di inizio per ogni canzone su un foglio”. Un ulteriore elemento di pressione per la band, insomma, che si aggiungeva a tutte le polemiche prima del concerto. Ma quella pressione durante il live fu avvertita dal pubblico presente o no?
Non credo che se ne siano accorti in molti di qualche errorino commesso da Gilmour nel cantato (rivedendo in TV si nota bene che, in un caso, perde addirittura la prima strofa di una canzone e si mette a ridere…), e quindi la quasi totalità dei presenti non ha sicuramente avuto la sensazione che il gruppo fosse sotto pressione. Peraltro la cosa sarebbe stata ampiamente giustificabile visto che all’orecchio di Gilmour e soci erano nel pomeriggio giunte voci (poi rivelatesi infondate) di incidenti, stupri ed addirittura di qualche morto…
Luci o allestimenti scenici erano al di sotto degli standard dei Pink Floyd. Fu così anche per il tipo di autorizzazioni concesse per l’evento o per l’insolito palco costruito per quell’occasione così unica?
Le luci del palco vennero curate come d’abitudine da Mark Brickman, ma, visti i tempi stretti, molti effetti, come già accennato, non vennero utilizzati o vennero utilizzati al di sotto degli standard abituali. Credo che su questo abbia inciso sia l’aspetto delle esigenze televisive (ad esempio usare troppi fumi colorati non sarebbe stato l’ideale per la visione…) che quello dei vincoli logistici legati allo svolgimento di un concerto su di una chiatta posta sull’acqua.
È vero che su Comfortably Numb si sono dimenticati di tenere più basso il volume?
A quel punto ormai la cosa era fatta, credo si sia trattato di una sorta di liberazione, uno sfogo finale a tutte le inenarrabili difficoltà che si erano dovute affrontare per riuscire a fare quel benedetto concerto! Resta da dire che l’assurdo vincolo sui decibel non venne assolutamente rispettato dai fuochi d’artificio che partirono sull’ultima nota di Run Like Hell per dare inizio alla Festa del Redentore vera e propria.
Quanta gente assistette davvero al concerto, 375.000 come dice Bob Hassall o 200.000 come dice Il Giornale?
Nessuno riuscirà mai a stabilirlo con precisione, la gente era ovunque e se consideriamo quelli che erano sulle barche nel bacino, quelli che erano in Piazza San Marco, quelli lungo Riva degli Schiavoni, quelli che erano alla Giudecca, all’Isola di San Giorgio e in ogni calle di Venezia limitrofa all’evento credo che 300.000 sia assolutamente un numero plausibile. Sono cifre che abitualmente si registrano a Venezia in occasione di eventi particolari come il Carnevale… ma non tutti contemporaneamente concentrati in un solo posto!
Alla fine che concerto è stato? Bello o solo “un evento”? Qualcuno lo ricorda non come il migliore live dei Pink Floyd…
È stato un concerto irripetibile per il contesto complessivo e per l’atmosfera unica che si respirava quella notte. Unire la musica di uno dei più grandi gruppi rock di tutti i tempi con la bellezza eterna e singolare di Venezia ha un valore storico, artistico e culturale impareggiabile. Dal punto di vista spettacolare sicuramente il live è il migliore, dal punto di vista musicale credo non abbia raggiunto il massimo dei voti.
Oggi sarebbe più semplice organizzare The Night Of Wonders?
Ai giorni nostri sarebbe quasi impossibile organizzare quel concerto. Se da un punto di vista tecnico-organizzativo si sarebbe sicuramente avvantaggiati e all’avanguardia, penso che tutti i vincoli che impongono oggi le normative sulla sicurezza farebbero passare a chiunque anche solo la voglia di pensare di poter organizzare l’evento.
Gli smartphone che ruolo avrebbero avuto nel 1989 ma anche in un’improbabile o impossibile Night Of Wonders del 2015?
Fortunatamente, come si dice, “ogni stagione ha i propri frutti” e quindi, evviva che il concerto si è tenuto nel lontano 1989… noi conserviamo gelosi solo nelle nostre menti e nei nostri cuori le immagini e le emozioni di quella irripetibile notte veneziana del 15 luglio.
A parte sporadiche reunion e magari solo per pochi brani, è proprio impossibile rivedere i Pink Floyd insieme su un palco per un live intero (a parte ovviamente il povero Richard Wright)?
Da appassionato del gruppo mi piacerebbe poterti dire “mai dire mai”, ma razionalmente credo che, vista anche l’età dei nostri beniamini e le rispettive strade da molto tempo intraprese, il rivederli assieme su di un palco per un tour o per un intero concerto rimarrà un sogno, sia degli appassionati che degli impresari pronti a ricoprirli ulteriormente d’oro nel caso accettassero una simile proposta.
Ora è passato qualche mese dalla pubblicazione di The Endless River. Che te ne è parso? È stato solo un modo per celebrare un “nuovo” e “inatteso” disco dei Pink Floyd oppure rappresenta qualcosa in più?
The Endless River è stato sicuramente una lieta sorpresa. Ci si aspettava il disco solista di Gilmour ed invece è uscito il “nuovo” album dei Pink Floyd. È il “canto del cigno”, un tributo doveroso a Rick Wright, il componente della band in assoluto più sottovalutato nel corso della carriera dei Floyd. L’atmosfera del disco è unica, assolutamente Floyd, a tratti commovente… ma temo che questi aspetti vengano colti solo dagli appassionati di lungo corso e non dai giovani che resteranno sicuramente più legati ai capolavori del passato. Ora mi auguro che il gruppo lavori invece per riportare alla luce brani inediti e/o versioni diverse delle canzoni che ne hanno fatto la storia.
Due concerti in Italia a settembre per David Gilmour. Ci andrai? Cosa ti aspetti?
L’annuncio delle date live di Gilmour è stata un’altra bomba scoppiata all’improvviso… talmente all’improvviso che, apparentemente, soprattutto quegli sciacalli dei bagarini hanno saputo approfittarne, togliendo ai veri fan il diritto ed il piacere di acquistare i biglietti per i concerti ad un prezzo normale. Io sarò a Verona, dove ho già avuto la fortuna di vedere in passato i Pink Floyd nel 1989 e Roger Waters nel 2006. Credo che la musica di Gilmour, molto raffinata e d’atmosfera, si sposi a meraviglia con il fascino e la bellezza dell’Arena Romana. Mi attendo grandi cose, magari anche l’ascolto in assoluta anteprima del nuovo disco della “chitarra e voce” del gruppo che amo da sempre.
Bene. Siamo giunti alla conclusione della nostra lunga chiacchierata. Prossimi impegni con la mostra/il libro/l’associazione/altre iniziative?
In questo momento ci fa piacere promuovere il nostro primo libro attraverso delle presentazioni realizzate in pochi posti selezionati e continuare ad esporre le foto e le testimonianze raccolte all’interno di una mostra che potrebbe diventare presto itinerante.
Per il resto, tramite il nostro bellissimo museo 3D ondine, facciamo parte del progetto High Fidelity, la nuova realtà virtuale sviluppata dal creatore di Second Life, in grado di garantire un’esperienza unica, caratterizzata da una totale immersione visiva nel mondo virtuale. L’inventore di questa nuova piattaforma garantisce: “Non si ha idea di quello che sta per arrivare e di ciò che vi catapulterà al di fuori dei confini reali!”.
Poi ci sono un paio di progetti assolutamente top-secret sui quali stiamo già lavorando (ma, un po’ anche per scaramanzia, non posso e non voglio dire nulla). Ad esempio a settembre di quest’anno si festeggeranno i 40 anni dell’album Wish You Were Here…
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