L’emozione è tanta, come se stessi per andare a un suo concerto. Penso a come si presenterà, cosa suonerà, quali canzoni vorresti sentire e come le stravolgerà. Solo che questa volta lui non ci sarà… questa volta vedrò un lato diverso dell’arte di Bob Dylan: vedrò la sua anima espressa con colori e immagini su tela, vedrò la sua mostra di pittura. E come tutte le mostre spero che mi emozioni e mi trasmetta qualcosa, che rimanga impressa nella mente, mi stimoli e mi suggerisca nuove idee e nuovi modi di realizzarle.
Mi avvicino alle tele, voglio vedere da vicino com’è la pennellata, come stende il colore, come risolve certe situazioni cromatiche, la densità del colore, se è una pennellata unica o sono più pennellate. Cerco di capire e carpire i segreti o meglio la tecnica che ha usato, vedo se si rintraccia un disegno alla base o disegna già con il pennello, usando il colore; se parte dagli scuri o dai chiari.Voglio capire se il quadro che ho davanti lo ha fatto di getto o è frutto di studi e disegni preparatori, se ha modificato in corso di esecuzione l’idea iniziale, e questo lo si può vedere anche dai disegni preparatori. Poi cerco di capire da dove è partito, se qualche artista del passato lo ha influenzato come lui ha fatto con quasi tutti i cantautori degli ultimi quarant’anni.
Nei suoi quadri ho riconosciuto i colori e le atmosfere di Edward Hopper o le realizzazioni quasi cubiste alla Paul Cézanne o Pablo Ricasso. Come in Peacemaker, che raffigura una donna che cerca di mettere pace tra due uomini pronti a venire alle mani. I colori chiari della figura centrale (la donna) attirano l’attenzione e allontanano (come nel suo gesto) i colori scuri delle due figure laterali. Il fondo che li avvolge è composto da grigi, viola, blu, verdi. Tutto concorre a rendere drammatica la scena, anche le pennellate lunghe e i forti segni di bordi neri che non sono presenti sulla donna, ma vengono messi in rilievo sui due uomini che hanno il pugno chiuso, pronti alla lotta. La costruzione del disegno è a forma di croce: le braccia allargate della donna sono messe in risalto dal bianco alle sue spalle, che evidenzia ancora di più il suo volto. Credo che Dylan abbia volutamente lasciato le immagini non ben definite per rendere ancora più drammatico il tutto, come se si trattasse di una foto scattata in grande fretta – e quindi un po’ sfuocata – per cogliere l’attimo.
Nel quadro Rope, invece, mi è subito venuto alla mente Renato Guttuso, la corda che si avvolge intorno al corpo nudo di una ragazza, i colori forti, rosso, arancio, giallo, viola, verde, blu, con il tratto nero che intensifica la drammaticità. Il gesto della mano quasi scheletrica e tutta scura che cerca di divincolarsi dalla stretta della corda, mentre il volto è reclinato sulla spalla sinistra, il tutto su uno sfondo azzurro-grigio-viola-bianco che fa rimbalzare la figura in primo piano. In questo quadro le pennellate sono più cariche, si dà più forza al colore, lo si “aggredisce” di più; nel collo, nell’orecchio e nello scorcio della mascella c’è tutta la forza del dipinto. Qui è facile sentire in sottofondo una delle canzoni di Bob Dylan, quelle che ti lacerano dentro.
Per quanto riguarda i paesaggi o le vedute panoramiche, trovo che ci sia una maggior padronanza del colore e del disegno, quasi un piacere nel mettere su tela più colori, cercando di creare un’immagine paradossalmente idilliaca, frutto del momento e delle emozioni che l’artista sta vivendo. La tavolozza si arricchisce di nuove tonalità, nuovi accostamenti e scompare quasi del tutto la linea nera che caratterizzava le figure. Si percepisce la gioia di dipingere e l’occhio entra in dettagli e particolari che gli permettono di spaziare con sfumature e colori che si trasformano quasi in musica. Qui il colore viene dato con maggiore intensità, maggior padronanza; la pennellata non è solo lineare, ma si adegua alle forme che il soggetto suggerisce, come le piante, i vasi o le strutture murarie.
Come al termine di un concerto che mi ha ispirato, sento immediatamente il desiderio di riascoltare le sue canzoni, dopo questa mostra spero di poter ammirare presto delle nuove opere. È chiaro, il Dylan musicista è un’altra cosa… è un monumento. Il Dylan pittore è diverso, fa sua la scuola di altri grandi artisti e cerca di trasmettere emozioni liberando quella vena artistica che ha sempre dimostrato di possedere. Esco da Palazzo Reale con un carico di entusiasmo maggiore, perché oltre alle sue canzoni, alla sua musica, adesso conosco anche le sue immagini, i suoi colori, e so che mi accompagneranno per sempre.
Grazie Bob Dylan.
La mostra dei dipinti di Bob Dylan “The New Orleans Series” è ospitata al Palazzo Reale di Milano fino al 10 marzo. Ingresso gratuito