18/11/2019

Spirits In The Forest – Al cinema la celebrazione dei Depeche Mode attraverso le storie di sei fan speciali (o viceversa)

Il solito Anton Corbjin per fornire ancora una volta una nuova chiave di lettura dei Depeche Mode
Provengono da sei parti del mondo differenti: Mongolia, Stati Uniti, Brasile, Romania, Colombia e Francia. Le loro vite sono tutte molto diverse tra loro. L’unico vero punto in comune è la devozione nei confronti dei Depeche Mode.
Alti e bassi, gioie e dolori. Soprattutto tante difficoltà nella vita di tutti i giorni per i più svariati motivi. Ma ad un certo punto arrivano Dave Gahan, Martin Gore ed Andy Fletcher nelle case di ognuno di loro e poi nei concerti in giro per il mondo, compreso quello al Waldbühne di Berlino in occasione del Global Spirit Tour 2017/2018.
 
Depeche Mode. Spirits In The Forest è il titolo di questo docufilm distribuito nei cinema di tutto il mondo e che in Italia sarà proiettato soltanto il 21 e il 22 novembre (elenco delle sale su www.nexodigital.it). Anton Corbjin ha diretto una pellicola in cui è riuscito a fornire ancora una volta una nuova chiave di lettura dei Depeche Mode dopo le tante copertine e i tanti videoclip girati per la band. Il regista e il fotografo rende più familiare la potenza live del gruppo attraverso il racconto di sei fan speciali, ripresi nella loro quotidianità mentre raccontano le loro vite. Un po’ alla volta si compone ogni singola storia, intervallata via via dalle immagini del concerto con le hit più famose dei Depeche Mode come Personal Jesus, Enjoy The Silence, ma anche Precious, Walking In My Shoes e tante altre, con tanto di fan protagonisti, presenti alla tappa di Berlino, che cantano a squarciagola tutti i pezzi in scaletta.
In Spirits In The Forest la musica dei Depeche Mode è dunque il sottofondo ideale per le sei storie: quella di Indra, 22 anni, guida turistica di Ulan Bator, Mongolia, che ora vive con la nonna e che ha iniziato a imparare l’inglese grazie alla musica del suo gruppo preferito; quella di Liz, californiana di origini afroamericane che, in barba agli stereotipi del periodo in cui frequentava la scuola, non ascoltava black music, rap o hip-hop, ma preferiva la band britannica, che peraltro con la sua musica in cuffia l’ha aiutata a superare anche il tumore durante le sedute di chemioterapia; quella di Daniel, brasiliano che vive a Berlino e che è riuscito a fare coming out con i propri genitori grazie all’ascolto di Dave Gahan e soci; quella di Christian, rumeno che ai tempi della dittatura di Ceaușescu era costretto ad ascoltare di nascosto i Depeche Mode solo tramite cassette pirata; quella di Dicken, colombiano che con i suoi due figli ha creato i DMK, una stravagante cover band del gruppo britannico che ha ottenuto milioni di visualizzazioni su YouTube e che ha suonato anche in alcuni festival in giro per il mondo; e infine quella di Carine, francese che dopo essersi ripresa da un incidente stradale a soli 25 anni non ricordava più nulla, tranne le canzoni dei Depeche Mode.
 
Le storie si sviluppano un po’ alla volta all’interno della pellicola. I racconti personali coincidono spesso col significato che ognuno dei fan attribuisce ai brani della band.
Da una parte le singole storie, dall’altra il gruppo. I sei protagonisti non si incontrano mai con la band e non interagiscono mai con la band durante tutta la durata del docufilm. Quasi a voler sottolineare che i Depeche Mode sono già da tempo e inconsapevolmente parte integrante delle loro vite e di chissà quante altre in giro per il mondo.
Visione altamente consigliata.

 

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