Diversamente da altre band inglesi nate tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, i Charlatans, passati negli anni dal suono baggy/Madchester al britpop e infine a un rock tradizionale, hanno continuato a pubblicare lavori di buona fattura. Il loro tredicesimo album suona fresco, moderno e ottimistico, ispirato dalla volontà di recuperare uno spirito positivo nell’era della Brexit e di Trump.
Per fare ciò hanno innanzitutto raccolto un grande cast di amici/ospiti, da Paul Weller a Johnny Marr, passando per Gillian Gilbert e Stephen Morris (New Order), Anton Newcombe (Brian Jonestown Massacre) e persino due attori inglesi (Rankin e Horgan).
Le tre canzoni con il contributo di Marr sono particolarmente riuscite, su tutte Plastic Machinery che si muove su territori post-punk e ricorda alcune incursioni nella disco degli Electronic (gruppo che Marr formò con Bernard Sumner dei New Order).
Proprio il suono dei New Order domina alcune tracce, grazie alla collaborazione ai synth di Stephen Morris in ben sette brani, come nelle iniziali Hey Sunrise e Solutions, che riprendono i territori elettronici iniziati con il disco You Cross My Path del 2008. I synth quasi da krautrock impreziosiscono anche il finale di Over Again e il brillante strumentale The Setting Sun.
La voce di Tim Burgess è in grande spolvero e si adatta alle diverse atmosfere dei tredici brani del disco, tra i temi romantici e bucolici della bella There Will Be Chances e il puro divertimento di The Same House (dominata da un pianoforte in stile Madness) o nel rave di Let’s Go Together.
La magnifica Spinning Out, scritta con Weller, chiude perfettamente l’album su tinte soul e vibrazioni positive. La depressione post-Brexit ha forse trovato il suo antidoto in questi inni di indie-rock che celebrano lo spirito dell’amicizia e della collaborazione.
Per fare ciò hanno innanzitutto raccolto un grande cast di amici/ospiti, da Paul Weller a Johnny Marr, passando per Gillian Gilbert e Stephen Morris (New Order), Anton Newcombe (Brian Jonestown Massacre) e persino due attori inglesi (Rankin e Horgan).
Le tre canzoni con il contributo di Marr sono particolarmente riuscite, su tutte Plastic Machinery che si muove su territori post-punk e ricorda alcune incursioni nella disco degli Electronic (gruppo che Marr formò con Bernard Sumner dei New Order).
Proprio il suono dei New Order domina alcune tracce, grazie alla collaborazione ai synth di Stephen Morris in ben sette brani, come nelle iniziali Hey Sunrise e Solutions, che riprendono i territori elettronici iniziati con il disco You Cross My Path del 2008. I synth quasi da krautrock impreziosiscono anche il finale di Over Again e il brillante strumentale The Setting Sun.
La voce di Tim Burgess è in grande spolvero e si adatta alle diverse atmosfere dei tredici brani del disco, tra i temi romantici e bucolici della bella There Will Be Chances e il puro divertimento di The Same House (dominata da un pianoforte in stile Madness) o nel rave di Let’s Go Together.
La magnifica Spinning Out, scritta con Weller, chiude perfettamente l’album su tinte soul e vibrazioni positive. La depressione post-Brexit ha forse trovato il suo antidoto in questi inni di indie-rock che celebrano lo spirito dell’amicizia e della collaborazione.