Album di debutto per questo trio nato sulla curiosa asse Londra-Roma-Fano (come dicono loro stessi), formato da Andrea Giommi (voce/basso), Giacomo Governatori (chitarra) e Alessandro Gobbi (batteria). Una formazione inedita, ma i cui membri già da una decina di anni fanno parte della scena underground italiana, in gruppi come Edible Woman, Leg Leg e Caffiero.
Non si tratta di una formazione quindi completamente emergente e si nota nella maturità compositiva e sonora lungo tutti e sette i brani che compongono questo primo lavoro. Fin dalle prime due tracce (Lonestar e The New Order I Pray To Come) le atmosfere rimandano a certa musica psichedelica ma con elementi originali, dal tappeto chitarristico al groove di batteria. La musica degli Emerald Leaves è onirica, sognante, caratterizzata spesso dal riverbero delle chitarre e da un impianto elettronico. L’album è impreziosito a questo proposito dalla collaborazione di Philippe Petit, DJ e giornalista musicale marsigliese. Negli anni ’90 intervistò tra gli altri Nirvana, Pixies e Nick Cave, ora è una figura importante nella scena elettronica sperimentale. Le influenze elettroniche spiccano nella maggior parte dei brani (ad esempio negli oltre sei minuti di They Go e nella title-track), ma l’album ha anche echi più dark (The Lord, Send Peace), a tratti shoegaze, a tratti più vicini ad esperimenti di fusione rock-elettronica teutonici. Quando i brani si allungano e si dilatano le atmosfere si fanno quasi progressive, con alcune melodie vocali che hanno guadagnato confronti con i Pink Floyd (anche se non sembrano tra le principali influenze).
Il progetto Emerald Leaves senz’altro propone diversi riferimenti al passato (dalla psichedelia ai NEU!) ma mai in chiave nostalgica. Anzi, unendosi a musica elettronica più recente (Air, Röyksopp, Moby) riesce a creare una miscela originale e attuale.
Non si tratta di una formazione quindi completamente emergente e si nota nella maturità compositiva e sonora lungo tutti e sette i brani che compongono questo primo lavoro. Fin dalle prime due tracce (Lonestar e The New Order I Pray To Come) le atmosfere rimandano a certa musica psichedelica ma con elementi originali, dal tappeto chitarristico al groove di batteria. La musica degli Emerald Leaves è onirica, sognante, caratterizzata spesso dal riverbero delle chitarre e da un impianto elettronico. L’album è impreziosito a questo proposito dalla collaborazione di Philippe Petit, DJ e giornalista musicale marsigliese. Negli anni ’90 intervistò tra gli altri Nirvana, Pixies e Nick Cave, ora è una figura importante nella scena elettronica sperimentale. Le influenze elettroniche spiccano nella maggior parte dei brani (ad esempio negli oltre sei minuti di They Go e nella title-track), ma l’album ha anche echi più dark (The Lord, Send Peace), a tratti shoegaze, a tratti più vicini ad esperimenti di fusione rock-elettronica teutonici. Quando i brani si allungano e si dilatano le atmosfere si fanno quasi progressive, con alcune melodie vocali che hanno guadagnato confronti con i Pink Floyd (anche se non sembrano tra le principali influenze).
Il progetto Emerald Leaves senz’altro propone diversi riferimenti al passato (dalla psichedelia ai NEU!) ma mai in chiave nostalgica. Anzi, unendosi a musica elettronica più recente (Air, Röyksopp, Moby) riesce a creare una miscela originale e attuale.