24/04/2015

The Sonics

La leggendaria formazione di Tacoma, Washington, torna con un nuovo album in studio: mezz’ora di selvaggio e vulcanico garage rock
È possibile pubblicare un album di puro e selvaggio garage rock nel 2015 senza apparire datati o nostalgici? Certo che sì, ma solo se ti chiami The Sonics e hai praticamente dettato legge per mezzo secolo a questa parte su quelli che sono i canoni stilistici del genere.
 
Era il 1965 quando la formazione formatasi cinque anni prima a Tacoma, Washington, pubblicava il leggendario debutto Here Are The Sonics (Etiquette), album che proponeva pezzi originali divenuti immortali come The Witch e Psycho e una serie di cover di classici blues, R&B e rock ‘n’ roll (Roll Over Beethoven, Money, Walking The Dog, Night Time Is The Right Time), in una veste sonora di inaudita ferocia ed esuberanza per l’epoca. A rendere travolgente la musica dei The Sonics erano soprattutto le urla sguaiate di Gerry Roslie, la chitarra proto punk di Larry Parypa e il sax del polistrumentista Rob Lind.
  
Una formula riproposta secondo lo stessa schema nel successivo The Sonics Boom (Etiquette, 1966) e, in parte, anche dal meno memorabile Introducing The Sonics (Jerden, 1966), dove, sotto l’egida del noto impresario Jerry Dennon, persero parte del loro smalto selvaggio.
 
A trentacinque anni di distanza dall’ultimo album in studio a nome The Sonics – quel Sinderella (Bomp, 1980) che, senza molta verve, aveva tentato senza successo di rilanciarli – e dopo essersi riformati stabilmente nel 2007, ecco quindi che la formazione guidata da Gerry Roslie e Larry Parypa dà alla stampe questo nuovo This is the Sonics (Revox, 2015).
  
Sin dalle prime note al fulmicotone di I Don’t Need No Doctor e Be A Woman appare chiara l’invidiabile forma e ispirazione di questi ultra sessantenni, capaci di riportare il rock alla sua funzione più genuina e sincera. Dodici canzoni che difficilmente solcano la soglia dei tre minuti di durata e dove abbonda, come di consueto, il solito fuoribondo mix di rock ‘n’ roll ’50s – Little Richard in particolare – proto punk e R&B.
 
In scaletta – oltre al formidabile singolo Bad Betty – anche un’efficace cover di un classico del soul Motown come Leaving Here di Eddie Holland e brani pronti a superare la sfida del tempo come le acidissime Livin’ In Chaos o la conclusiva Spend The Night, insieme a rifacimenti degni di nota come The Hard Way (The Kinks), You Can’t Judge a book by the Cover (scritta da Willie Dixon e portata al successo da Bo Diddley) e Look At Little Sister (Hank Ballard and the Midnighters). Pioggia di distorsioni, fuzz e tutto quello che serve per un perfetto album garage rock che non concede nemmeno un secondo di pausa all’ascoltatore.     

This Is the Sonics è pertanto l’occasione perfetta per ripescare le gesta di una band influente e importante, non solo in questo ambito, ma per tutta la storia del rock americano più sanguigno e diretto: e se Kurt Cobain fosse ancora vivo, di certo lo confermerebbe.
 
 

 

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